6 Ottobre 2025

La tassazione delle plusvalenze di immobili “Superbonus”: la posizione della FNC

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Con un documento del 1° luglio 2025, la Fondazione Nazionale Commercialisti offre una disamina analitica e dettagliata della disciplina fiscale relativa alle plusvalenze su immobili oggetto di interventi agevolati con il c.d. Superbonus (nuova lett. b-bis), art. 67, TUIR), ponendo attenzione sulle principali criticità interpretative e applicative sorte dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni ex Legge n. 213/2023, e successive prassi dell’Agenzia delle Entrate.

 

Aspetti generali e quadro normativo

Con l’art. 1, commi 64-66, Legge n. 213/2023, è stata aggiunta all’art. 67, TUIR, la nuova lett. b-bis), con cui trova la disciplina una nuova fattispecie impositiva ai fini delle imposte sui redditi, riferita alle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di immobili sui quali il cedente (o altri aventi diritto) abbia realizzato interventi agevolati fruendo del c.d. Superbonus di cui all’art. 119, D.L. n. 34/2020, purché tali interventi si siano conclusi da non più di 10 anni alla data di cessione. La disposizione si caratterizza per un regime di tassazione intensificato e sganciato sia dalla percentuale di agevolazione goduta (110%, 90%, 70%, 65%), sia dalla modalità di fruizione (detrazione diretta, cessione del credito, sconto in fattura), nonché dalla durata del possesso dell’immobile, atteso che l’unico parametro temporale rilevante è il termine decennale decorrente dalla conclusione dei lavori agevolati. Inoltre, la norma prevede specifiche esclusioni dall’imposizione, riguardanti gli immobili acquisiti per successione e quelli adibiti ad abitazione principale del cedente (o dei familiari) per la maggior parte dei 10 anni antecedenti la cessione, o, se il possesso è inferiore, per la maggior parte del periodo di possesso.

Le modalità di determinazione della “nuova” plusvalenza di cui alla lett. b-bis), sono contenute nel comma 1, art. 68, TUIR, secondo cui:

− il costo di acquisto, o di costruzione (unitamente agli oneri accessori), da contrapporre al corrispettivo di vendita, deve essere rivalutato su base ISTAT se l’acquisto o la costruzione risalgono a oltre 5 anni prima della cessione;

− qualora l’immobile sia stato acquisito per donazione, si assume come costo di acquisto o di costruzione quello sostenuto dal donante, aumentato dell’imposta di donazione, nonché di ogni altro costo inerente.

Per quanto riguarda i costi sostenuti per gli interventi di “ristrutturazione” per i quali si è beneficiato del c.d. Superbonus, il documento della FNC giustamente ricorda la distinzione che deve essere effettuata tra:

− spese per le quali si è beneficiato del c.d. Superbonus nella misura del 110%, mediante opzione di cessione o sconto in fattura. Tali spese non possono essere portate a incremento del costo di acquisto o di costruzione (e, pertanto, non decrementano l’imponibile), per il loro intero ammontare se all’atto della cessione gli interventi non risultano conclusi da più di 5 anni, ovvero per il 50% del loro ammontare se all’atto della cessione i lavori risultano conclusi da oltre 5 anni;

− spese per le quali si è beneficiato del c.d. Superbonus nella misura del 110% con utilizzo della detrazione in dichiarazione (rateizzata in 10 quote), ovvero nelle misure “ridotte” del 90%, 70%, o 65%, a prescindere dall’utilizzo del credito (opzione per la cessione o sconto in fattura, o utilizzo diretto in dichiarazione).

 

I chiarimenti della circolare n. 13/E/2024

Con la circolare n. 13/E/2024, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito alla nuova fattispecie impositiva di cui alla lett. b-bis), art. 67, TUIR. Il documento della FNC riassume i seguenti principali aspetti:

− il nuovo presupposto imponibile contenuto nella lett. b-bis), art. 67, TUIR, si può realizzare solo a seguito della prima cessione intervenuta successivamente all’esecuzione dei lavori, e non anche nelle successive cessioni (fatte salve eventuali situazioni di interposizione fittizia di cui all’art. 37, comma 3, D.P.R. n. 600/1973);

− nel caso di cessione di fabbricati inseriti in un contesto condominiale (singolo appartamento ad esempio), il nuovo presupposto di tassazione si integra non solo quando i lavori sono stati eseguiti all’interno della singola unità immobiliare, ma anche quando gli interventi hanno riguardato le parti comuni degli edifici;

− la data di conclusione dei lavori, quale termine iniziale per la decorrenza dei 10 anni, è comprovata dalle abilitazioni amministrative o dalle comunicazioni richieste dalla normativa urbanistica e dai regolamenti edilizi vigenti.

