13 Ottobre 2025

Maxi-deduzione per incremento occupazionale: aspetti critici per le imprese con attività stagionale

di Alessio BollatiMarco Clementi
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La disciplina normativa e regolamentare della maxi-deduzione del costo del personale dipendente, collegato all’incremento occupazionale, incontra alcune specifiche criticità quando viene collocata nel contesto di imprese con attività a carattere “stagionale”. Nel presente contributo, il tema sarà analizzato con particolare attenzione agli effetti differenziati che si producono a seconda che si tratti di stagionalità “estiva” o “invernale”.

 

Il perimetro normativo della maxi-deduzione

La misura agevolativa introdotta dall’art. 4, D.Lgs. n. 216/2023, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, successivamente prorogata dall’art. 1, commi 399-400, Legge n. 207/2024 (Legge di bilancio 2025) per i 3 periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2024 (2025, 2026 e 2027, per i soggetti “solari”) è finalizzata a stimolare gli investimenti in capitale umano mediante assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori dipendenti da parte di soggetti titolari di reddito d’impresa e di esercenti arti e professioni, anche in forma associata, che svolgono attività di lavoro autonomo.

L’agevolazione consiste in una deduzione extracontabile – valida ai soli fini IRES – riconducibile a una maggiorazione del costo del personale dipendente assunto a tempo indeterminato, da operarsi mediante una variazione in diminuzione nel Modello Redditi relativo al periodo d’imposta di riferimento e riconosciuta al verificarsi di specifiche condizioni.

Sono esclusi dal beneficio i soggetti che non hanno esercitato l’attività per almeno 365 giorni nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 (ossia nei 365 giorni antecedenti il 1° gennaio 2024 per i soggetti “solari”). A tal fine, occorre fare riferimento alla più recente tra la data di inizio attività comunicata all’Amministrazione finanziaria con il Modello AA7/10 o AA9/12 e quella di effettivo inizio dell’attività d’impresa.

Le disposizioni attuative sono definite con il D.M. 25 giugno 2024 e, oltre a stabilire i limiti e le modalità di accesso all’agevolazione, dettagliano i criteri per il calcolo dell’incremento occupazionale e della maggiorazione del costo del lavoro ammesso in deduzione.

 

Le condizioni di accesso alla maxi-deduzione: l’incremento occupazionale

In presenza di assunzioni di lavoratori con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato nel periodo agevolabile, la fruizione del beneficio è subordinata al rispetto congiunto delle seguenti condizioni:

  1. il numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato al termine del periodo d’imposta agevolabile deve essere superiore al numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato nel periodo d’imposta precedente (c.d. incremento occupazionale);
  2. il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, comprensivo anche dei lavoratori a tempo determinato, al termine del periodo d’imposta agevolabile deve risultare superiore al numero complessivo dei lavoratori dipendenti mediamente occupato nel periodo d’imposta precedente (c.d. incremento occupazionale complessivo).

Le 2 condizioni, se soddisfatte congiuntamente, costituiscono i presupposti essenziali per il riconoscimento del beneficio.

Al contrario, la maggiorazione non sarebbe riconosciuta qualora, pur in presenza di assunzioni di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato nel periodo d’imposta agevolabile, si rilevi una diminuzione della base occupazionale complessiva nel medesimo periodo rispetto alla media degli occupati del periodo d’imposta precedente, configurando così un “decremento occupazionale complessivo”, come definito all’art. 1, comma 1, lett. l), Decreto attuativo.

Analogamente, il beneficio non sarebbe riconosciuto se la base occupazionale rimanesse invariata in termini numerici, rispetto al periodo comparativo, pur in presenza di modifiche qualitative; ciò avverrebbe, ad esempio, nell’ipotesi in cui l’unica variazione intervenuta nel periodo d’imposta agevolabile fosse rappresentata dalla trasformazione di un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. In tale circostanza, infatti, pur configurandosi un incremento occupazionale, non sarebbe verificata la condizione dell’incremento occupazionale complessivo.

 

La quantificazione del beneficio

Accertata la sussistenza delle condizioni sopra descritte, il beneficio si concretizza nella maggiorazione del costo riferibile all’incremento occupazionale di un importo pari al 20% (30% nel caso in cui l’incremento occupazionale riguardi lavoratori meritevoli di maggior tutela). Il costo riferibile all’incremento occupazionale, ai sensi dell’art. 4, comma 3, D.Lgs. n. 216/2023, corrisponde al minore tra:

− il costo effettivamente riferibile al personale di nuova assunzione a tempo indeterminato; e

− l’incremento del costo complessivo del personale dipendente (differenziale della voce B.9 di Conto economico).

