23 Settembre 2025

Ai fini della ruralità i requisiti devono sussistere alla presentazione della domanda

di Luigi Scappini
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La CGT di I grado di Modena, con la recente sentenza n. 250/III del 27 giugno 2025, si è occupata del corretto accatastamento dei fabbricati e, in particolare, dei requisiti che devono avere gli immobili per essere considerati quali fabbricati rurali.

In particolare, il contenzioso nasce da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava il classamento e la rendita catastale di alcune unità immobiliari che, per effetto delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche desunte dal DOCFA, venivano ricondotte nella categoria speciale D/2 (propria delle residenze turistiche alberghiere) e non in quella proposta dal contribuente (categoria A/2- classe 2).

La società proponeva ricorso deducendo la sussistenza dei requisiti di ruralità, in quanto gli immobili appartengono a una società agricola e sono stati acquistati, nello specifico, per svolgervi attività agrituristica.

A supporto di tale tesi, viene richiamata la sentenza n. 27198/2022 della Corte di Cassazione, con cui i Supremi Giudici hanno affermato che, ai fini della classificazione catastale delle unità immobiliari, le costruzioni destinate alla ricezione e ospitalità, nell’ambito dell’attività di agriturismo svolta da un’azienda agricola, rivestono il carattere di strumentalità all’attività agricola, senza che possa trovare applicazione l’esclusione prevista per gli immobili di lusso, operante, invece, solamente per le costruzioni rurali destinate ai fini abitativi.

La norma che individua i requisiti che devono sussistere, ai fini del riconoscimento della ruralità dei fabbricati, è l’art. 9, commi 3 e 3-bis, D.L. n. 557/1993.

In particolare, ai sensi del comma 3-bis, si considerano quali fabbricati rurali strumentali quelli che sono necessari allo svolgimento dell’attività agricola, di cui all’art. 2135, c.c., tra le quali vi rientrano, a titolo di esempio, gli immobili destinati all’agriturismo.

Il comma 3, al contrario, ai fini della classificazione di un fabbricato quale rurale abitativo, individua diversi requisiti sia di natura soggettiva che oggettiva.

Un primo requisito richiesto riguarda l’utilizzo dell’immobile stesso che deve, alternativamente, essere riconducibile a soggetti qualificati quali, alternativamente, il titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul terreno per esigenze connesse all’attività agricola svolta, l’affittuario del terreno stesso o il soggetto che, con altro titolo idoneo, conduce il terreno a cui l’immobile è asservito, i familiari conviventi a carico dei soggetti di cui sopra, i titolari di trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura o uno dei soci o amministratori delle società agricole ex art. 2, D.Lgs. n. 99/2004, aventi la qualifica di IAP.

Inoltre, quale secondo requisito è necessario che il volume di affari derivante da attività agricole del soggetto che conduce il fondo deve risultare superiore alla metà del suo reddito complessivo, determinato senza far confluire in esso i trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura, parametro abbattuto nel caso di esercizio in zone montane.

Per poter essere considerato rurale il fabbricato, inoltre, deve risultare asservito a un terreno con una superficie minima di 1 ettaro, parametro anche in questo caso ridotto a 3.000 metri quadri nell’ipotesi di svolgimento di attività intensive o in zone montane.

A prescindere dal rispetto dei parametri sovraesposti, non possono mai essere considerati quali fabbricati rurali quelli aventi le caratteristiche delle unità immobiliari urbane appartenenti alle categorie A/1 ed A/8, ovvero le caratteristiche di lusso di cui al D.M. 2 agosto 1969.

A prescindere dalla natura del fabbricato, sia esso abitativo o strumentale, ai fini del riconoscimento della ruralità è necessario che i requisiti di cui sopra sussistano al momento della presentazione della domanda.

Sul punto, l’Agenzia del Territorio, con la circolare n. 7/T/2007 ha avuto modo di affermare che gli immobili da classare in D/10, in funzione dell’attività agrituristica in essi svolta, sulla base del D.P.R. n. 139/1998, sono sia quelli aventi caratteri di ruralità, in quanto immobili propriamente strumentali all’attività agricola (è il caso di locali adibiti a un utilizzo ricettivo nella stessa abitazione dell’imprenditore agricolo), sia eventuali altri immobili ricompresi all’interno dell’azienda agricola, trasformati o costruiti ex novo, destinati segnatamente alla ricezione e ospitalità dei clienti nell’ambito dell’attività agrituristica.

Operativamente la circolare chiarisce che, ai fini della verifica della sussistenza dei requisiti richiesti, quali il rapporto di connessione e complementarità fra le attività agrituristiche e quelle principali o il rispetto dei limiti attinenti i posti letto ammessi, può essere accertato previa dichiarazione sostitutiva di notorietà ex artt. 38 e 47, D.P.R. n. 445/2000, resa dal soggetto dichiarante che attesti la circostanza.

In particolare, ai fini della verifica dell’effettiva destinazione del bene all’attività agrituristica, deve essere esibita la copia della autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione locale competente per territorio.

In altri termini, come affermato dai giudici modenesi, al momento della presentazione della domanda il richiedente deve risultare già abilitato all’esercizio dell’attività agrituristica, circostanza che nel caso di specie non sussisteva.