 

Altri chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Il documento della Fondazione ricorda inoltre gli ulteriori chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate in merito alla nuova fattispecie impositiva.

Si tratta dei seguenti documenti di prassi:

− risposta a interpello n. 156/E/2024: esaminando il caso specifico di una cessione con patto di riservato dominio, l’Agenzia delle Entrate conferma che il termine finale da prendere in considerazione per le verifica del decorso dei 10 anni rispetto alla data di ultimazione dei lavori, è quello in cui avviene il pagamento dell’ultima rata (in cui vi è il passaggio di proprietà), e non quello, antecedente, della stipula del rogito di compravendita;

− risposta a interpello n. 157/E/2024: esaminando il caso specifico di un immobile acquisito per usucapione, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il prezzo di acquisto da assumere ai fini della determinazione della plusvalenza, è rappresentato dal valore della sentenza dichiarativa di usucapione, aumentato dei costi inerenti;

− risposta a interpello n. 208/E/2024: nel caso in cui al cedente l’immobile sia pervenuto per successione, sia pure limitatamente a una quota dello stesso, opera l’esclusione della tassazione della plusvalenza (in tal caso risulterà imponibile la sola plusvalenza relativa alla quota di proprietà del cedente diversa da quella ricevuta in successione, determinata in misura proporzionale all’intera quota di proprietà posseduta).

 

Ambito applicativo ed esclusioni: successione, donazione e abitazione principale

Nel documento della FNC sono poi analizzate alcune casistiche che presentano delle criticità, soprattutto con riferimento alle seguenti ipotesi: immobili acquisiti per successione con intervento eseguito dall’erede e successivamente rivenduto dallo stesso, immobili ricevuti per donazione ed esclusione per l’abitazione principale.

 

Immobili acquisiti per successione

Uno dei profili interpretativi più rilevanti riguarda la cessione di immobili acquisiti mortis causa. La circolare n. 13/E/2024 e la risposta a interpello n. 208/E/2024, confermano che le plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili acquisiti per successione sono escluse ex lege dal nuovo presupposto impositivo. Questa esclusione, secondo la Fondazione, opera anche nell’ipotesi in cui gli interventi agevolati siano stati effettuati dall’erede dopo l’acquisizione per successione. Tuttavia, se l’immobile è acquisito solo pro quota per successione, come già anticipato l’esclusione si applica limitatamente alla quota ereditata, mentre la restante quota è soggetta a tassazione secondo la nuova disciplina.

 

Immobili ricevuti per donazione

Secondo la Fondazione, l’esclusione di cui sopra non si estende agli immobili ricevuti per donazione, atteso che questi rientrano nell’ambito applicativo della lett. b-bis), con una disciplina peculiare per la determinazione del costo fiscale rilevante. In caso di cessione da parte del donatario, si assume come costo di acquisto quello sostenuto dal donante, aumentato dell’imposta sulle donazioni e di ogni altro costo inerente successivo. Permangono dubbi interpretativi sull’assoggettamento a tassazione delle cessioni di immobili i cui interventi agevolati siano stati effettuati dal donante prima della donazione: in linea generale, la lettera della norma parrebbe non attrarre tali fattispecie, se il donatario non è stato beneficiario diretto degli interventi agevolati.

 

Cessione dell’abitazione principale

Particolarmente rilevante è l’esclusione per gli immobili adibiti ad abitazione principale del cedente (o dei suoi familiari) per la maggior parte dei 10 anni antecedenti la cessione (o, se il possesso è inferiore a 10 anni, per la maggior parte del periodo di possesso). Si ritiene che la verifica di tale requisito richieda un’attenta ricostruzione della destinazione effettiva del bene e delle condizioni soggettive di utilizzo da parte dei membri del nucleo familiare, secondo gli indirizzi consolidati di prassi e giurisprudenza.

