Il divario retributivo diventerà comunicazione obbligatoria
di Greta PopolizioIl divario retributivo di genere rappresenta oggi uno degli snodi critici del percorso verso la sostenibilità nelle aziende e nella società, non solo per la sua valenza etico-sociale, ma anche per l’impatto economico che genera a livello collettivo e di impresa.
L’integrazione di questa tematica è centrale nelle informative di sostenibilità e nella rendicontazione ESG (Environmental, Social, Governance). Il dato sul divario retributivo è, infatti, una delle informazioni quantitative (c.d. metriche) che viene richiesta sia dai principi di rendicontazione europei – ESRS – per le grandi imprese obbligate alla rendicontazione di sostenibilità, sia dai principi di rendicontazione volontari per le PMI, c.d. VSME. Ricordiamo, infatti, che gli aspetti “Social” in un report di sostenibilità riguardano principalmente dati relativi alla forza lavoro propria e politiche adottate in relazione ai propri dipendenti.
Ma la divulgazione di tale informazione nel prossimo futuro non si limiterà più al solo perimetro della dichiarazione di sostenibilità. Diventerà un vero e proprio obbligo normativo.
Ci riferiamo a una rilevante novità rappresentata dalla Direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza retributiva. La Direttiva, che gli Stati Membri dovranno recepire entro il 7 giugno 2026, prevede oneri di comunicazione a carico delle aziende, diversificati in base alle caratteristiche dimensionali.
La comunicazione del “gender pay gap” avrà cadenza:
- annuale, per le aziende con più di 250 addetti;
- triennale, per le aziende che occupano tra i 150 e i 249 addetti;
- triennale, a partire dal 2031, per le aziende che occupano tra i 100 ed i 149 addetti.
È previsto che gli Stati membri possano estendere gli obblighi di comunicazione anche ad aziende più piccole o prevedano anche comunicazioni su base volontaria.
Qualora venga rilevata una disparità superiore al 5% non giustificata da criteri oggettivi, sarà necessario avviare un’analisi congiunta con i rappresentanti dei lavoratori per individuare le cause e definire misure correttive.
A tutte le aziende, con possibilità di esonero per le aziende con numero di addetti inferiore a 50, a scelta degli Stati membri, è poi richiesto di rendere facilmente accessibili ai propri lavoratori i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, i livelli retributivi e la progressione economica dei lavoratori.
Sono previsti anche particolari diritti e tutele a favore dei candidati all’impego, ai quali dovranno essere comunicate informazioni sulla retribuzione inziale in base a criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere e non potranno essere richieste informazioni sulla retribuzione percepita nell’attuale o nei precedenti rapporti di lavoro.
Infatti, una delle principali cause del divario retributivo a parità di mansioni assegnate (non solo basato sulla diversità di genere), e della difficoltà a ridurre e superare tale divario, risiede nella consuetudine di considerare l’attuale o ultima retribuzione ricevuta dal candidato come base di partenza per la determinazione del livello retributivo offerto. Ciò può essere penalizzante per il candidato e prescinde da criteri oggettivi che assicurino parità di trattamento per lo stesso lavoro o per lavoro di pari valore.
In Italia, la tutela della parità retributiva è sancita dalla Costituzione (artt. 3, 37 e 117) e da una serie di normative specifiche; dalla L. 903/1977 sulla parità di trattamento, alla Legge n. 125/1991 sulle azioni positive, fino al D.Lgs. 198/2006, cd. Codice delle Pari Opportunità. Il recente D.L. 162/2021 ha rafforzato gli incentivi al raggiungimento della parità di genere, consentendo alle aziende in possesso della apposita certificazione uno sgravio contributivo dell’1% (fino al limite di 50.000 euro/anno), e l’attribuzione di punteggi incrementali nei bandi di gara pubblici.
Le aziende sono chiamate a sviluppare policy interne sempre più strutturate in tema di retribuzione e carriera, attuando processi di monitoraggio e controllo dei dati, estesi a tutti i livelli lavorativi e revisione periodica degli organigrammi e delle pratiche di selezione.
Il percorso verso la sostenibilità sociale non può prescindere dal superamento delle disparità retributive di genere. L’integrazione del gender pay gap nelle informative di sostenibilità, indotta anche da un quadro regolatorio sempre più stringente, costituisce un elemento cardine per la legittimazione etica ed economica delle organizzazioni. Senza tralasciare il beneficio immediato che ne deriva all’azienda, in fase di selezione, per la maggiore attrattività che un’impresa così strutturata riveste nei confronti dei candidati.


