Soggetta a IVA l’assistenza in giudizio fornita gratuitamente con onorario dovuto dalla parte soccombente
di Marco PeiroloCon la sentenza resa nella causa C-744/23 del 23 ottobre 2025, la Corte di Giustizia UE ha esaminato l’ambito applicativo dell’art. 2, par. 1, lett. c), Direttiva 2006/112/CE, che qualifica come operazioni soggette a IVA le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.
Si è trattato, in particolare, di stabilire se una prestazione di servizi resa a titolo gratuito da uno studio legale al suo cliente, nell’ambito della quale, in caso di successo, la parte soccombente è tenuta a versare un onorario previsto dalla Legge, costituisca una prestazione a titolo oneroso soggetta a IVA.
Fermo restando che la rappresentanza in giudizio di un cliente da parte di un avvocato costituisce una prestazione di servizi, ai sensi dell’art. 24, par. 1, Direttiva 2006/112/CE, la qualificazione di una prestazione di servizi come operazione “a titolo oneroso”, ai sensi del citato art. 2, par. 1, lett. c), della stessa Direttiva, presuppone unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra tale prestazione e un corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo. Tale nesso diretto esiste qualora, tra il prestatore e il destinatario, intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni e la remunerazione ricevuta dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato.
Viceversa, il nesso diretto tra la prestazione e il corrispettivo viene meno quando la remunerazione è concessa in modo puramente gratuito e aleatorio, cosicché il relativo importo è praticamente impossibile da determinare, oppure è difficilmente quantificabile o incerto.
Nel caso di specie, da un lato, tra il cliente e l’Avvocato vige un contratto avente a oggetto l’assistenza in giudizio gratuita e, dall’altro lato, poiché il cliente è risultato vittorioso nel procedimento giudiziario di cui trattasi, la controparte è stata condannata a versare al predetto avvocato un onorario il cui importo è stabilito dalla Legge.
Di conseguenza, l’esistenza di un nesso diretto tra l’assistenza in giudizio fornita dall’avvocato e l’onorario da quest’ultimo riscosso è giustificata, al contempo, da un contratto e dalla Legge.
Secondo la Corte, è irrilevante, in tale contesto, che:
- l’onorario sia ottenuto non dalla parte alla quale è stata fornita l’assistenza in giudizio, bensì dalla controparte e, quindi, da un terzo. Infatti, affinché una prestazione di servizi possa ritenersi effettuata “a titolo oneroso”, ai sensi della Direttiva 2006/112/CE, non occorre che il corrispettivo sia versato direttamente dal destinatario della prestazione;
- non vi sia certezza sul pagamento dell’onorario in dipendenza dell’esito vittorioso nel procedimento giudiziario e, quindi, sulla condanna della controparte a versare l’onorario.
A questa conclusione non ostano le sentenze Baštová (causa C-432/15 del 10 novembre 2016) e Tolsma (causa C-16/93 del 3 marzo 1994).
La sentenza Tolsma riguardava il caso di un musicista di strada, al quale i passanti davano del denaro senza essere obbligati contrattualmente. La Corte ha ritenuto determinante il fatto che i passanti non avessero chiesto che il musicista suonasse per loro; inoltre, essi versavano le somme non già in funzione della prestazione musicale, ma per motivi soggettivi, per esempio per una questione di simpatia. Tali oblazioni – sempre secondo la Corte – sono infatti essenzialmente volontarie (o gratuite) e aleatorie.
La fattispecie oggetto della causa C-744/23 in commento non è equiparabile al caso oggetto della sentenza Tolsma. La parte soccombente, infatti, non paga in funzione di motivazioni personali o in base a considerazioni di simpatia. Il pagamento effettuato dal soggetto soccombente, inoltre, non è né volontario né aleatorio, essendo determinato, nell’an e nel quantum, dalla Legge.
La sentenza Baštová, invece, verteva sulla questione se il premio del vincitore di una gara ippica potesse essere considerato come il corrispettivo della prestazione resa dal vincitore stesso. La Corte ha risposto in senso negativo, motivando tale conclusione in considerazione della circostanza che l’ottenimento del premio dipendeva dal conseguimento di un determinato risultato al termine della competizione ed era sottoposto a una certa alea. Quest’ultima dovrebbe escludere l’esistenza di un nesso diretto tra la messa a disposizione del cavallo e la vincita del premio, in quanto l’esistenza di una prestazione deve essere valutata oggettivamente e deve sussistere a prescindere delle finalità e dai risultati dell’operazione.
Nel caso di specie, come osservato dall’Avvocato generale nelle conclusioni dell’8 maggio 2025, l’alea relativa al corrispettivo si manifesta esclusivamente in relazione all’importo dell’imposta e al momento della sua esigibilità, ma non in relazione all’esistenza di una prestazione di servizi a titolo oneroso.
Sotto questo aspetto, onorari variabili (per esempio il 10% di un prezzo di acquisto ancora incerto), onorari subordinati a determinate condizioni (per esempio onorari basati sull’esito della causa) o onorari fittizi (in assenza di un accordo concreto, la Legge presume, tramite una finzione, che sia stato pattuito l’onorario abituale) non incidono, nonostante l’alea a essi connessa, sull’esistenza di una prestazione di servizi a titolo oneroso, per la quale viene pagato il rispettivo onorario.
La conclusione nella sentenza Baštová è corretta, in quanto il premio non fa rifermento a un’attività (la partecipazione alla corsa), bensì costituisce unicamente la ricompensa per la vittoria, che però non è una prestazione di servizi che il vincitore può procurare a un altro soggetto. È questo che distingue il premio dal compenso per la partecipazione a una corsa. La partecipazione a una corsa può costituire una prestazione nei confronti dell’organizzatore, qualora quest’ultimo versi un compenso per la partecipazione.
Per le considerazioni esposte, la Corte ha affermato che lo studio legale ha fornito al cliente una prestazione soggetta a imposta ed è, pertanto, tenuto a riscuotere l’IVA e a versarla all’Erario, con la conseguenza che la parte soccombente è parimenti tenuta a versare l’imposta allo studio legale.