 

Sismabonus acquisti e cessione del fabbricato

L’art. 16, comma 1-bis, D.L. n. 63/2013, prevede la detrazione c.d. Sismabonus sulle spese sostenute per interventi di riduzione del rischio sismico su immobili ubicati nelle zone sismiche 1, 2 o 3. Tuttavia, se il soggetto che esegue i lavori è un’impresa di costruzione o ristrutturazione immobiliare, mediante demolizione e ricostruzione di un edificio di sua proprietà, ottenendo una riduzione di almeno una classe di rischio sismico dell’edificio, il comma 1-septies, stabilisce che la detrazione possa essere fruita dal soggetto che acquista dall’impresa le singole unità immobiliari site nell’edificio sulle spese sostenute per detto acquisto.

Secondo la Fondazione, se è pacifico che le cessioni di unità immobiliari, su cui il cedente o altri aventi diritto hanno sostenuto spese che danno diritto di fruire del c.d. Sismabonus (di cui all’art. 16, commi 1-bis, 1-quater o 1-quinquies, TUIR), rientrano nel perimetro di applicazione dell’art. 67, lett. b-bis), TUIR, non altrettanto può dirsi per le cessioni di unità immobiliari che sono state acquistate dal cedente o altri aventi diritto con la detrazione c.d. Sismabonus acquisti. Sul punto, la Fondazione ricorda che il tema è stato superato con la risposta a interpello n. 137/E/2025, con cui l’Agenzia delle Entrate ha negato la riconducibilità all’ambito applicativo della lett. b-bis), della cessione di un’unità immobiliare acquisita dal cedente fruendo della detrazione c.d. Sismabonus acquisti nella versione Superbonus. Resta fermo, precisa la Fondazione, che la rivendita dell’unità immobiliare acquisita con il sismabonus acquisti, entro 5 anni dall’acquisto, è assoggettata a tassazione secondo la fattispecie ordinaria di cui alla lett. b), art. 67, TUIR.

 

Interventi c.d. Superbonus senza trasformazione urbanistica ed edilizia

L’art. 119, D.L. n. 34/2020, richiede, ai fini della spettanza della detrazione, il raggiungimento di determinati risultati (la riduzione di 2 classi energetiche, ovvero la riduzione del rischio sismico dell’edificio) indipendentemente dal fatto che tale obiettivo sia raggiunto con interventi comportanti una trasformazione urbanistica o edilizia, oppure la mera sostituzione di alcuni elementi tecnologici dell’edificio quali, ad esempio, i serramenti o la caldaia.

Dal canto suo, l’art. 67, lett. b-bis), TUIR, quale presupposto per assoggettare a tassazione la plusvalenza derivante dalla cessione del fabbricato, fa riferimento agli immobili sui quali siano stati eseguiti gli interventi agevolati di cui all’art. 119, D.L. n. 34/2020, e quindi anche quelli aventi a oggetto la mera sostituzione di singoli elementi dell’edificio. Sul punto, la circolare n. 13/E/2024, precisa che non rileva: «la tipologia d’interventi (trainanti o trainati) effettuati in relazione all’immobile oggetto di cessione; in altri termini, non occorre, ai fini della verifica della sussistenza del presupposto impositivo di cui alla lettera b-bis) sopra citata, che sulla singola unità immobiliare siano stati effettuati anche interventi trainati, ma è sufficiente la circostanza che siano stati effettuati interventi ammessi al Superbonus sulle parti comuni dell’edificio di cui fa parte l’unità immobiliare ceduta a titolo oneroso».

Pertanto, sottolinea la Fondazione, poiché sia la norma che la prassi individuano come presupposto impositivo l’esecuzione di interventi agevolati di cui all’art. 119, D.L. n. 34/2020, a prescindere dalla tipologia degli stessi, la cessione di un immobile riqualificato tramite un intervento riconducibile all’ art. 119, che non comporti una trasformazione urbanistica ed edilizia (ad esempio la semplice sostituzione della caldaia o degli infissi), fa scattare i presupposti di tassazione della plusvalenza in base alla lett. b-bis), art. 67, TUIR.

