22 Ottobre 2025

Esclusione dal pro-rata di detrazione IVA delle cessioni di beni ammortizzabili

di Marco Peirolo
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L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 231/E/2025, è intervenuta in merito alla previsione dell’art. 19-bis, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, che esclude dal calcolo del pro-rata di detrazione dell’IVA le cessioni di beni ammortizzabili.

Nel documento di prassi si afferma che il concetto di “bene ammortizzabile” rilevante ai fini della determinazione della percentuale di detrazione deve tenere in considerazione l’aspetto sostanziale, vale a dire l’abitualità o l’occasionalità dell’operazione, con la conseguenza che, nel caso di specie, l’esclusione dell’immobile strumentale dalla percentuale di detrazione opera anche quando il medesimo sia stato riclassificato in bilancio quale “bene merce” in vista della sua vendita.

 

Operazioni imponibili ed esenti effettuate in modo sistematico

Relativamente all’individuazione delle c.d. imprese miste, obbligate a operare la detrazione mediante l’applicazione del pro-rata, l’art. 19, comma 5, D.P.R. n. 633/1972, anziché fare riferimento alle operazioni che danno diritto a detrazione e alle operazioni esenti, utilizza l’espressione attività che danno luogo a operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione e attività esenti.

Ciò sta a significare che l’occasionale effettuazione di operazioni esenti da parte di un contribuente che svolge essenzialmente un’attività soggetta a IVA – come pure l’occasionale effettuazione di operazioni imponibili, da parte di un soggetto che svolge essenzialmente un’attività esente – non dà luogo all’applicazione del pro-rata.

In tali casi torna, naturalmente, applicabile, ai fini della determinazione dell’imposta detraibile, il criterio generale dell’utilizzazione specifica dei beni e dei servizi, con indetraibilità dell’imposta afferente i beni e i servizi impiegati nelle operazioni esenti, così come stabilito dall’art. 19, comma 2, D.P.R. n. 633/1972.

La regola del pro-rata è comunque applicabile qualora il soggetto ponga in essere sistematicamente, nell’ambito di una stessa attività, sia operazioni imponibili sia operazioni esenti, come, ad esempio, si verifica nei confronti di una casa di cura, la quale effettui sia prestazioni esenti in regime di convenzione sia prestazioni imponibili[1].

 

Applicazione del pro-rata alla generalità degli acquisti

L’applicazione del pro-rata alla generalità degli acquisti di beni e servizi – compresi quelli destinati a compiere esclusivamente operazioni imponibili o, all’opposto, esclusivamente operazioni esenti – trova giustificazione nella previsione contenuta nell’art. 173, par. 2, lett. d), Direttiva 2006/112/CE, che consente agli Stati membri di:

«autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la deduzione secondo la norma di cui al primo comma [vale a dire quella che stabilisce l’adozione del pro-rata per gli acquisti promiscui, cioè riferiti a operazioni attive sia imponibili che esenti] relativamente a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate».

La Corte di Giustizia UE, nel pronunciarsi sulla compatibilità, con l’ordinamento comunitario, della disciplina italiana in materia di pro-rata di detrazione, ha confermato la legittimità degli artt. 19, comma 5, e 19-bis, D.P.R. n. 633/1972[2], nonostante i giudici comunitari avessero in precedenza costantemente affermato che il pro-rata è applicabile esclusivamente ai beni e servizi utilizzati per effettuare, nel contempo, operazioni imponibili e operazioni esenti, anche quando gli Stati membri hanno previsto, come l’Italia, un metodo di calcolo del pro-rata alternativo a quello “standard”[3].

Come osservato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 19/E/2018 (par. 7.1.1), l’applicazione generalizzata della regola del pro-rata è stata considerata conforme all’ordinamento comunitario in quanto viene offerta ai contribuenti la possibilità di optare, ai sensi dell’art. 36, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, per la separazione delle attività, consentendo in tal modo ai medesimi l’esercizio più preciso del diritto alla detrazione.

