Società semplice IAP anche se lo IAP non ha la rappresentanza
di Luigi ScappiniLa CGT di I grado di Verona, con la recente sentenza n. 247/I del 26 giugno 2025, è tornata ad affrontare i requisiti che devono sussistere in capo alle società agricole di persone per assumere la qualifica di società agricole IAP in forza della presenza di un socio qualificante nella compagine societaria.
Punto di partenza è la definizione di società agricola come introdotta dall’art. 2, D.Lgs. n. 99/2004, ai sensi del quale si considera tale la società che ha quale oggetto sociale l’esercizio delle attività agricole, di cui all’art. 2135, c.c., e che nella ragione o denominazione sociale contiene il riferimento alle società agricole.
Tali soggetti vengono equiparati all’imprenditore agricolo; tuttavia, possono, altresì, al rispetto di ulteriori requisiti definiti dall’art. 1, comma 3, D.Lgs. n. 99/2004, essere considerati alla stregua degli IAP (imprenditori agricoli professionali) e, conseguentemente, come stabilito dal comma 4, dell’art. 2, D.Lgs. n. 99/2004 «sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto», tra cui, ovviamente anche la c.d. piccola proprietà contadina.
Ai fini dell’equiparazione allo IAP, il comma 3 richiamato differenzia a seconda che la società sia costituita nella forma di società di persone o di capitali.
Fermo restando la presenza nella società di un soggetto IAP qualificante, nel caso delle società di persone è necessario che egli sia socio (per le S.a.s. la qualifica si riferisce ai soci accomandatari), mentre per le società di capitali e per le cooperative, deve rivestire la qualifica di amministratore (nonché di socio limitatamente alle cooperative).
L’art. 1, comma 3-bis, D.Lgs. n. 99/2004, ha aggiunto, inoltre, che la qualifica può essere apportata da parte dell’amministratore a una sola società.
Ed è proprio su questo aspetto che, in passato, si è andato a creare un contenzioso in quanto l’INPS, con la circolare n. 48/2006 aveva affermato che «l’articolo 1, comma 3 bis, del decreto novellato, stabilisce che ogni amministratore può apportare la qualifica di IAP a una sola società. Tale limitazione deve intendersi riferita non solo alle società di capitali e alle società cooperative, ma anche alle società di persone nei casi in cui il socio IAP che attribuisce la qualifica sia anche amministratore».
La diatriba, giunta in Cassazione, è stata affrontata dai Supremi Giudici nell’ordinanza n. 6172/2025, in cui si afferma che «Le agevolazioni tributarie previste dal D.Lgs. n. 99/2004 per l’imprenditore agricolo professionale (IAP) si estendono alle società agricole a condizione che, oltre a qualificarsi come tali e ad avere ad oggetto esclusivo l’esercizio delle attività di cui all’art. 2135 c.c., almeno uno dei soci (nel caso di società di persone), almeno un amministratore (nel caso di società di capitali), e almeno un amministratore che sia anche socio (nel caso di cooperative) possiedano la qualifica di IAP. Conseguentemente, la limitazione dell’art. 1, comma 3-bis del decreto cit., secondo cui la qualificazione di IAP può essere apportata dall’amministratore ad una sola società, integrando una deroga al principio generale che importa la rilevanza delle attività dell’amministratore ai fini del conseguimento (e della stessa conservazione) della qualifica di imprenditore agricolo professionale, deroga volta a contrastare il fenomeno abusivo del c.d. IAP “itinerante” (ove un soggetto IAP assume il ruolo di amministratore di più società), si applica solo alle società di capitali e non anche alle società di persone, rispetto alle quali la responsabilità solidale ed illimitata per le obbligazioni sociali gravante sul socio IAP è idonea ad arginare tale abuso».
Il tema trattato dalla di CGT di I grado Verona, tuttavia, verte su un altro aspetto, ovverosia la qualifica che deve avere il socio della società semplice; infatti, l’Agenzia delle Entrate contestava il fatto che il socio IAP non aveva la rappresentanza legale della società.
I giudici veronesi, dopo aver analizzato la normativa di riferimento e richiamato alcuni arresti giurisprudenziali tra cui la sentenza n. 8430/2020 in cui viene affermato che «nelle società di persone la finalità antielusiva non è “perseguibile dal momento che la relativa disciplina prevede che la persona fisica IAP acquisisca la qualifica di socio responsabile personalmente e solidalmente delle obbligazioni sociali … in particolare, con riguardo alle società semplici, l’art. 2267 c.c., prevede, in via sussidiaria, che ‘per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci», concludono affermando che per le società di persone l’agevolazione c.d. piccola proprietà contadina, compete a condizione che uno dei soci abbia la qualifica di IAP e sia responsabile solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali.
I giudici evidenziano come l’azionare quanto previsto dall’art. 2261, c.c., con cui è ammesso che alcuni soci, pur avendone il diritto, si astengano dall’amministrare e affidino la gestione della società ad altro socio, permette il mantenimento del diritto di ricevere da chi amministra tutte le informazioni inerenti allo svolgimento degli affari sociali, compreso il rendiconto analitico della gestione.
Inoltre, sempre a parere dei giudici veronesi, elemento dirimente nel caso di specie è che «la circostanza dell’avere affidato a un solo socio l’amministrazione della società non esime gli altri soci dalla loro responsabilità solidale nei confronti della società, vincolo posto ex lege e che non richiede il concreto compimento di atti di gestione sociale, fatti salvi, come detto, patti contrari (con i limiti stabiliti dall’art. 2267 c.c.)».


