Correlazione costi-ricavi come declinazione operativa del principio di competenza
di Fabio LanduzziCome è prescritto dal Principio contabile OIC 11, la competenza è il criterio temporale con il quale i componenti positivi e negativi di reddito vengono imputati al Conto economico, ai fini della determinazione del risultato d’esercizio; perciò, il postulato della competenza richiede che i costi siano correlati ai ricavi dell’esercizio. Dal punto di vista fiscale, in forza del principio di derivazione rafforzata, la corretta imputazione temporale dei componenti economici rileva anche ai fini della determinazione del reddito d’impresa, a meno che non vi siano esplicite deroghe prescritte dalla normativa. L’applicazione del principio della competenza temporale si declina di norma nella necessità di individuare, in prima battuta, l’esercizio di competenza dei ricavi e, di conseguenza, correlare a essi i relativi costi.
In questo contesto, e seppure abbia riguardato una fattispecie regolata normativamente dalla disciplina antecedente all’entrata in vigore della derivazione rafforzata, la recente ordinanza n. 2391/2025 della Cassazione offre alcuni spunti di interesse, se non altro per il fatto di riguardare un caso tutt’altro che infrequente, quale è quello della corretta imputazione temporale degli oneri di urbanizzazione.
Il tema non è affatto nuovo e già diversi precedenti, sia di prassi che giurisprudenziali, hanno consentito di individuale una linea interpretativa sufficientemente chiara. È il caso delle imprese che svolgono attività estrattiva e gestione di cave, per le quali l’esercizio di competenza dei costi relativo al ripristino e tombamento del sito di escavazione si determina, appunto, secondo la piena applicazione del principio di correlazione con la conseguenza che saranno i costi a dove essere stimati nella misura più attendibile possibile per essere poi rilevati nello stesso esercizio di competenza dei ricavi (Cass. n. 16349/2014). In modo analogo si è espressa l’Amministrazione finanziaria (risoluzioni n. 9/1940/1991 e n. 52/1998) con riguardo alla attività di smaltimento rifiuti e ai costi di gestione delle discariche, riconoscendo che i costi post chiusura – risultanti da apposita perizia tecnica – sono da imputarsi e dedursi nell’esercizio di competenza dei ricavi derivanti dallo svolgimento dell’attività.
La giurisprudenza, con riguardo al caso specifico dei costi relativi agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria funzionali all’ottenimento delle licenze edilizie, aveva riconosciuto la loro imputazione e deduzione nello stesso esercizio di rilevazione dei ricavi (Cass. n. 5265/2023).
Ebbene, il caso che forma oggetto dell’ordinanza in commento riguarda l’avvenuta imputazione di costi che l’impresa avrebbe dovuto sostenere in relazione alla realizzazione di un piano di lottizzazione oggetto di convenzione con il competente Comune; si trattava, quindi, di spese relative a opere che la società si era impegnata a realizzare. Pertanto, dalla lettura della pronuncia si evince che:
- i ricavi derivanti dal piano di lottizzazione erano stati realizzati in un esercizio anteriore a quello di sostenimento degli oneri di urbanizzazione;
- al momento della imputazione delle spese, le opere alla cui realizzazione la società si era obbligata non erano state ancora realizzate, tanto che le relative spese avevano avuto come loro contropartita patrimoniale l’iscrizione di un debito per fatture da ricevere da fornitori.
Spicca nel caso di specie il lasso temporale trascorso, di ben 5 anni, dal momento della imputazione dei costi e delle fatture da ricevere, a quello in cui le opere erano state parzialmente eseguite, con la conseguenza che solo una parte delle fatture era stata ricevuta. La contestazione dell’Amministrazione finanziaria riguardava, quindi, la presunta omessa contabilizzazione di sopravvenienze attive da parte della società in corrispondenza delle fatture da ricevere che risultavano ancora iscritte fra le passività a distanza di sei anni dalla originaria imputazione.
La pronuncia è interessante in quanto torna sul principio di correlazione che ritiene essere strettamente integrato con quello della competenza economica, di cui rappresenta la declinazione pratica. Il fatto che le opere non fossero ancora state realizzate alla data della verifica e della contestazione, quindi, a giudizio della Cassazione, non fa venire affatto meno la deducibilità delle spese originarie, avvenuta nel corretto anno di competenza secondo l’anzidetto principio di correlazione costi-ricavi, e né innesca l’obbligo di rilevare lo storno della residua passività e la contabilizzazione di una sopravvenienza passiva, qualora l’obbligazione a cui la società è soggetta risulti tuttora valida e efficace.
Sul tema delle sopravvenienze attive, all’ordinanza in commento si può collegare anche la Cassazione n. 13369/2025, nella misura in cui afferma il concorso alla formazione dell’imponibile delle imposte sul reddito delle sopravvenienze attive è guidato dalla certezza e obiettiva determinabilità del componente positivo di reddito; quindi, in caso di un giudizio che disconosca un debito preesistente del contribuente, è nell’esercizio in cui si ha il deposito della sentenza, salvo che l’efficacia esecutiva della stessa non sia sospesa, che la sopravvenienza attiva viene a esistenza. Nel caso di successivi gradi di giudizio avversi, si ricorrerà al meccanismo delle sopravvenienze passive per la riemersione della passività.