 

Cessione dell’immobile prima della fine dei lavori

Una delle questioni centrali sollevate nel documento della Fondazione riguarda la sorte della cessione effettuata prima della conclusione dei lavori agevolati con il c.d. Superbonus. Il principio evidenziato, e coerente con la ratio della norma, è che in assenza di “fine lavori”, non si verifica il presupposto per la tassazione: la plusvalenza non è imponibile secondo la nuova disciplina della lettera b-bis) dell’art. 67, TUIR.

Questa interpretazione è puntualmente supportata dalla circolare n. 13/E/2024, che sottolinea come il momento decisivo per far scattare la tassazione sia la fine effettiva dei lavori, opportunamente formalizzata tramite comunicazione agli enti competenti, collaudo o altri titoli abilitativi. Si tratta di un principio rilevante sia per le operazioni tra privati che per i professionisti coinvolti nel supporto alle transazioni: la documentazione relativa al procedimento urbanistico diventa elemento centrale per evitare accertamenti e contestazioni.

Nella prassi, inoltre, può essere decisivo il comportamento degli operatori: cessioni effettuate strumentalmente prima della presentazione della comunicazione di fine lavori sono oggetto di attenzione per il rischio di elusione, ma allo stato dei fatti il parametro rimane la conclusione dei lavori formalizzata agli enti, senza presunzioni o anticipazioni.

Un aspetto innovativo commentato nel documento della Fondazione è la “clausola di salvaguardia” prevista dal D.L. n. 212/2023, che consente di mantenere i benefici Superbonus anche in caso di mancata ultimazione dell’intervento, qualora siano stati presentati SAL fino al 31 dicembre 2023. Sebbene questa deroga eviti la revoca delle agevolazioni già fruite, non incide sulla disciplina delle plusvalenze: la cessione di immobili su cui i lavori non sono conclusi non genera plusvalenza tassabile ex lett. b-bis), poiché manca il presupposto della “fine lavori”. Resta applicabile, invece, la lett. b), art. 67, TUIR, nel caso la rivendita avvenga nel quinquennio dall’acquisto, e in tal caso i costi “incrementativi” (anche parziali relativi agli interventi Superbonus) concorrono alla formazione del prezzo di acquisto.

La Fondazione, con esempi pratici, ribadisce che solo la conclusione definitiva dell’intervento, e non i SAL intermedi, può generare la decorrenza del periodo decennale e la rilevanza della plusvalenza ai fini IRPEF. La vendita tra un SAL e la fine lavori evita dunque tassazione secondo la nuova disciplina, ma rimane coperta dai presupposti di quella precedente.

 

Cessione tramite il contratto di rent to buy

Nel documento della Fondazione si dedica particolare attenzione al caso della cessione tramite il contratto di “rent to buy” nel contesto della disciplina sulla tassazione delle plusvalenze immobiliari sorte a seguito di lavori agevolati con il c.d. Superbonus.

Il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, noto come “rent to buy”, è stato introdotto nell’ordinamento italiano dall’art. 23, D.L. n. 133/2014 (convertito con modifiche dalla Legge n. 164/2014) e prevede il trasferimento immediato del godimento dell’immobile al conduttore, con possibilità di successivo acquisto entro un termine fissato, imputando in tutto o in parte i canoni corrisposti al prezzo di vendita. Questo schema contrattuale si distingue dalla locazione finanziaria (leasing) e trova crescente applicazione, specie per agevolare l’accesso alla proprietà in contesti caratterizzati da incertezza economica o difficoltà di accesso al credito.

Nell’ambito della disciplina delle plusvalenze su immobili oggetto di interventi c.d. Superbonus, il principale punto interrogativo è la collocazione temporale del presupposto impositivo rispetto agli effetti traslativi della proprietà generati dai contratti “rent to buy”. La lett. b-bis), art. 67, comma 1, TUIR, prevede, infatti, la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di immobili sui quali il cedente (o altri aventi diritto) abbiano effettuato interventi agevolati, se conclusi da non più di 10 anni al momento della cessione. Il fulcro interpretativo ruota quindi attorno a 2 elementi:

− momento in cui si produce l’effetto traslativo del bene;

− nel caso in cui i lavori agevolati siano terminati entro il decennio, se la cessione diventa imponibile secondo il nuovo regime Superbonus.

