1 Settembre 2025

Affittacamere: quale tipologia di reddito fiscale produce?

di Cristoforo Florio
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La scheda di FISCOPRATICO

Secondo la ormai soppressa previsione normativa di cui all’art. 12, comma 2, dell’Allegato 1, D.Lgs. n. 79/2011, gli esercizi di affittacamere sono strutture ricettive composte da camere ubicate in più appartamenti ammobiliati nello stesso stabile, nei quali sono forniti alloggio ed eventualmente servizi complementari.

Come per le altre fattispecie di strutture turistico ricettive extra-alberghiere, a seguito della pronuncia di incostituzionalità della Corte Costituzionale (sentenza n. 80/2012), allo stato attuale i profili normativi del c.d. affittacamere sono da individuarsi esclusivamente nelle norme regionali, cui occorre fare integralmente rimando. Per citarne alcune a mero titolo esemplificativo:

  • in Piemonte, gli “affittacamere” sono strutture turistico-ricettive caratterizzate dalla messa a disposizione di camere, ubicate in non più di 2 appartamenti ammobiliati in uno stesso stabile e tale attività può essere gestita in forma imprenditoriale professionale (fino a 6 camere con un massimo di 12 posti letto) o non imprenditoriale (fino a 3 camere con un massimo di 6 posti letto);
  • in Lombardia, la figura del c.d. “affittacamere” è stata convertita nelle configurazioni della “foresteria” (strutture gestite in forma imprenditoriale che forniscono alloggio ed eventualmente servizi complementari, compresa alimenti e bevande, in non più di camere con un massimo di 14 posti letto) e della “locanda” (strutture ricettive complementari all’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande, esercitate in non più di 6 camere con un massimo di 14 posti letto);
  • in Sicilia, sono esercizi di “affittacamere” le strutture turistico-ricettive, gestite in forma imprenditoriale, composte da non più di 6 camere per i clienti ubicate nella stessa unità immobiliare per un massimo di 24 posti letto e con un massimo di 4 posti letto non sovrapponibili per camera, nelle quali sono forniti alloggio e servizi minimi oltre ad eventuali servizi complementari;
  • in Toscana, sono “affittacamere” le strutture ricettive gestite in forma imprenditoriale composte da non più di 6 camere per i clienti, con una capacità ricettiva non superiore a 12 posti letto, ubicate nella stessa unità immobiliare, nelle quali sono forniti alloggio e servizi essenziali come definiti nel regolamento.

Analogamente a quanto accade per altre attività di ricettività turistica extra-alberghiera è necessario comprendere, ai fini fiscali, quale sia la tipologia di reddito che produce l’affittacamere ai fini delle imposte dirette e, a tal fine, occorre operare alcune distinzioni, anche alla luce delle varie normative regionali di cui si è fatto menzione in precedenza.

Come regola generale, le disposizioni locali classificano l’affittacamere quale “struttura ricettiva extralberghiera”, a differenza di ciò che di norma accade per le locazioni turistiche.

Pertanto, analogamente a quanto visto anche in relazione alla “casa vacanze”, l’esercizio di un affittacamere costituisce una vera e propria attività commerciale, con conseguente produzione – da un punto di vista tributario – di un reddito d’impresa o di un reddito diverso, secondo la differenziazione spiegata nel prosieguo.

Si tratta, infatti, di una fattispecie diversa dalla locazione turistica che, invece, non prevede la possibilità di fornire servizi alla persona, ed è da considerarsi attività svolta in forma privatistica, fermo restando il limite delle 4 unità immobiliari previsto dalla normativa nazionale in relazione alle sole “locazioni brevi” di cui all’art. 4, D.L. n. 50/2017, oltre le quali è necessaria una gestione con partita IVA, in quanto opera la presunzione assoluta di legge di gestione in forma imprenditoriale.

In merito a tale differenza, anche l’Agenzia delle Entrate ha precisato, pur se con riferimento alle sole “locazioni brevi”, che sono normalmente considerati compatibili con la locazione turistica solo i servizi che corredano la messa a disposizione dell’immobile come, ad esempio, la fornitura di utenze (acqua, energia elettrica, riscaldamento), wi-fi, aria condizionata, televisione, in quanto strettamente connessi all’utilizzo dell’immobile (circolare n. 24/E/2017).

Alla luce di quanto sopra, dunque, qualora l’attività di affittacamere sia svolta senza il requisito della professionalità abituale, si configurerebbe un reddito diverso derivante da attività commerciale non esercitata abitualmente (art. 67, comma 1, lett. i), TUIR), da determinarsi come differenza fra l’ammontare dei corrispettivi delle prestazioni di alloggio percepiti e le spese inerenti alla loro produzione (art. 71, comma 2, TUIR).

Laddove, invece, tale attività venga esercitata con una vera e propria “formula imprenditoriale”, con il requisito dell’abitualità, fornendo unitamente alla prestazione di alloggio prestazioni accessorie quali, a titolo esemplificativo, i servizi di pulizia, cambio biancheria, lavaggio e stiratura di indumenti, potrebbe sussistere una vera e propria organizzazione di mezzi e persone e, pertanto, si configurerebbe la produzione di un reddito d’impresa (in questo senso, si vedano risoluzioni n. 381691/1980, n. 361700/1977 e n. 181786/1980 nonché Cass. n. 21841/2018).

In base a quanto sopra, dunque, sembrerebbe che la gestione dell’appartamento con la formula dell’affittacamere non sia invece mai suscettibile di produrre redditi di tipo fondiario, con conseguente impossibilità di applicare la cedolare secca.

Ciò in quanto, di norma, l’inquadramento regionale come “affittacamere” identificherebbe tali appartamenti automaticamente quali attività turistico-ricettive extralberghiere e, indipendentemente dal fatto che i servizi alla persona siano poi effettivamente resi o meno, tale classificazione li distinguerebbe – anche sul piano fiscale – dalle locazioni turistiche, nell’ambito delle quali si verifica solo un mero godimento dell’immobile per finalità di vacanza, di durata limitata nel tempo e a fronte del pagamento di un corrispettivo da parte dell’ospite.

Conclusivamente e come si può intuire dalle righe che precedono, sul piano giuridico il fenomeno della c.d. “hospitality” è fortemente basato sull’intreccio tra regole regionali e norme fiscali statali che potrebbe essere giustificabile alla luce del fatto che la normativa turistica è rimessa dalla Costituzione alla competenza delle Regioni (art. 117, comma 4) le quali, mediante la produzione di norme in materia di ricettività turistica extra-alberghiera condizionano, di fatto, anche la disciplina fiscale delle imposte sui redditi e dell’IVA che, invece, è tipicamente normativa di rango nazionale.