La conclusione raggiunta dalla Corte di Giustizia nella predetta sentenza di cui alla causa C‑378/15 è comunque opinabile, in quanto può determinare una distorsione nell’applicazione dell’IVA in tutti i casi in cui la percentuale di detrazione non rifletta in modo adeguato la composizione degli acquisti e, quindi, la loro incidenza rispetto alle operazioni imponibili. In particolare, applicando il pro-rata sulla base di un criterio esclusivamente formale (rappresentato dalla composizione del volume d’affari e dalla quantificazione delle operazioni esenti rispetto a quest’ultimo), anziché sostanziale (riferito, cioè, alla composizione degli acquisti), il predetto effetto distorsivo si verifica allorché, dall’analisi dei beni/servizi acquistati dal contribuente, emerga che quelli utilizzati per la produzione di operazioni esenti hanno un’incidenza marginale rispetto al volume d’affari.

 

Calcolo del pro-rata

In presenza di attività imponibili e di attività esenti, la detrazione non dipende all’utilizzo dei beni e dei servizi acquistati, essendo invece prevista una percentuale forfettaria di detrazione che, come già ricordato, è applicata a tutti gli acquisti e non soltanto a quelli utilizzati promiscuamente.

In base all’art. 19-bis, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, il pro-rata si determina in funzione del rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione, effettuate nell’anno (comprendenti sia le operazioni imponibili che le operazioni non soggette ma assimilate a operazioni imponibili ai fini delle detrazioni, elencate nell’art. 19, comma 3, D.P.R. n. 633/1972) e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo.

In pratica, il pro-rata è ottenuto arrotondando, all’unità superiore o inferiore, a seconda che la parte decimale superi o meno i 5 decimi, il risultato del rapporto in cui:

− al numeratore, va indicato l’ammontare delle operazioni, effettuate nell’anno, che danno diritto alla detrazione;

− al denominatore, va indicato lo stesso ammontare del numeratore, aumentato dell’ammontare delle operazioni esenti effettuate nello stesso anno.

Numeratore
Sommatoria delle operazioni che danno diritto alla detrazione:

− operazioni imponibili;

− operazioni imponibili “assimilate”, di cui all’art. 19, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, ossia:

· cessioni all’esportazione e operazioni assimilate, nonché cessioni intracomunitarie, non imponibili;

· operazioni bancarie, finanziarie e assicurative nei confronti di soggetti extracomunitari o relative a beni da esportare fuori dell’Unione Europea;

· operazioni escluse per difetto del presupposto territoriale, tranne quelle che, se fossero effettuate in Italia, darebbero diritto alla detrazione;

· operazioni non soggette a IVA ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a), b), d) e f), D.P.R. n. 633/1972;

· cessioni di oro da investimento di cui all’art. 10, comma 1, n. 11), D.P.R. n. 633/1972, effettuate da soggetti che producono oro da investimento o trasformano oro in oro da investimento;

· cessioni di beni di cui all’art. 10, comma 3, D.P.R. n. 633/1972;

· operazioni non soggette a IVA ai sensi dell’art. 74, comma 1, D.P.R. n. 633/1972.

meno Sommatoria di:

− cessioni di beni ammortizzabili;

− passaggi interni tra più attività;

− operazioni non soggette a IVA ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a), b), d) e f), D.P.R. n. 633/1972.

Denominatore
Totale numeratore più Operazioni esenti meno Operazioni esenti di cui all’art. 10, comma 1, n. 1)–9), D.P.R. n. 633/1972, se:

− non formano oggetto dell’attività propria dell’impresa;

− ovvero, sono accessorie a operazioni imponibili;

− operazioni esenti di cui all’art. 10, comma 1, n. 27-quinquies), D.P.R. n. 633/1972.

