25 Settembre 2025

Deducibilità dei costi nelle locazioni turistiche e brevi

di Cristoforo Florio
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La scheda di FISCOPRATICO

Un quesito che spesso viene posto dai clienti che, in qualità di persona fisica, pongono in essere nel corso dell’anno una o più locazioni brevi o turistiche, anche in relazione a più immobili, è quello concernente la possibilità di portare in deduzione le spese necessarie a dette locazioni quali, ad esempio, le spese di intermediazione della piattaforma (Booking, AirB&B, ecc) e/o dell’agente immobiliare, le utenze, ecc.

Al fine di rispondere al quesito posto, occorre fare alcune precisazioni preliminari.

Nel caso in cui venga posta in essere da parte del proprietario o usufruttuario dell’immobile una locazione breve di cui all’art. 4, D.L. n. 50/2017, o una locazione di tipo turistico non breve (quindi, con durata del contratto di locazione superiore a 30 giorni), al di fuori dell’esercizio di un’attività d’impresa, il reddito prodotto si qualifica di tipo fondiario, ai sensi degli artt. 25 ss., TUIR.

Infatti, secondo quanto previsto dall’art. 26 del citato decreto e come confermato anche dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 36488/2023, la tassazione come reddito fondiario dei canoni locativi presuppone necessariamente che il possesso del bene derivi al locatore esclusivamente dalla proprietà o dalla titolarità di altro diritto reale sul medesimo.

Ai fini della determinazione del reddito occorre fare riferimento a quanto previsto dal successivo art. 37, comma 4-bis, in base al quale qualora il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 5%, sia superiore al reddito medio ordinario (rendita catastale rivalutata del 5%), il reddito di locazione è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto della predetta riduzione forfettaria del 5%.

Nella fattispecie in esame, quindi, si tratta di un “reddito lordo”, in relazione al quale è riconosciuta esclusivamente una deduzione forfettaria del 5% del canone stesso, indipendentemente dalle spese effettivamente sostenute dal contribuente per la produzione di quello specifico reddito.

In funzione di tale sistema adottato dal legislatore tributario, quindi, le spese di intermediazione, le utenze, ecc., non possono essere portate in deduzione da parte del contribuente, essendo già forfettariamente ricomprese nel predetto 5%.

L’indeducibilità dei costi su base analitica resta confermata anche laddove il proprietario/titolare del diritto reale opti per la cedolare secca introdotta dall’art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 23/2011 (in questo caso applicabile nella misura del 26% o del 21% limitatamente ad un immobile individuato in dichiarazione)

Spostandoci nelle ipotesi di locazione posta in essere da parte di soggetto diverso dal proprietario o del diritto di usufrutto, occorre fare una distinzione tra:

  • sublocazioni brevi e ipotesi a queste assimilate; e
  • locazioni turistiche non brevi (o di altro tipo ma comunque non brevi).

Relativamente al punto 1), laddove la locazione breve venga posta in essere da parte di un sublocatore o di un comodatario dell’immobile, il reddito prodotto non appartiene più alla categoria dei redditi fondiari, ma alla categoria dei redditi diversi, secondo quanto previsto dal comma 3 dell’art. 4, D.L. n. 50/2017, e dalla lett. h), comma 1, dell’art. 67, TUIR.

In questo specifico caso, l’art. 71, comma 2, TUIR, stabilisce che detti redditi sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione. Pertanto, in detta fattispecie, il reddito da sublocazione breve o il corrispettivo a titolo oneroso da locazione breve percepito dal comodatario potrà essere abbattuto di tutte le spese inerenti alla sua produzione.

Tali spese non sono mai state elencate in via analitica in qualche prassi prodotta sul punto da parte dell’Amministrazione finanziaria.

A parere di chi scrive, risulta difficile estendere ai redditi diversi in esame il concetto di “inerenza” applicabile nel reddito d’impresa, soprattutto nella sua accezione allargata prevista anche dalla recente giurisprudenza di legittimità (si veda Cass., ord. n. 8700/2025), secondo la quale un costo dovrebbe essere considerato inerente non solo quando sia strettamente riferibile alla produzione di un ricavo ma anche quando sia, più in generale, collegato all’attività d’impresa complessivamente considerata, con una connessione anche solo indiretta, potenziale o futura con la produzione di un ricavo.

Tuttavia, a mero titolo esemplificativo, nel caso dei redditi diversi da sublocazione breve pare ragionevole ritenere che possano essere portati in deduzione i canoni di locazione pagati al proprietario (nel caso di sublocazione), le spese delle piattaforme di intermediazione nonché di eventuali altri intermediari e le utenze domestiche.

Resta fermo che, in caso di opzione per la cedolare secca, tali costi non potranno essere più dedotti (indipendentemente dalla loro inerenza con la produzione del reddito), in quanto l’adesione a tale peculiare forma di tassazione – prevista per le locazioni brevi anche nell’ambito dei redditi diversi – prevede l’applicazione dell’imposta sostitutiva (26% o 21% limitatamente ad un immobile individuato in dichiarazione) sul 100% del canone.

Infine, con riferimento alle sublocazioni turistiche non brevi, va evidenziato che per esse si rendono applicabili tutte le considerazioni sopra esposte, con la differenza che per queste non è mai possibile per il contribuente optare per la tassazione del canone di sublocazione con il sistema della cedolare secca.

Inoltre, una ulteriore differenza rispetto alle locazioni brevi riguarda il caso del comodato.

Infatti, nell’ipotesi di immobile concesso in comodato e successivamente utilizzato dal comodatario per porre in essere una sublocazione non breve, va ricordato che il reddito dovrà essere soggettivamente imputato al titolare del diritto reale (e non al comodatario come accade nella disciplina delle locazioni brevi).

Ciò in quanto, il dato normativo dell’art. 26, TUIR, e i chiarimenti più volte pronunciati sul punto da parte dell’Agenzia delle Entrate (si vedano, risoluzioni n. 381/E/2008 e n. 394/E/2008), confermerebbero che tali redditi sono di pertinenza tributaria del comodante, anche se incassati dal comodatario.