La Fondazione analizza correttamente il parallelismo con la prassi dell’Agenzia delle Entrate relativa alla vendita con riserva di proprietà (artt. 1523 ss., c.c.), come affrontato nella risposta a interpello n. 156/E/2024. In tale fattispecie, seppur la stipula del contratto intervenga anticipatamente, la proprietà dell’immobile si trasferisce solo con il pagamento dell’ultima rata del prezzo. È quindi in questo momento finale che si verificano gli effetti traslativi e, di conseguenza, la rilevanza fiscale in tema di plusvalenze.

Allo stesso modo, anche nel “rent to buy” l’acquisto della proprietà avviene quando (e se) il conduttore esercita l’opzione di acquisto. L’effetto traslativo risulta pertanto posticipato rispetto alla fase di godimento, e può avvenire potenzialmente molti anni dopo la stipula iniziale del contratto.

Va sottolineato che, nel caso affrontato dal documento, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che, se al momento dell’effettivo trasferimento della proprietà (esercizio dell’opzione o pagamento dell’ultima rata, nel caso di vendita con riserva di proprietà) sono trascorsi oltre 10 anni dalla conclusione dei lavori agevolati con il Superbonus, la cessione non rientra nell’ambito di applicazione della nuova disciplina sulle plusvalenze “uscendo” dal monitoraggio decennale.

Questa impostazione si estende logicamente anche al caso del “rent to buy”: non rilevano né la stipula del contratto iniziale di godimento, né il periodo di utilizzo fatto dal conduttore, ma unicamente il momento in cui si produce l’effettivo trasferimento della proprietà. Solo in quel frangente dovrà essere verificato se è decorso o meno il decennio dalla fine dei lavori Superbonus, e solo allora può sorgere, o meno, il presupposto della nuova imposizione sulle plusvalenze.

Il commento del documento evidenzia come questa disciplina crei una possibile zona di neutralità fiscale nei contratti di “rent to buy” relativi a immobili oggetto di lavori Superbonus. In pratica, questa tempistica di formazione del presupposto impositivo può avere un impatto importante sia sulle strategie dei contribuenti, sia sulle valutazioni di rischio (fiscale e contrattuale) delle parti coinvolte, con particolare riguardo ai seguenti aspetti:

− differimento della tassazione: qualora la cessione vera e propria, a seguito di esercizio del diritto di acquisto, avvenga dopo la fine del periodo decennale dal termine dei lavori, la plusvalenza non potrà essere tassata secondo la nuova disciplina Superbonus, anche se, nel frattempo, il conduttore ha goduto dell’immobile per diversi anni;

− individuazione del dies a quo: il sistema fiscale, di fatto, pone particolare attenzione agli aspetti formali (data del trasferimento di proprietà) anziché a quelli sostanziali (godimento o utilizzo dell’immobile già oggetto di valorizzazione con lavori Superbonus).

− opportunità e rischi di elusione: il documento richiama la necessità di vigilare su ipotesi di abusi, ad esempio con la stipula di lunghi contratti “rent to buy” solo per uscire dalla finestra decennale di monitoraggio e aggirare la tassazione della plusvalenza. In tali circostanze, restano applicabili gli strumenti di contrasto all’elusione e all’interposizione fittizia, come previsti dall’art. 10-bis, Legge n. 212/2000, e dall’art. 37, comma 3, D.P.R. n. 600/1973, anche se, in assenza di elementi oggettivi, la mera dilatazione temporale dei contratti non è di per sé indice di abuso.

Ulteriore punto di riflessione riguarda il coordinamento tra la determinazione della plusvalenza imponibile — qualora sia dovuta — e il computo dei costi “incrementativi” sostenuti, specie nel caso in cui una parte dei canoni “rent to buy” sia imputata al prezzo futuro. Secondo la disciplina fiscale, il costo d’acquisto da porre a confronto con il corrispettivo di cessione deve tener conto del prezzo effettivamente incassato, dei costi connessi emergenti dai titoli di godimento (inclusi eventuali canoni imputati al prezzo), e dei costi incrementativi legati agli interventi agevolati (secondo le percentuali e modalità specifiche per i diversi regimi). In questi casi, l’esatta qualificazione delle componenti economiche che confluiscono nel prezzo finale, e delle tempistiche di maturazione dei presupposti fiscali, merita analisi puntuale caso per caso per evitare errori o contestazioni.

