Detraibilità IVA assolta in dogana da terzi
di Laura MazzolaCon la risposta a interpello n. 213/E/2025, dello scorso 19 agosto 2025, l’Agenzia delle Entrate è tornata a pronunciarsi sul tema, ormai consolidato nella giurisprudenza e nella prassi amministrativa, della detraibilità dell’IVA assolta in dogana da parte di un soggetto che non riveste la qualità di proprietario delle merci importate.
Il caso sottoposto all’attenzione dell’Amministrazione finanziaria riguarda la detraibilità dell’IVA gravante sull’importazione di materie prime utilizzate in un ciclo produttivo destinato alla realizzazione di un farmaco, nell’ambito di un più ampio schema di lavorazione per conto terzi.
Nel rispondere all’istanza di interpello, l’Agenzia delle Entrate, in via preliminare, evidenzia quanto indicato dal comma 1 dell’art. 19, D.P.R. n. 633/1972, il quale dispone che «per la determinazione dell’imposta dovuta a norma del primo comma dell’articolo 17 o dell’eccedenza di cui al secondo comma dell’articolo 30, è detraibile dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione».
Inoltre, ricorda che l’art. 67, D.P.R. n. 633/1972, qualifica l’importazione come operazione imponibile ai fini IVA, con imposizione e riscossione a cura dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Ancora, in materia doganale, richiama gli artt. 38 e 56, D.P.R. n. 43/1973 (TULD), che individuano come soggetti obbligati al pagamento dell’imposta sia il proprietario delle merci, sia i soggetti per conto dei quali le merci sono importate, e l’art. 77, Regolamento (UE) n. 952/2013, che identifica il debitore nel dichiarante.
Infine, ricorda che, a livello unionale, l’art. 201, Direttiva n. 2006/112/CE (c.d. Direttiva IVA) prevede che l’imposta all’importazione è dovuta dal soggetto designato dallo Stato membro d’importazione.
L’Amministrazione, nel fornire risposta positiva al quesito, ha confermato l’orientamento già affermato in precedenti prassi, secondo cui la titolarità del bene non è condizione necessaria per l’esercizio del diritto di detrazione dell’IVA assolta in dogana, purché il bene importato sia funzionale all’attività economica dell’importatore.
In particolare, la detrazione è riconosciuta se:
- il soggetto passivo sostiene effettivamente le spese relative all’importazione;
- i beni importati sono destinati a operazioni attive imponibili (o comunque non escluse dal campo di applicazione IVA);
- esiste un nesso diretto tra i costi sostenuti e le cessioni successive, ossia tra operazioni attive e operazioni passive inerenti all’attività d’impresa.
Tale orientamento è coerente con la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (cause C‑187/14, DVS Road A/S; C‑621/19, Weindel Logistik Service; C-132/16, Iberdrola), la quale riconosce la detraibilità anche in assenza di un rapporto diretto tra il costo IVA e le singole operazioni, qualora i costi stessi rappresentino spese generali dell’attività economica del soggetto passivo.
Infine, pur confermando in astratto il diritto alla detrazione, l’Agenzia delle Entrate sottolinea che la concreta spettanza del diritto è subordinata alla verifica della struttura contrattuale posta in essere tra le parti.
Ne deriva che, in operazioni simili:
- la sussistenza del diritto alla detrazione non è automatica, ma richiede l’esistenza di un nesso economico-funzionale tra il bene importato e le “operazioni a valle”;
- la documentazione contrattuale e contabile riveste un ruolo determinante per la qualificazione fiscale dell’operazione;
- in assenza di tali elementi, l’eventuale detrazione potrebbe essere contestata in sede di verifica.


