7 Ottobre 2025

No alla cedolare secca se l’inquilino è una impresa

di Gianfranco Antico
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La scheda di FISCOPRATICO

Il regime facoltativo della cedolare secca – introdotto dall’art. 3, D.Lgs. n. 23/2011 – si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile), senza assolvimento dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione (cfr. i provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 7 aprile 2011 e del 10 gennaio 2014 e le circolari n. 26/E/2011 e n. 20/E/2012).

L’opzione può essere esercitata per unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10 – uffici o studi privati), locate a uso abitativo e per le relative pertinenze, affittate congiuntamente all’abitazione. Sono esclusi, altresì, dall’applicazione della norma in esame anche i contratti di locazione di immobili accatastati come abitativi, ma locati per uso ufficio o promiscuo.

Può aderire alla cedolare secca anche chi si avvale del regime delle locazioni brevi, cioè per quei contratti di locazione di immobile a uso abitativo, di durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa.

Dal 2021 è possibile utilizzare la cedolare secca solo se nell’anno si destinano a questa finalità al massimo quattro appartamenti; oltre tale soglia, l’attività, da chiunque esercitata, si considera svolta in forma imprenditoriale.

Il regime opzionale può essere esercitato anche per le unità immobiliari abitative locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro di cui al libro I, Titolo II del Codice civile, purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione.

Il nudo proprietario, pur avendo la disponibilità materiale di una parte dell’immobile, gravato di usufrutto a favore della madre, che intende locare a terzi, non può usufruire del regime della cedolare secca, atteso che tale disciplina è alternativa rispetto a quella ordinaria di tassazione del reddito fondiario, il cui reddito ai fini dell’IRPEF, non è imputato al nudo proprietario (risposta a interpello n. 216/E/2023).

Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti la cedolare secca si applica l’aliquota del 21%. Per i contratti stipulati secondo le disposizioni di cui agli art. 2, comma 3, e 8, Legge n. 431/1998, relativi ad abitazioni ubicate nei Comuni di cui all’art. 1, comma 1, lett. a) e b), D.L. n. 551/1988, conv. con modif., Legge n. 61/1989, e negli altri Comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, l’aliquota della cedolare secca calcolata sul canone pattuito dalle parti è ridotta al 10%.

Il locatore ha comunque la facoltà di revocare l’opzione in ciascuna annualità contrattuale successiva a quella in cui è stata esercitata. Così come è sempre possibile esercitare nuovamente l’opzione, nelle annualità successive alla revoca, rientrando nel regime della cedolare secca.

La revoca deve essere effettuata entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente e comporta il versamento dell’imposta di registro, eventualmente dovuta.

In caso di proroga del contratto, è necessario confermare l’opzione della cedolare secca contestualmente alla comunicazione di proroga. La conferma dell’opzione deve essere effettuata nel termine previsto per il versamento dell’imposta di registro, cioè entro 30 giorni dalla scadenza del contratto o di una precedente proroga.

L’imposta di registro non è dovuta nell’ipotesi di risoluzione del contratto, se tutti i locatori hanno optato per il regime della cedolare secca. Tuttavia, è necessario comunicare la risoluzione anticipata presentando all’ufficio dove è stato registrato il contratto il modello RLI debitamente compilato.

Il reddito sottoposto a cedolare è escluso dal reddito complessivo e sul reddito assoggettato a cedolare e sulla cedolare stessa non possono essere fatti valere rispettivamente oneri deducibili e detrazioni.

Sul tema si è aperto un vivace dibattito in ordine all’applicabilità o meno del regime nel caso in cui l’inquilino sia una impresa o un professionista.

Per l’Agenzia delle Entrate il regime della cedolare non può essere applicato ai contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti.

Diversamente si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 12395/7 maggio 2024. Gli Ermellini, dopo aver ricostruito il dettato normativo, ritengono che il Legislatore abbia attribuito esclusivamente al locatore la possibilità di optare per il regime tributario della cedolare secca, senza che il conduttore possa in alcun modo incidere su tale scelta. Pertanto, l’esclusione deve essere riferita solo «alle locazioni di unità immobiliari effettuate dal locatore nell’esercizio della sua attività di impresa o della sua arte/professione, restando, invece, irrilevante la qualità del conduttore e la riconducibilità della locazione, laddove ad uso abitativo, alla attività professionale del conduttore (ad esempio, come avvenuto nel caso di specie, per esigenze di alloggio dei suoi dipendenti)». In questo senso, per i giudici di Piazza Cavour «depone non solo la lettera, ma anche la ratio della legge, che non è solo quella di contrastare l’evasione fiscale, ma anche quella di facilitare il reperimento di immobili ad uso abitativo (esigenza che può sorgere anche nell’esercizio delle attività imprenditoriali, arti o professioni, che sempre più spesso avvengono lontano dal luogo di residenza/sede o sono dislocate in plurimi contesti territoriali) e quella di sostenere la conservazione del patrimonio immobiliare, che richiede periodiche spese di manutenzione straordinaria».

Tale prima pronuncia non ha convinto l’Agenzia delle Entrate, che nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03773, del 26 marzo 2025, presentata in Commissione Finanze alla Camera, ha confermato la propria posizione, espressa nella circolare n. 26/E/2011 (par. 1.2), dove – tenuto conto che la norma consente l’applicazione della cedolare secca solo per gli immobili abitativi locati con finalità abitative, escludendo quelle effettuate nell’esercizio di un’attività di impresa, o di arti e professioni – è stato affermato che «occorre porre rilievo, al fine di valutare i requisiti di accesso al regime, anche all’attività esercitata dal locatario ed all’utilizzo dell’immobile locato».

E il no alla cedolare secca per l’inquilino-impresa è stato confermato dal Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti nel corso del question time in Aula al Senato del 24 settembre 2025, all’indomani delle ordinanze della Corte di Cassazione (n. 12076/2025 e n. 12079/2025vvvv), confermative del precedente orientamento espresso.

Non ci resta, quindi, che attendere un pronunciamento a SS.UU., auspicato da più parti, per chiudere la querelle.