 

Operazioni escluse dal pro-rata

L’art. 19-bis, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, esclude dal calcolo del pro-rata:

− le cessioni di beni ammortizzabili (materiali e immateriali);

− i passaggi di beni all’interno della stessa impresa ai sensi dell’art. 36, comma 5, D.P.R. n. 633/1972;

− le operazioni esenti di cui ai n. da 1) a 9), art. 10, D.P.R. n. 633/1972, quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo o sono accessorie a operazioni imponibili, ferma restando l’indetraibilità dell’imposta per i beni e i servizi utilizzati esclusivamente per la loro effettuazione e ciò coerentemente con il principio di carattere generale, contenuto nel comma 2, art. 19, D.P.R. n. 633/1972, che prevede l’indetraibilità per i beni e servizi utilizzati in operazioni esenti;

− le operazioni non rientranti nel campo di applicazione dell’IVA di cui all’art. 2, comma 3, lett. a), b), d) e f), D.P.R. n. 633/1972 (cessioni di denaro, conferimenti d’azienda o di rami aziendali, cessioni di campioni gratuiti di modico valore, passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni, ecc.), le quali non devono interferire nella determinazione della percentuale di detrazione[4];

− le operazioni esenti di cui all’art. 10, comma 1, n. 27-quinquies), D.P.R. n. 633/1972, in quanto, non essendo stata recuperata l’imposta all’atto dell’acquisto del bene, la successiva cessione esente non deve ripercuotersi sul diritto di detrazione.

 

Esclusione dal pro-rata delle cessioni di beni ammortizzabili

L’art. 19-bis, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, esclude le cessioni di beni ammortizzabili dal calcolo del pro-rata di detrazione.

L’esclusione discende dall’art. 174, par. 2, lett. a), Direttiva 2006/112/CE, secondo cui, in deroga alle regole generali, nel calcolo del pro-rata non si tiene conto dell’importo del volume d’affari relativo alle «cessioni di beni d’investimento utilizzati dal soggetto passivo nella sua impresa».

La normativa comunitaria non definisce il concetto di “bene d’investimento”, in merito al quale la Corte di Giustizia ha stabilito che tale nozione: «riguarda i beni che, utilizzati ai fini di un’attività economica, si distinguono per il loro carattere durevole e il loro valore, i quali fanno sì che i costi d’acquisto non siano normalmente contabilizzati come spese correnti, ma vengano ammortizzati in più esercizi finanziari»[5].

La finalità dell’esclusione in esame: «risulta dall’esposizione dei motivi che accompagna la proposta di Sesta Direttiva, presentata dalla Commissione delle Comunità europee al Consiglio delle Comunità europee il 29 giugno 1973 […], secondo cui “[g]li elementi esaminati nel presente paragrafo debbono essere esclusi dal calcolo del pro rata, onde evitare che possano falsarne il significato reale nella misura in cui essi non riflettano l’attività professionale del soggetto passivo. È il caso delle vendite di beni di investimento e delle operazioni immobiliari o finanziarie effettuate solo a titolo accessorio, cioè di importanza soltanto secondaria o accidentale rispetto alla cifra d’affari globale dell’impresa. Tali operazioni sono d’altronde escluse solo se non rientrano nell’attività professionale abituale del soggetto passivo”»[6].

Ne discende, secondo i giudici dell’Unione, che: «il Legislatore comunitario ha quindi inteso escludere dal calcolo del pro rata il fatturato relativo alla vendita di beni allorché questa vendita riveste un carattere inusuale rispetto all’attività corrente del soggetto passivo interessato e non richiede quindi un utilizzo dei beni o dei servizi ad uso misto in un modo che sia proporzionale al fatturato che essa genera. Come ha sottolineato l’Avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, l’inclusione di tale fatturato nel calcolo del pro rata di detrazione falserebbe il suo risultato nel senso che esso non rifletterebbe più la rispettiva parte di impiego dei beni o servizi adibiti ad un uso misto per le attività imponibili e le attività esenti. In tale contesto, la nozione di “beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa” […] non può comprendere quelli la cui vendita riveste, per il soggetto passivo interessato, il carattere di un’attività economica usuale. Infatti, per l’interessato, l’acquisto e successivamente la vendita di tali beni richiedono l’utilizzo corrente dei beni e dei servizi ad uso misto. Poiché questa vendita rientra nelle attività usuali e soggette ad imposta del soggetto passivo, il relativo fatturato dev’essere preso in considerazione nel calcolo del pro rata di detrazione affinché questo rifletta nel migliore dei modi la parte di utilizzo, per queste attività, dei beni e dei servizi destinati ad un uso misto, salvo disconoscere l’obiettivo di neutralità del sistema comune dell’IVA»[7].

