Agevolazione prima casa: conferma del termine di un anno per il riacquisto
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariCon la risposta a interpello n. 314/E/2025, pubblicata ieri, l’Agenzia delle Entrate è tornata a pronunciarsi su 2 questioni cruciali per chi vende l’immobile agevolato prima dei 5 anni: la validità del contratto preliminare ai fini del riacquisto e la possibilità di estendere i termini di legge per analogia. Il documento assume particolare rilievo perché chiude le porte a interpretazioni estensive della Legge di bilancio 2025, ribadendo la natura rigida delle norme agevolative.
La vicenda riguarda un contribuente che ha acquistato una “prima casa” nel 2021 usufruendo dell’aliquota ridotta al 2%. Nel gennaio 2025, spinto da motivi lavorativi, ha venduto l’immobile prima del decorso del quinquennio obbligatorio per il mantenimento dell’agevolazione (vendita infra-quinquennale). Come noto, la normativa (Nota II-bis, comma 4, all’art. 1 della Tariffa, Parte I, D.P.R. n. 131/1986) prevede che, per evitare la decadenza e le conseguenti sanzioni, il contribuente debba procedere all’acquisto di un altro immobile da adibire ad abitazione principale entro un anno dall’alienazione. L’istante, pur avendo registrato un contratto preliminare di acquisto (il c.d. compromesso) nel settembre 2025, teme di non riuscire a stipulare il rogito definitivo entro il gennaio 2026 a causa delle tempistiche bancarie per l’erogazione del mutuo. Si è quindi rivolto all’Amministrazione finanziaria ponendo 2 quesiti fondamentali: se la registrazione del preliminare possa “bloccare” il termine annuale di decadenza, e se sia possibile applicare per analogia il nuovo termine di 2 anni, introdotto dalla Legge di bilancio 2025 per altre fattispecie, anche al riacquisto della prima casa.
La prima parte del chiarimento dell’Agenzia conferma un orientamento consolidato: il contratto preliminare non è sufficiente a evitare la decadenza. L’Agenzia ribadisce che la norma richiede espressamente di procedere all’acquisto di un altro immobile. Di conseguenza, se entro i 12 mesi dalla vendita della prima casa non viene stipulato il contratto definitivo (rogito) o un atto che trasferisca effettivamente la proprietà, la condizione sospensiva della decadenza non si verifica.
L’aspetto più innovativo della risposta riguarda il tentativo del contribuente di aggrapparsi alle novità introdotte dalla Legge di bilancio 2025 (Legge n. 207/2024). Tale legge ha modificato il comma 4-bis della Nota II-bis, estendendo da 1 a 2 anni il tempo concesso al contribuente per rivendere l’immobile preposseduto nel caso in cui ne acquisti uno nuovo usufruendo nuovamente delle agevolazioni. Il ragionamento sottostante all’interpello è il seguente: se il Legislatore concede ora 2 anni per vendere la vecchia casa, perché non concedere 2 anni anche per riacquistarne una nuova dopo una vendita anticipata?
L’Agenzia delle Entrate ha respinto fermamente questa ipotesi, affermando in primo luogo che, in base al divieto di analogia, le norme che prevedono agevolazioni fiscali sono di “stretta interpretazione” (l’art. 14 delle Preleggi al Codice Civile dispone che le leggi che fanno eccezione a regole generali non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati. In secondo luogo, la modifica normativa del 2025 ha toccato solo il comma 4-bis (obbligo di alienazione dell’immobile preposseduto) e non il comma 4 (decadenza per alienazione infra-quinquennale e obbligo di riacquisto). Non essendo intervenuta alcuna modifica testuale sul termine di un anno per il riacquisto, questo rimane invariato.
Pertanto, non è possibile definire in via interpretativa un termine diverso da quello normativamente previsto: 12 mesi, non un giorno di più. Di fronte all’impossibilità di ottenere proroghe, l’Agenzia offre al contribuente una soluzione pragmatica per “limitare i danni”: il ravvedimento operoso. Se il termine di un anno non è ancora scaduto, ma il contribuente è consapevole di non poter o non voler procedere al riacquisto, può presentare un’apposita istanza all’ufficio dove è stato registrato l’atto di vendita. Con tale atto, il contribuente dichiara la decadenza dall’agevolazione, richiede la riliquidazione dell’imposta e versa la differenza tra l’imposta ordinaria e quella agevolata, più gli interessi legali. Il vantaggio di questa procedura è l’inapplicabilità delle sanzioni del 30%.


