Società semplici immobiliari: disciplina fiscale delle cessioni di immobili
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariLe società semplici immobiliari rappresentano una delle principali forme giuridiche utilizzate per la gestione e la valorizzazione di patrimoni immobiliari in Italia. La disciplina fiscale relativa ai redditi derivanti dalla cessione di immobili da parte di queste società è caratterizzata da una serie di regole specifiche che mirano a distinguere tra le diverse tipologie di plusvalenze e a definire i criteri di imponibilità in capo ai soci.
La disciplina fiscale delle plusvalenze immobiliari realizzate dalle società semplici si fonda principalmente sugli articoli 67 e 68, Tuir. In linea generale, la plusvalenza imponibile è determinata dalla differenza tra il corrispettivo percepito in sede di cessione e il costo o valore fiscale di acquisto, aumentato degli eventuali costi inerenti sostenuti per il bene. Un principio cardine della normativa è che la cessione di fabbricati o terreni agricoli posseduti da oltre cinque anni non genera materia imponibile in capo ai soci della società semplice.
In questi casi, il reddito derivante dalla cessione non deve essere dichiarato dalla società semplice e non viene trasferito per trasparenza ai soci. Questa regola si applica a tutti gli immobili diversi dalle aree suscettibili di utilizzazione edificatoria, per i quali la cessione è sempre suscettibile di rilevanza fiscale, a prescindere dal periodo di possesso e dal titolo di origine.
Diversamente, la cessione a titolo oneroso di immobili (fabbricati o terreni agricoli) entro cinque anni dalla costruzione o dall’acquisto può generare una plusvalenza imponibile, qualora il corrispettivo percepito superi il costo storico di acquisto o costruzione, aumentato dei costi inerenti. Il quinquennio decorre:
- dalla data dell’atto di acquisto o, se successiva, dalla data in cui si è prodotto l’effetto traslativo del diritto reale, nel caso di acquisto da terzi;
- dalla data di ultimazione dell’edificazione, nel caso di fabbricati costruiti dal cedente, anche tramite appalto a terzi.
La plusvalenza imponibile viene calcolata come la differenza tra i corrispettivi percepiti e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione, aumentato di ogni altro costo inerente al bene. Tra i costi inerenti rientrano, ad esempio:
- le spese per liberare l’immobile da servitù, oneri e altri vincoli;
- i costi di demolizione di costruzioni esistenti sull’area utilizzata per edificare l’immobile ceduto.
Questi costi vanno documentati e possono incidere in modo significativo sulla determinazione della plusvalenza imponibile.
Per le plusvalenze realizzate a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni non edificabili e fabbricati posseduti da meno di cinque anni, le società semplici possono optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva dell’Irpef del 26%. Tale opzione va esercitata in sede di rogito notarile, con il notaio che provvede al versamento dell’imposta ricevendo la provvista dalla società cedente. Al contrario, per le plusvalenze derivanti dalla cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, come già detto, la normativa prevede l’imponibilità “in ogni caso”, cioè indipendentemente dalla durata del possesso. In questo caso, non è possibile optare per l’imposta sostitutiva del 26%: la plusvalenza è sempre tassata secondo il regime ordinario IRPEF, come reddito diverso. Per tali ultimi beni, la plusvalenza è data dalla differenza tra i corrispettivi percepiti e il prezzo di acquisto, aumentato dei costi inerenti. Secondo la prassi notarile (studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 34/2006), è possibile scomputare dal corrispettivo della cessione tutti i costi riferiti al bene, come le spese per la realizzazione di opere di urbanizzazione.
Si ricorda, infine, che, poiché le società semplici sono soggette al regime di trasparenza fiscale, il reddito da queste determinato (riveniente ad esempio dalla plusvalenza immobiliare imponibile secondo le regole descritte) viene imputato direttamente ai soci, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione agli utili, indipendentemente dall’effettiva percezione.


