14 Novembre 2025

L’IVA erroneamente applicata alla cessione intracomunitaria non incide sulla natura non imponibile dell’operazione

di Marco Peirolo
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La scheda di FISCOPRATICO

L’Avvocato generale presso il Tribunale europeo, con le conclusioni presentate il 29 ottobre 2025 in merito alla causa T-638/24, ha esaminato un’interessante questione relativa all’imponibilità degli acquisti intracomunitari di beni nello stesso Stato membro della cessione intracomunitaria, erroneamente fatturata con l’applicazione dell’IVA.

Una società stabilita in Austria, utilizzando il suo numero di identificazione IVA austriaco, si è fatta consegnare, in un altro Stato membro, i beni acquistati presso fornitori stabiliti in Austria.

Le Autorità fiscali austriache hanno constatato che la società ha effettuato acquisti intracomunitari senza, tuttavia, dimostrare che tali operazioni sono state assoggettate a IVA nello Stato membro di arrivo del trasporto/spedizione. Pertanto, i predetti acquisti intracomunitari sono imponibili in Austria, conformemente alla disposizione nazionale di recepimento dell’art. 41, Direttiva 2006/112/CE.

Inoltre, le Autorità fiscali hanno ritenuto che le corrispondenti cessioni intracomunitarie siano esenti da IVA e che, perciò, l’imposta erroneamente addebitata dai fornitori debba essere versata all’Erario in applicazione della disposizione che recepisce l’art. 203, Direttiva 2006/12/CE.

La questione sottoposta all’esame del Tribunale europeo è diretta a sapere se la previsione dell’art. 41, Direttiva n. 2006/112/CE – e, quindi, il fatto che gli acquisti intracomunitari si considerano effettuati in Austria, cioè nel territorio dello Stato membro che ha attribuito il numero di identificazione IVA con il quale la società ha effettuato i predetti acquisti – sia applicabile anche nel caso di specie, in cui i fornitori hanno erroneamente addebitato l’IVA in relazione a operazioni che mantengono natura intracomunitaria e possono pur sempre rettificare le relative fatture con effetto ex nunc.

Il primo aspetto analizzato dall’Avvocato generale è se, con riferimento all’art. 203, Direttiva 2006/112/CE, l’obbligo di versamento dell’IVA erroneamente applicata in relazione alle cessioni intracomunitarie, da considerare esenti nello Stato membro di partenza del trasporto/spedizione, sia tale da escludere la contestuale imponibilità dei corrispondenti acquisti intracomunitari nello stesso Stato membro, in applicazione dell’art. 41, Direttiva 2006/112/CE.

Rispetto all’art. 40, Direttiva 2006/112/CE, secondo cui il luogo dell’acquisto intracomunitario è lo Stato membro in cui i beni si trovano al momento dell’arrivo del trasporto/spedizione dei beni a destinazione del cessionario, il successivo art. 41 costituisce una sorta di “rete di sicurezza”, che mira a evitare possibili perdite di gettito. Tale disposizione consente, infatti, di garantire che l’acquisto intracomunitario sia, in ogni caso, assoggettato a IVA, laddove il relativo obbligo non dà diritto all’esercizio della detrazione, in considerazione del carattere sussidiario del predetto art. 41 nonché del suo obiettivo di incentivare il cessionario a comprovare l’applicazione dell’imposta dovuta sull’acquisto intracomunitario nello Stato membro di arrivo del trasporto/spedizione.

Con la sentenza di cui alla causa C-696/20, la Corte ha affermato che il carattere intracomunitario o meno di un’operazione non dipende dall’utilizzo di un numero di identificazione IVA specifico e, inoltre, ha stabilito che l’art. 41, Direttiva 2006/112/CE, è applicabile qualora lo Stato membro di partenza del trasporto/spedizione dei beni coincida con lo Stato membro di identificazione del cessionario.

Pertanto, secondo l’Avvocato UE, gli acquisti intracomunitari effettuati dalla società per mezzo del numero di identificazione IVA austriaco sono imponibili in Austria ai sensi del citato art. 41, Direttiva 2006/112/CE.

