La posizione della Agenzia delle Entrate sul regime forfettario tra risposte attese e risposte “scontate”
di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365Una risposta fornita dalla Agenzia delle Entrate in tema di regime forfettario, in un recente incontro con la stampa specializzata, può essere uno stimolo per fare il punto su questo regime, o meglio per valutare se vi siano dei riverberi della Riforma del reddito da lavoro autonomo, che spiegano efficacia anche per il regime agevolato. Per la verità la risposta fornita nell’incontro del 18 settembre 2025 non è di particolare rilievo dal punto di vista della importanza della questione sollecitata il che, peraltro, non è fatto nuovo, nel senso che, frequentemente, le risposte fornite in queste occasioni riguardano temi piuttosto marginali, rispetto alle novità legislative introdotte; ma questa è ormai una tendenza che ha caratterizzato tutti gli incontri con la stampa tenuti negli ultimi anni.
Detto ciò, la questione sollecitata all’Agenzia delle Entrate riguarda la modalità di computo dei compensi in capo ad un professionista forfettario, e ciò in relazione al tetto fissato ad euro 85.000/anno per restare nel regime agevolato. In modo più preciso, il quesito era imperniato sulla modalità di computo delle prestazioni eseguite tra cassa e competenza; quindi, se una prestazione ultimata nell’anno X, ma incassata nell’anno X + 1, va conteggiata nel primo o nel secondo anno per verificare il superamento o meno del tetto di euro 85.000. Per la verità, il quesito sembra alquanto singolare, poiché la risposta appare del tutto scontata, basti solo prestare attenzione al testo letterale dell’articolo 1, comma 54, lett a), L. 190/2014 che, nel quantificare il tetto massimo sopra citato, evoca i “compensi percepiti”; pertanto, alludendo, senza ombra di dubbio, al principio di cassa. Di fronte a tale testo così chiaro non era necessario, a parere di chi scrive, citare la circolare 10//E/2016 (come fa l’Agenzia delle Entrate per motivare la scelta del principio di cassa), essendo sufficiente richiamare la norma succitata. Alla fine, si è ottenuta una conferma, piuttosto pleonastica, sul fatto che solo l’incasso effettivo del corrispettivo dovuto determina il verificarsi del presupposto impositivo in capo al soggetto forfettario; comunque registriamo questa conferma da aggiungere al già corposo materiale interpretativo pubblicato sul regime agevolato.
In realtà, vi erano altre questioni ben più spinose da sottoporre al vaglio dell’interprete ufficiale; questioni, peraltro, anche di scottante attualità, in quanto poste all’attenzione dell’operatore tributario a seguito della Riforma del reddito da lavoro autonomo, applicabile a far data dall’1.1.2024, ed attuata con il D.Lgs 192/24. Una su tutte, è il tema della qualificazione dei rimborsi spesa riaddebitati analiticamente al committente, che sono esclusi dalla base imponibile ex articolo 54, comma 2, lett.b), Tuir. Vero è che detti rimborsi (per spese intestate al professionista) vanno fatturati al committente, applicando l’Iva nei modi ordinari (tesi confermata dalla Agenzia nello stesso incontro del 18 settembre 2025), ma ciò non significa nulla nel comparto delle Imposte sul reddito, nel senso che si tratta, comunque, di incassi non rilevanti fiscalmente. Ora, se spostiamo l’attenzione sulla figura del professionista forfettario non potremmo che concludere che il presupposto impositivo è l’incasso di compensi (non di qualunque altra somma ancorché tassabile come accade per le plusvalenze), il che comporta che, se viene incassata una somma che non può essere qualificata come compenso (nel caso dei riaddebiti addirittura l’importo è totalmente non imponibile), tale somma non dovrebbe rilevare nel coacervo dell’ammontare da sottoporre alla percentuale di redditività del 78%. Ma il condizionale è d’obbligo, posto che, in via del tutto informale, alcune posizioni vicine all’Agenzia delle Entrate si erano pronunciate, qualche mese fa, per l’imponibilità. Questa, a parere di chi scrive, era una domanda rilevante da porre; comunque sia, si è a conoscenza del fatto che è giacente una istanza di Interpello che tra breve vedrà spirati i termini per la risposta, il che ci permetterà di tornare sul tema segnalato.
Per una istanza di Interpello che sta per scadere, ve ne è un’altra di recente pubblicazione che ha generato discussione, apparendo la posizione della Agenzia delle Entrate, eccessivamente penalizzante. Si tratta dell’Interpello n. 226 del 22.11.2024 sul tema della legittima applicazione dell’aliquota start up del 5% per coloro che applicano il regime forfettario ed iniziano una nuova attività. Come è noto, il lasso temporale nel quale è applicabile l’aliquota start up è di 5 anni. La domanda posta con l’istanza sopra citata era riferita ad un soggetto che inizia una nuova attività non potendo accedere immediatamente al regime forfettario a causa del reddito da lavoro dipendente superiore al tetto di euro 30.000. Invece dall’anno successivo a quello di inizio attività viene applicato il regime forfettario con richiesta di utilizzo dell’aliquota del 5%.
A tale richiesta si oppone l’Agenzia motivando tale posizione con la seguente affermazione: “L’aliquota start up è applicabile da chi inizia una nuova attività optando ab origine per il regime forfettario“.
Pertanto, l’accesso solo dal secondo anno di attività al regime forfettario renderebbe non applicabile l’aliquota del 5%; nemmeno per i quattro anni residui al compimento del primo quinquennio di attività. Per la verità, l’articolo 1, comma 65, L. 190/2014, individua quale presupposto per la fruizione del 5% il mero inizio dell’attività, non già che tale inizio debba configurarsi, ab origine, come il primo periodo in cui viene applicato il regime forfettario. Se l’agevolazione ha l’obiettivo di incentivare nuove attività, tale obiettivo sarebbe stato perseguito anche permettendo l’accesso al regime forfettario in qualche anno successivo a quello di inizio di attività, potendosi fruire del 5% di imposta sostitutiva solo per gli anni residui al compimento del primo quinquennio, ovviamente.
Invece, sul punto, si registra una chiusura da parte della Agenzia delle Entrate; chiusura che, tuttavia, per le motivazioni addotte, permette di ritenere che colui che inizia una nuova attività applicando il regime forfettario start up, e poi per qualche motivo esce da detto regime, per rientrarvi entro il compimento del primo quinquennio, potrà applicare per gli anni residui del compimento del medesimo primo quinquennio, l’aliquota agevolata del 5%. Il tema, di frequentissima sollecitazione, meriterebbe una risposta ufficiale.