Del resto, osserva la Corte: «escludere dal calcolo del pro rata di detrazione, in generale, beni che, utilizzati ai fini di un’attività economica, si distinguono certo per il loro carattere durevole ed il loro valore, i quali fanno sì che i costi d’acquisto non siano normalmente contabilizzati come spese correnti, ma vengano ammortizzati in più esercizi finanziari senza tener conto del fatto che la loro vendita […] costituisce parte integrante dell’attività corrente del soggetto passivo, sarebbe direttamente incompatibile con l’obiettivo di neutralità del sistema comune dell’IVA».

 

Orientamento dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, nelle risposte a interpello n. 165/E/2020 e n. 413/E/2023, ha specificato che, per l’individuazione dei beni strumentali ammortizzabili agli effetti dell’art. 19-bis, D.P.R. n. 633/1972, in assenza di una definizione ai fini dell’IVA, occorre avere riguardo ai criteri previsti in materia di imposte dirette.

In particolare, per:

− “beni oggetto dell’attività propria dell’impresa”, devono intendersi quelli il cui impiego qualifica e realizza l’attività normalmente esercitata (commercio, lavorazione, noleggio, locazione finanziaria ecc.);

− “beni strumentali utilizzati nell’esercizio dell’attività propria”, quelli impiegati esclusivamente come mezzo per l’esercizio di detta attività e, pertanto, diversamente dai primi, inidonei, come tali, a qualificare la natura dell’attività svolta.

Di conseguenza, secondo l’Agenzia delle Entrate, non concorrono alla formazione del pro-rata le cessioni di fabbricati che il soggetto passivo abbia qualificato come beni fiscalmente ammortizzabili ai fini delle imposte dirette, vale a dire diversi da quelli c.d. merce (di cui all’art. 92, TUIR) e da quelli c.d. patrimoniali (di cui all’art. 90, TUIR).

Da ultimo, con la risposta a interpello n. 231/E/2025, l’Agenzia dele Entrate ha precisato che l’esclusione dell’immobile strumentale dal calcolo del pro-rata opera anche quando il medesimo sia stato riclassificato in bilancio quale “bene merce” in vista della sua vendita, con ciò evidenziando che il concetto di “bene ammortizzabile” rilevante ai fini della determinazione della percentuale di detrazione deve tenere in considerazione l’aspetto sostanziale, vale a dire l’abitualità o l’occasionalità dell’operazione.

 

Orientamento della giurisprudenza

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sent. n. 13162/2024, hanno ammesso il rimborso dell’IVA assolta per gli interventi di manutenzione o ristrutturazione su beni di proprietà di terzi dei quali si abbia la detenzione, purché vi sia un nesso di strumentalità tra i suddetti beni e l’attività svolta dal soggetto passivo.

L’incertezza interpretativa si è posta in relazione all’art. 30, comma 2, lett. c), D.P.R. n. 633/1972, nella parte in cui stabilisce che il rimborso può essere chiesto limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili.

In particolare, i giudici di legittimità hanno stabilito che il concetto di “bene ammortizzabile” non può essere correttamente inteso, nel contesto giuridico dell’IVA, con riferimento alle previsioni normative in materia di imposte dirette (artt. 102 e 103, TUIR) e nemmeno risultano ermeneuticamente dirimenti le disposizioni sul bilancio contenute nel Codice civile, ovvero i Principi contabili.

Piuttosto, sottolinea la Suprema Corte, bisogna fare riferimento alla nozione – ampia e sostanzialmente economica – di “beni di investimento”, utilizzata nella Direttiva 2006/112/CE (artt. 174, comma 2, lett. a), e comma 3, 188, comma 1, secondo periodo, e comma 2, 189, lett. a), e 190), che, quindi, risulta essere l’unico parametro al quale un’interpretazione conforme deve affidarsi.