Tenuto conto dell’applicazione dell’art. 203, Direttiva 2006/112/CE, alle cessioni corrispondenti, l’ulteriore analisi compiuta dall’Avvocato generale è diretta a stabilire se l’imponibilità degli acquisti intracomunitari in Austria possa determinare una doppia imposizione.

In via generale, l’imponibilità degli acquisti intracomunitari, ai sensi dell’art. 41, Direttiva 2006/112/CE, è subordinata all’esenzione delle corrispondenti cessioni intracomunitarie, con la conseguenza che, se la cessione intracomunitaria e l’acquisto corrispondente fossero entrambi assoggettati a imposta, sussisterebbe una doppia imposizione, contraria ai principi di proporzionalità e di neutralità.

Nel caso di specie, si tratta di stabilire se l’applicazione dell’art. 203, Direttiva 2006/112/CE, per effetto della fatturazione, per errore, dell’IVA relativa a operazioni che si qualificano come cessioni intracomunitarie – e che sono, quindi, esenti in forza dell’art. 138, Direttiva 2006/112/CE – comporti effettivamente l’imponibilità ed escluda, pertanto, l’applicazione dell’imposta ai corrispondenti acquisti intracomunitari sulla base dell’art. 41, Direttiva 2006/112/CE.

L’Avvocato generale è dell’avviso che l’applicazione dell’art. 203, Direttiva 2006/112/CE, non preclude la contestuale imponibilità degli acquisti intracomunitari, nello stesso Stato membro, in applicazione dell’art. 41, Direttiva 2006/112/CE.

In sostanza, l’obbligo di versare l’IVA erroneamente fatturata non incide sulla natura intracomunitaria dell’operazione e, quindi, sull’imponibilità dell’acquisto intracomunitario, tenuto conto che la previsione del richiamato art. 203, Direttiva 2006/112/CE, risponde a un mero scopo di tutela erariale, essendo finalizzato a eliminare il rischio di una perdita di gettito connesso alla possibilità, per il destinatario della fattura, di esercitare la detrazione dell’IVA non dovuta.

Inoltre, a ulteriore fondamento di tale conclusione, la qualificazione dell’art. 203, Direttiva 2006/112/CE, come meccanismo di garanzia va di pari passo con il carattere non definitivo del debito d’imposta che da esso discende in capo al fornitore. Infatti, quest’ultimo beneficia del diritto al rimborso dell’IVA fatturata per errore, a condizione che dimostri la propria buona fede o abbia completamente eliminato, in tempo utile, il rischio di perdita di gettito.

Pertanto, il debito nei confronti dell’Erario, che sorge in capo al soggetto che, effettuando una cessione intracomunitaria, ha addebitato, per errore, l’IVA, non equivale all’imponibilità di tale cessione, cosicché l’esenzione dell’operazione, sulla base dell’art. 138, Direttiva 2006/112/CE, non risulta pregiudicata.

Infine, in merito all’ulteriore aspetto sollevato dal giudice nazionale, relativo alle conseguenze che si ricollegano alla rettifica delle fatture che menzionano, erroneamente, l’IVA per le cessioni intracomunitarie di cui trattasi, alla luce delle considerazioni di cui sopra, non si pone l’esigenza di esaminare la possibilità di ritenere che, a seguito della rettifica, l’art. 41, Direttiva 2006/112/CE, divenga nuovamente applicabile e, nello stesso momento, siano effettuati i corrispondenti acquisti intracomunitari.

In ogni caso, nell’ipotesi in cui il Tribunale ritenesse necessario rispondere a tale questione, l’Avvocato UE è dell’avviso che occorrerebbe chiarire che l’art. 41, Direttiva 2006/112/CE, deve essere interpretato nel senso che la sua applicazione lascia impregiudicato l’art. 68 della stessa Direttiva, il quale determina, per gli acquisti intracomunitari, il fatto generatore dell’IVA. Quest’ultimo si verifica, conformemente a detta disposizione, nel momento in cui l’acquisto è effettuato.