Manovra di bilancio 2026 e gestione delle azioni proprie
di Luciano SorgatoPaolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365La manovra di bilancio 2026 interviene sul tema delicato della cessione di azioni proprie, prevedendo una modifica all’art. 83, TUIR, che non ha, come obiettivo principale, l’incremento di gettito erariale, anche se questo verosimilmente sarà l’effetto ottenuto. Infatti, l’art. 32 del Disegno di Legge di stabilità 2026 introduce l’imponibilità, a titolo di ricavi, della differenza tra il corrispettivo derivante dalla cessione delle azioni proprie e il relativo costo di acquisto. Sul punto, la relazione tecnica segnala che non è possibile eseguire una previsione di gettito, poiché non è scontato che il differenziale sia positivo, anche se ciò è molto probabile per effetto del fatto che normalmente le società acquistano azioni proprie per sostenerne il valore e ciò accade in situazioni di crisi o di congiuntura negativa, per poi venderle quando hanno recuperato un valore accettabile. Naturalmente, la situazione sopra descritta non esaurisce la casistica, essendo molteplici i motivi che inducono la società ad acquistare le azioni proprie e poi a venderle, considerando che la cessione potrebbe avvenire anche per assolvere obblighi di Legge ex artt. 2357, comma 4, 2357-bis, comma 2, e 2359-ter, c.c..
La novità normativa riguarda una tematica assai complessa che deve essere correttamente inquadrata a livello contabile, civilistico e fiscale.
Anzitutto, va segnalato che, dal 2016, a seguito della modifica introdotta dall’art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 139/2015, l’acquisto di azioni proprie non viene più contabilizzato nell’attivo patrimoniale in contropartita di una riserva appositamente vincolata, bensì viene allocato in una riserva negativa iscritta nella Voce AX del Patrimonio netto, riserva accesa in concomitanza dell’acquisto stesso. Ma ciò che più importa è la contabilizzazione al momento della cessione posto che, secondo quanto stabilito dal Documento OIC 28, par. 39, l’operazione non interessa il conto economico. il citato principio contabile afferma: «Nel caso in cui l’assemblea decida di alienare le azioni proprie, l’eventuale differenza tra il valore contabile della voce AX “Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio” e il valore di realizzo delle azioni alienate è imputata ad incremento o decremento di un’altra voce del patrimonio netto».
La mancata imputazione a Conto economico di detta operazione fa sì che, fino a tutto il 2025, per le imprese che applicano la derivazione rafforzata, non si generi alcun imponibile anche se da detta operazione la società cedente ha tratto un incremento di ricchezza: si tratta di un incremento di natura puramente patrimoniale, inidoneo a creare materia imponibile. Dato che si tratta di un’ipotesi di classificazione, l’operazione rientra a pieno titolo nell’ambito della derivazione rafforzata; il che comporta la supremazia della impostazione contabile (assenza di passaggio a conto economico) sulle eventuali previsioni divergenti del TUIR.
Ad onor del vero, non si vede grande differenza tra una società che esercita trading di partecipazione traendone un margine e la società che il medesimo margine ottiene cedendo azioni proprie. In questo senso, si pronuncia anche la Relazione Tecnica al Disegno di Legge di bilancio 2026 quando afferma: «Le disposizioni di cui al comma 1, lettera a) sono finalizzate a equiparare, ai fini IRES, il trattamento fiscale dell’acquisto e successiva vendita delle azioni proprie a quello degli acquisti/cessioni di partecipazioni di terzi iscritte nell’attivo circolante, poiché il valore generato dall’acquisto e rivendita di azioni proprie, non sembra rappresentare tratti differenti da quello di un’attività di trading; ciò è particolarmente evidente per le operazioni su titoli quotati che consentono alle imprese di poter operare agevolmente sul mercato».
Pertanto, viene introdotta una deroga di Legge al principio di derivazione rafforzata determinandosi una supremazia a contrario delle regole fiscali su quelle contabili: tramite variazioni in aumento o in diminuzione verrà imputato nell’imponibile il differenziale positivo (per lo più) o negativo che deriverà dalla cessione di azioni proprie; operazione che resta contabilizzata a livello prettamente patrimoniale.
La norma in oggetto non tocca, però, la tematica dell’annullamento delle azioni proprie.
Ipotizziamo che una società deliberi l’annullamento delle azioni proprie senza ridurre il capitale sociale con contestuale assegnazione ai soci delle medesime, nel qual caso fermo restando il valore complessivo dei titoli aumenta il numero delle azioni detenute dai soci, o senza assegnazione agli stessi. Dal punto di vista contabile verrebbe eliminata la riserva negativa in contropartita dell’estinzione della riserva asservita alla costituzione della stessa riserva negativa (riserva negativa, quindi, analoga a una contabilizzazione in “dare” di stato patrimoniale).
Rimane inalterato il dato complessivo del patrimonio netto.
Ma questa operazione determina riflessi dal punto di vista fiscale?
Sul punto va ricordato che, con la risoluzione n. 12/E/2012, l’Agenzia delle Entrate ebbe a sostenere che l’assegnazione della azioni proprie è equiparabile a un aumento gratuito di capitale sociale, sicché a fronte di invarianza del capitale sociale, cambia la natura dello stesso che diviene formato da utili per un valore pari al valore nominale della azioni proprie che sono state annullate.
Sul punto sarebbe opportuno che l’Agenzia delle Entrate confermasse il principio secondo cui ogni annullamento di azioni proprie, senza riduzione di capitale sociale, determina l’obbligo di procedere alla compilazione del quadro RS del Modello Redditi, nella sezione dedicata alle riserve, per segnalare che la riserva annullata è diventata una quota del capitale sociale nella veste di riserva di utili.


