La tassazione ai fini IVA della stabile organizzazione: recente evoluzione giurisprudenziale
di Marco BargagliLa stabile organizzazione viene definita, ai fini delle imposte sui redditi, dall’art. 162, TUIR. In particolare, per espressa disposizione normativa, la stabile organizzazione comprende:
a) una sede di direzione;
b) una succursale;
c) un ufficio;
d) un’officina;
e) un laboratorio;
f) una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche in zone situate al di fuori delle acque territoriali in cui, in conformità al diritto internazionale consuetudinario e alla legislazione nazionale relativa all’esplorazione e allo sfruttamento di risorse naturali, lo Stato può esercitare diritti relativi al fondo del mare, al suo sottosuolo ed alle risorse naturali;
f-bis), una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso.
In ambito internazionale, occorre invece fare diretto riferimento all’art. 5 del modello OCSE di convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi, a mente del quale la stabile organizzazione materiale è caratterizzata dai seguenti elementi:
- presenza di una sede d’affari (disponibilità di risorse umane e materiali);
- la sede d’affari deve essere fissa (ossia essere situata in un determinato territorio con carattere di permanenza e stabilità);
- esercizio, tramite la sede fissa di affari, un’attività d’impresa.
Ai fini IVA, l’art. 9, Direttiva n. 77/388/CEE, prima dell’entrata in vigore del Regolamento (UE) n. 282/2011, stabiliva che: «Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale».
L’art. 11, Regolamento (UE) n. 282/2011, del 15 marzo 2011, ha fornito la definizione di stabile organizzazione ai fini IVA, prevedendo che la stessa «designa qualsiasi organizzazione caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione».
Con particolare riferimento ai profili di tassazione, ai fini IVA, della stabile organizzazione, citiamo i recenti Principi di diritto espressi dalla Corte di Cassazione, Sez. V civ., nella recente sentenza n. 20557/2025 pubblicata in data 22 luglio 2025.
Avuto riguardo alla tassazione ai fini IVA, la giurisprudenza comunitaria ha elaborato concetti analoghi a quelli espressi in tema di imposte dirette al fine di individuare – per quanto riguarda le operazioni attive IVA – una nozione di stabile organizzazione, che costituisce evoluzione della precedente nozione di “centro di attività stabilite” delle prestazioni di servizi di cui all’art. 9, Direttiva n. 77/388/CEE (Cass. n. 12237/2018) e che mira a evitare conflitti positivi di doppia imposizione e negativi di omesso gettito (CGUE, 7 aprile 2022, Berlin Chemie, C-333/20, punti 31, 41 e 53; CGUE 7 maggio 2020, Dong Yang Electronics, C-547/18, punto 25; CGUE Welmory, 6 ottobre 2014, C-605/12, punti 58 e 65), quale deroga al criterio della soggettività passiva in base al concetto della sede dell’attività economica (CGUE, C-547/18 punto 26).
La stabile organizzazione ai fini IVA presuppone un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea, sul piano del corredo umano e tecnico, a rendere possibili in modo autonomo le prestazioni di servizi considerate (CGUE, 3 giugno 2021, Titanium, C-931/19, punto 42; CGUE, 28 giugno 2007, Planzer Luxembourg, C-73/06, punto 54).
Nello specifico, ai fini IVA, occorre verificare sia l’esistenza di un elemento materiale di carattere organizzativo (attrezzature e personale), sia la tendenziale fissità dell’organizzazione (“grado sufficiente di permanenza”), sia la capacità di tale organizzazione di creare ricchezza, ancorché non ai fini della produzione del reddito (come invece avviene ai fini dell’imposizione diretta, in cui si richiede lo svolgimento di un’attività economica autonoma rispetto a quella svolta dalla “società madre”), bensì al fine di fornire al committente cessionario i servizi di cui la medesima stabile organizzazione assicura la prestazione (Cass. n. 35138/2022).
In sintesi, sulla base dell’elaborazione espressa in sede di legittimità, “è debitore dell’IVA il soggetto passivo che fornisce una prestazione di servizi quando quest’ultima è fornita a partire da un’organizzazione stabile situata nello Stato membro in cui tale imposta è dovuta” (CGUE 23 aprile 2015, causa C-111/14, GST-Sarviz AG Germania, punti 25 e 27), in considerazione dell’ampiezza della nozione di stabile organizzazione contenuta nel citato art. 11, Regolamento (UE) n. 282/2011, purché la struttura organizzativa “possa essere considerata autonoma”, nel senso che sopporta il rischio economico inerente alla propria attività” (Cass. n. 22312/2021).
Possiamo, quindi, concludere che l’esistenza in Italia di una stabile organizzazione di beni e personale (“mezzi umani e tecnici” previsti dall’art. 11, Regolamento (UE) n. 282/2011) di un soggetto non residente (che abbia il centro dei propri interessi strategici al di fuori del territorio dello Stato), idonea a fornire i servizi di cui assicura la prestazione, radica in Italia la soggettività di tale organizzazione ai fini impositivi IVA (ex multis, cfr. Cass. n. 35138/2022).


