22 Ottobre 2014

Le esportazioni congiunte di beni oggetto di lavorazione

di Marco Peirolo
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Un
caso tipico di esportazione congiunta è quello che vede coinvolto un soggetto extra-UE che acquista tessuti per confezionare abiti o poltrone e divani da un soggetto italiano, con ordine di inviare la merce al terzista, anch’esso italiano, che realizzerà il confezionamento richiesto.
Le esportazioni congiunte beneficiano, ai fini IVA, del trattamento di
non imponibilità in base al combinato disposto degli artt. 8, comma 1, lett. a), e 9, comma 1, n. 9), del D.P.R. n. 633/1972.
Le citate disposizioni prevedono, rispettivamente, che costituiscono:
  • cessioni all’esportazione, non imponibili, le cessioni eseguite mediante trasporto o spedizione di beni al di fuori dell’Unione europea a cura o a nome del cedente, anche per incarico del proprio cessionario, fermo restando che i beni possono essere sottoposti:
    1. per conto del cessionario;
    2. ad opera del cedente stesso o di terzi;
    3. a lavorazione, trasformazione, montaggio, assiemaggio o adattamento ad altri beni;
  • servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, anch’essi non imponibili, i trattamenti di cui all’art. 176 del D.P.R. n. 43/1973 (lavorazioni, trasformazioni, riparazioni, ecc.), eseguiti:
    1. su beni di provenienza estera non ancora definitivamente importati, ovvero
    2. su beni nazionali, nazionalizzati o comunitari destinati ad essere esportati da o per conto del prestatore o del committente non residente nel territorio dello Stato.
L’operazione compiuta si qualifica come esportazione congiunta se il
terzista italiano:
  • effettua la lavorazione su incarico del cessionario non residente e
  • organizza il trasporto o spedizione in territorio extracomunitario dei beni lavorati.
In proposito, la R.M. 30 luglio 1990, n. 470074 ha precisato che:
  • le operazioni di cui trattasi possano configurare un’esportazione congiunta solo nell’ipotesi in cui, a lavorazione ultimata, i beni vengano esportati da o per conto del (…) prestatore del servizio, così come previsto dall’art. 9, comma 1, n. 9), del citato D.P.R. n. 633/1972”;
  • ai fini della non imponibilità della cessione, “(n)on assume rilevanza, nella specie, la circostanza che la lavorazione venga richiesta da un soggetto diverso dal primo acquirente dei beni, risultando, invece, determinante il fatto che la prestazione di servizi, come previsto dal già citato art. 9, comma 1, n. 9), venga richiesta da un committente estero”, che può essere indifferentemente stabilito in un altro Paese membro dell’Unione europea o in un Paese non appartenente all’Unione europea (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 10 agosto 2007, n. 223).
Si resta, pertanto, al di fuori della disciplina delle esportazioni congiunte nell’ipotesi in cui i beni, al termine della lavorazione, siano
esportati a cura del cedente. In questo caso, come già indicato dalla R.M. 26 maggio 2000, n. 72/E, si rientra comunque nella previsione dell’art. 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, che considera l’operazione come una
cessione all’esportazione “diretta”, quindi non imponibile.
Ai fini della
prova del trasporto o spedizione dei beni al di fuori dell’Unione europea,
in dogana occorre esibire:
  • sia la fattura di vendita, emessa dal cedente;
  • sia la fattura della lavorazione, emessa dal terzista ai sensi dell’art. 21, comma 6-bis, del D.P.R. n. 633/1972, con l’annotazione:
    1. inversione contabile”, se il committente è stabilito in un altro Paese UE;
    2.    “operazione non soggetta”, se il committente è stabilito in un Paese extra-UE.
È dato, infatti, osservare che la
bolletta doganale di esportazione deve riportare sia il prezzo di vendita della merce sottoposta a lavorazione, sia il corrispettivo della lavorazione (R.M. n. 470074/1990 e C.M. 19 dicembre 1984 n. 73/400122, punto H).
Infine, ai fini del
superamento delle presunzioni di cessione e di acquisto:
  • il cedente emette, nei confronti del terzista, il
    documento di trasporto con causale “
    conto lavorazione” e annotazione che si tratta di consegna in nome e per conto del cessionario non residente;
  • il terzista emette, nei confronti del committente non residente, il
    documento di trasporto con causale “
    reso da conto lavorazione”.