La disciplina finora descritta appare, nel suo complesso, piuttosto lineare, al netto di complicazioni che si possono verificare in presenza di decrementi occupazionali verificatisi in gruppi di imprese, che non sono oggetto della presente analisi e ai quali occorre applicare il meccanismo correttivo appositamente previsto, al fine di evitare che nel gruppo si possano creare distorsioni nella fruizione del beneficio.

Tuttavia, con riguardo ad alcune realtà aziendali e in relazione ad alcune tipologie di attività, sembrerebbero sussistere criticità interpretative e applicative della norma in esame che impediscono la fruizione dell’agevolazione in oggetto.

 

La maxi-deduzione in presenza di lavoratori stagionali

Un caso che offre spunti peculiari di indagine nell’applicazione della disciplina agevolativa in commento è certamente quello concernente le fattispecie che presuppongono, per la natura della loro attività, il ricorso a lavoratori stagionali, specialmente nel periodo estivo, per le quali la sussistenza delle 2 condizioni sopra menzionate risulterebbe difficilmente dimostrabile (nel presupposto che le imprese in questione abbiano l’esercizio coincidente con l’anno solare).

Il principale ostacolo alla fruizione dell’agevolazione risiede nel fatto che, per determinare l’incremento occupazionale e l’incremento occupazionale complessivo, viene confrontato un valore puntuale rilevato al termine del periodo d’imposta agevolato (ad esempio, il numero di lavoratori dipendenti al 31 dicembre 2024), con un valore medio riferito al periodo d’imposta precedente (ad esempio, il numero di lavoratori dipendenti mediamente occupato nel 2023). Tale confronto, di natura strutturalmente asimmetrica, determina una distorsione, in quanto il meccanismo di calcolo della media occupazionale risente dell’intero andamento occupazionale registrato nel corso del periodo d’imposta, mentre il valore puntuale rilevato alla fine del periodo d’imposta agevolato restituisce unicamente una “fotografia” statica dell’organico aziendale in tale specifico momento, che potrebbe corrispondere a un periodo di “inattività” o scarsa attività.

A tale riguardo, occorre considerare che, ai fini del calcolo della media occupazionale, l’art. 4, comma 6, D.M. 25 giugno 2024, dispone che il numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, mediamente occupati, nel periodo d’imposta precedente a quello agevolato sono costituiti dalla somma dei rapporti tra il numero dei giorni di lavoro previsti contrattualmente in relazione a ciascun lavoratore dipendente e 365 (o 366 se tale periodo d’imposta include il 29 febbraio), identificando così le Unità Lavorative per Anno (ULA), cioè la media della presenza lavorativa su base annua. In assenza di esplicite esclusioni previste normativamente, tale calcolo deve essere eseguito considerando anche i lavoratori stagionali.

Per le imprese che esercitano attività caratterizzate da una forte stagionalità, per le quali è prassi consolidata l’assunzione di personale “stagionale”, con prestazione lavorativa concentrata nei mesi estivi, è plausibile immaginare che tali lavoratori non risultino in forza al momento della rilevazione puntuale dell’organico aziendale al termine del periodo d’imposta agevolabile.

Questa dinamica genera un effetto distorsivo, in quanto da un lato la media delle ULA nel periodo precedente a quello agevolabile risulta influenzata dalla presenza dei lavoratori stagionali, mentre dall’altro, il conteggio puntuale dei lavoratori dipendenti effettuato al termine del periodo agevolabile non considererebbe gli “stagionali”, determinando invece un apparente decremento occupazionale, con conseguente impossibilità di accedere al beneficio di cui all’art. 4, D.Lgs. n. 216/2023.

Si consideri l’ipotesi della società Alfa, che svolge attività alberghiera in una località turistica marittima e che nel periodo d’imposta 2023 ha impiegato 4 dipendenti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ancora in essere il 31 dicembre 2023, e 30 lavoratori stagionali, assunti per il periodo 20 maggio 2023 – 10 settembre 2023 (ossia per 104 giorni). Il numero di dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato nel 2023 sarebbe 4, mentre il numero di lavoratori (anche a tempo determinato) mediamente occupati nel 2023 sarebbe 12.55 (parametrando gli stagionali per i giorni di effettivo lavoro sul totale dei giorni dell’anno).