Si tratta, quindi, di beni che, pur “stricto sensu” non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali investimenti.

L’interpretazione offerta dalle Sezioni Unite, anche se riferita all’art. 30, comma 2, lett. c), D.P.R. n. 633/1972, è relativa a un concetto, quello di “bene ammortizzabile”, che rileva anche ai fini di altre disposizioni in materia di IVA, come quella riguardante il calcolo del pro-rata di detrazione, di cui all’art. 19-bis, D.P.R. n. 633/1972.

Sul punto, infatti, la Corte di Cassazione, con la sent. n. 16664/2025, ha affermato che, alla luce della posizione espressa dalle Sezioni Unite, il concetto di bene ammortizzabile, inteso quale bene d’investimento, si applica non solo ai fini del rimborso dell’IVA di cui all’art. 30, comma 2, lett. c), D.P.R. n. 633/1972, che ha formato oggetto della citata sentenza n. 13162/2024, ma anche ai fini del pro-rata di detrazione, con l’effetto che le indicazioni di prassi sopra richiamate devono intendersi superate.

È il caso di osservare che, a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite, la risoluzione n. 20/E/2025, ha mutato orientamento in merito al rimborso dell’IVA assolta dall’esercente attività d’impresa o di lavoro autonomo per i lavori di manutenzione o ristrutturazione su beni di proprietà di terzi, che presentano un nesso di strumentalità con l’attività svolta. Infatti, il rimborso dell’IVA deve ritenersi ammesso per i lavori di miglioramento, trasformazione o ampliamento aventi per oggetto non solo i beni ammortizzabili, ma i beni di cui il contribuente ha la disponibilità in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso o la detenzione per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo, ferma restando, in ogni caso, la “strumentalità” dei beni stessi all’esercizio dell’impresa o di lavoro autonomo per un periodo di tempo medio-lungo, quali “investimenti” che richiedono un impiego di risorse finanziarie non contabilizzabile come costo di un singolo esercizio.

 

Considerazioni finali

Alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale sopra esposta, con la risposta a interpello n. 231/E/2025, l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto dichiarare superate le indicazioni rese nelle precedenti risposte a interpello n. 165/E/2020 e n. 413/E/2023, nella parte in cui il concetto di “bene ammortizzabile”, ai fini del calcolo del pro-rata di detrazione dell’IVA, è inteso come quello rilevante agli effetti delle imposte sui redditi.

Nonostante l’Agenzia delle Entrate non abbia fatto alcun cenno alla predetta evoluzione giurisprudenziale, è senz’altro coerente con quest’ultima la precisazione – contenuta nella risposta a interpello n. 231/E/2025 – secondo cui il concetto di “bene ammortizzabile” rilevante ai fini della determinazione del pro-rata deve tenere in considerazione l’aspetto sostanziale, vale a dire l’abitualità o l’occasionalità dell’operazione, con la conseguenza che, nel caso di specie, l’esclusione dell’immobile strumentale dalla percentuale di detrazione opera anche quando il medesimo sia stato riclassificato in bilancio quale “bene merce” in vista della sua vendita.

[1] Cfr. circolare n. 328/E/1997 par. 3.3).

[2] Cfr. sent. 14 dicembre 2016, causa C‑378/15.

[3] Cfr. sent. 16 luglio 2015, cause riunite C-108/14 e C-109/14 e sent. 6 settembre 2012, causa C-496/11.

[4] Cfr. Corte di Giustizia 22 giugno 1993, causa C-333/91.

[5] Cfr. sent. 27 marzo 2019, causa C‑201/18 e sent. 16 febbraio 2012, causa C‑118/11.

[6] Cfr. Corte di Giustizia, 6 marzo 2008, causa C-98/07.

[7] Cfr. Corte di Giustizia, 6 marzo 2008, causa C-98/07, cit.