Il riaddebito dei rimborsi chilometrici concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariLa Risposta n. 270/2025, pubblicata ieri dall’Agenzia delle entrate, affronta un tema di fondamentale importanza per gli esercenti arti e professioni: il regime fiscale applicabile al rimborso delle spese chilometriche addebitate al committente, con particolare riferimento alle novità introdotte nella determinazione del reddito di lavoro autonomo ad opera del D.Lgs. n. 192/2024 (e delle successive modifiche).
Il quesito posto da un professionista riguarda una fattura emessa nel 2025 che include “Compensi per prestazioni professionali” e un “Rimborso spese chilometriche, calcolato analiticamente sulla base di “X” km × € Y/km, assoggettato ad IVA al 22%”. L’Istante precisa che tale rimborso è stato preventivamente concordato, calcolato secondo parametri oggettivi (chilometri effettivamente percorsi e tariffa pattuita) e distinto in fattura dalle prestazioni professionali. I chilometri percorsi, i tragitti e gli orari sono documentabili tramite un prospetto riepilogativo e verificabili mediante strumenti di mappatura stradale (come Google Maps) o tracciamento storico del Telepass. Il criterio tariffario è inoltre coerente con i valori di riferimento professionali generalmente adottati.
L’Istante chiedeva se tale rimborso, se correttamente documentato con l’evidenza dei chilometri e dei parametri di calcolo oggettivi, potesse essere escluso dall’assoggettamento a ritenuta d’acconto ai sensi dell’articolo 25, D.P.R. 600/1973, pur in assenza di giustificativi fiscali di terzi (come scontrini carburante).
L’Agenzia delle Entrate ricorda che, a seguito delle citate novità, il principio generale nella determinazione del reddito di lavoro autonomo, sancito dall’articolo 54, comma 1, TUIR, è quello di onnicomprensività, per cui il reddito è dato dalla differenza tra tutte le somme e i valori a qualunque titolo percepiti e l’ammontare delle spese sostenute. In deroga a questo principio, il successivo comma 2 dell’articolo 54, TUIR stabilisce che non concorrono a formare il reddito le somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute dal professionista per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente. Simmetricamente, l’articolo 54-ter, comma 1, prevede che queste spese non siano deducibili dal reddito di lavoro autonomo del professionista.
L’obiettivo di questa nuova disciplina, la cui entrata in vigore sostanziale è stata rinviata al periodo d’imposta 2025, è quello di superare la criticità derivante dall’assoggettamento a ritenuta di somme che, pur incassate, non comportano un incremento effettivo del reddito imponibile del professionista. La relazione illustrativa chiarisce che il rimborso analitico (ad esempio, spese di viaggio, trasporto, vitto e alloggio) diventa irrilevante per la determinazione del reddito, comportando la conseguente inapplicabilità della ritenuta da parte del committente.
L’irrilevanza fiscale del rimborso è quindi subordinata alla condizione che le spese siano addebitate analiticamente al committente. L’Agenzia specifica che l’analiticità sussiste solo quando le spese sono effettivamente sostenute per lo svolgimento dell’incarico, sono indicate in fattura in modo separato rispetto ai compensi e sono comprovate da idonea documentazione che ne evinca puntualmente la tipologia e l’esatta riferibilità all’attività professionale.
Nel caso specifico, l’Agenzia ritiene che, nonostante l’istante avesse fornito parametri oggettivi (km effettivi e tariffa pattuita), il “Rimborso spese chilometriche”, commisurato ai “chilometri effettivamente percorsi e tariffa pattuita”, non rappresenti un rimborso di spese ‘addebitate analiticamente’ nel senso prospettato dalla norma. Il calcolo basato su una tariffa chilometrica, sebbene oggettivamente verificabile e concordata, viene implicitamente interpretato non come rimborso del costo effettivo sostenuto, ma come una determinazione forfettaria (o quasi-forfettaria) del costo legato alla distanza. Ai fini fiscali, la prova documentale richiesta dall’Agenzia sembra orientata a richiedere l’evidenza dei costi di acquisto di beni e servizi da terzi, e non la mera quantificazione del disagio o dell’uso del mezzo. Di conseguenza, poiché il criterio chilometrico pattuito non soddisfa il requisito di “analiticità” interpretato dall’Agenzia, tale somma concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo, ai sensi dell’articolo 54, comma 1, TUIR e deve essere assoggettata alla ritenuta alla fonte a titolo di acconto dell’Irpef, prevista dall’articolo 25, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973. L’unica nota positiva è che, specularmente, le spese effettivamente sostenute per l’esecuzione dell’incarico rimangono comunque deducibili ai medesimi fini.