Nel 2024, (si ipotizzi, per semplicità, il 1° gennaio) la società Alfa assume 2 nuovi dipendenti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, passando così da 4 a 6 dipendenti, che risultano ancora presenti in azienda (con la medesima forma contrattuale) il 31 dicembre 2024. Anche i lavoratori stagionali, si ipotizza, sono aumentati da 30 a 50 nel periodo estivo 2024.

In tale fattispecie, il numero dei dipendenti a tempo indeterminato al termine del periodo agevolabile (2024) risulta pari a 6, mentre il numero di dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupato nel periodo precedente (2023) risulta pari a 4; il c.d. incremento occupazionale risulterebbe quindi verificato. Tuttavia, in sede di verifica della seconda condizione per l’accesso al beneficio, risulterebbe che il numero complessivo di dipendenti (inclusi quelli a tempo determinato) alla fine del periodo agevolabile (2024) risulta pari a 6, mentre il numero degli stessi lavoratori mediamente occupati nel periodo precedente (2023), calcolato sulla base delle ULA, sarebbe pari a 12,55; il c.d. incremento occupazionale complessivo non sarebbe dunque verificato. E ciò, si precisa, nonostante nel periodo agevolabile Alfa abbia incrementato anche il numero dei lavoratori stagionali estivi; questi ultimi, infatti, non sarebbero in forza alla data di chiusura dell’esercizio e quindi non sarebbero considerati ai fini della verifica delle condizioni per l’annualità 2024. Alfa non avrebbe quindi diritto all’agevolazione fiscale.

Tale dinamica risulta pregiudizievole per Alfa, in quanto, pur in presenza di un incremento dei lavoratori a tempo indeterminato, il ricorso alla forza di lavoro stagionale estiva – richiesto dalla natura dell’attività svolta – impedirebbe l’accesso all’agevolazione fiscale. Il risultato è una rappresentazione falsata della dinamica occupazionale, con un’ingiusta esclusione dal beneficio per le imprese la cui forza lavoro subisce variazioni periodiche in relazione all’andamento ciclico dell’attività.

Questa considerazione sarebbe peraltro avvalorata se si tenesse conto della situazione di un’altra impresa, Beta, anch’essa operante nel settore alberghiero, ma in una località turistica frequentata prevalentemente nei mesi invernali: la situazione cambierebbe diametralmente.

Ipotizzando le stesse dinamiche del personale dipendente esposte nell’esempio precedente, con l’unica differenza che i lavoratori stagionali assunti nel 2023 risultano occupati per il medesimo numero di giorni ma nel periodo invernale (ad esempio nei mesi di gennaio, febbraio, novembre e dicembre 2023), la verifica delle 2 condizioni necessarie per la fruizione del beneficio fiscale porterebbe a un risultato differente: l’incremento occupazionale risulterebbe verificato, considerando che alla data del 31 dicembre 2024 il numero di lavoratori a tempo indeterminato risulta pari a 6, a fronte di una media di 4 nel periodo precedente. Allo stesso modo, l’incremento occupazionale complessivo sarebbe verificato, in quanto il numero complessivo dei lavoratori dipendenti in forza al 31 dicembre 2024 risulterebbe pari a 56 (50 stagionali + 6 a tempo indeterminato), a fronte di una media del periodo precedente pari a 12,55. L’agevolazione per incremento occupazionale spetterebbe.

L’impostazione della norma, quindi, sebbene coerente con l’intento di incentivare l’incremento stabile dell’occupazione, rischia in concreto di penalizzare ingiustamente le società che operano in settori con alta incidenza di lavoro stagionale, determinando, peraltro, all’interno di tale categoria di soggetti, un trattamento differenziato in ragione delle peculiarità del luogo e del periodo in cui viene svolta l’attività.

Ciononostante, in forza dell’attuale dettato normativo e dell’assenza di interventi di prassi chiarificatori, e considerato il disposto del D.M. 25 giugno 2024 con particolare riguardo alle modalità di calcolo delle ULA, nonché la ratio istitutiva dell’agevolazione, a oggi non si può che constatare l’impossibilità di sterilizzare l’effetto distorsivo della stagionalità estiva nel calcolo dell’incremento occupazionale complessivo e quindi la teorica inapplicabilità del beneficio fiscale per i soggetti caratterizzati da tale dinamica occupazionale, ferma restando la necessità di analizzare caso per caso la concreta sussistenza delle condizioni previste dalla norma.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare tributaria”.