 

Considerazioni finali

La disciplina della tassazione delle plusvalenze su immobili oggetto di interventi agevolati con il c.d. Superbonus, come delineata dalla normativa attualmente vigente nonché dagli interventi di prassi dell’Agenzia delle Entrate, si configura come un tema di straordinaria complessità e attualità nel panorama della fiscalità immobiliare italiana. L’analisi dettagliata del documento mette in luce un quadro normativo articolato, in cui la finalità antielusiva, la necessità di presidio sulle operazioni speculative e il coordinamento con le diverse tipologie di agevolazioni si intrecciano, determinando questioni applicative che richiedono un approccio tecnico e una costante attenzione alle evoluzioni della prassi interpretativa.

Da un lato, la nuova fattispecie di tassazione ex art. 67, comma 1, lett. b-bis), TUIR, si inserisce nel solco delle politiche di contrasto all’utilizzo improprio degli incentivi edilizi e alla speculazione immobiliare, mirando a ricondurre a tassazione l’incremento di valore generato dagli interventi agevolati per la prima cessione intervenuta entro 10 anni dalla conclusione dei lavori. La ratio della norma va colta nella volontà del Legislatore di ricondurre all’ordinamento tributario i maggiori valori generati da politiche agevolative massicce, in particolare laddove la fruizione del c.d. Superbonus abbia determinato un beneficio fiscale significativo e un contestuale incremento patrimoniale.

Dall’altro lato, il perimetro applicativo della norma presenta una serie di esclusioni e salvaguardie, pensate per tutelare talune casistiche caratterizzate da finalità non speculative. In particolare, risultano esclusi dal nuovo presupposto impositivo gli immobili acquisiti per successione – indipendentemente dalla circostanza che il beneficiario degli interventi sia il de cuius o l’erede, e anche se i lavori vengano eseguiti dall’erede dopo la successione – nonché quelli adibiti ad abitazione principale del cedente o dei familiari per la maggior parte del periodo decennale antecedente la cessione. La logica sottesa è quella di premiare il radicamento abitativo, di evitare la tassazione del passaggio intergenerazionale e di circoscrivere il fenomeno oggetto di presidio al solo comparto delle operazioni a contenuto speculativo.

L’applicazione della disciplina pone l’operatore di fronte a una pluralità di adempimenti documentali e tecnici: dalla corretta individuazione della data di conclusione dei lavori – che rappresenta il dies a quo del monitoraggio decennale – all’accertamento delle modalità di fruizione delle agevolazioni (detrazione, cessione del credito, sconto in fattura), dalla determinazione del costo fiscale incrementato alle esclusioni per successione, donazione e altre fattispecie particolari. In tale contesto, la documentazione urbanistica (permessi, SCIA, CILAS, fine lavori, comunicazione ENEA, collaudi statici) assume un ruolo fondamentale, fungendo da presidio oggettivo in assenza di elementi sostanziali certi.

La prassi amministrativa tende a chiarire e interpretare dubbie casistiche – come la cessione di immobili acquistati con il c.d. Sismabonus acquisti, i contratti di rent to buy, la vendita con riserva di proprietà – e ciò contribuisce a ridurre i margini di incertezza. Tuttavia, permangono profili di opacità, specie laddove le operazioni si articolano in più fasi, come nel caso di SAL intermedi, cessioni ante fine lavori, od operazioni concatenate a successioni o donazioni. L’eventuale ritardo strumentale nella presentazione della comunicazione di fine lavori pone delicati interrogativi in ambito antielusivo, ove l’Amministrazione finanziaria può attivare presidi di contrasto in presenza di condotte elusive o interposizione fittizia.

Tale quadro si traduce, in chiave operativa, in una forte necessità di pianificazione preventiva, presidio documentale e aggiornamento costante, particolarmente per i professionisti coinvolti (notai, commercialisti, consulenti fiscali, tecnici), che dovranno affiancare il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi, nella scelta tra regime ordinario e tassazione sostitutiva al 26%, nel reperimento e nella conservazione della documentazione attestante la conclusione dei lavori e la natura del beneficio fruito. L’evoluzione della normativa e della prassi interpretativa dovrà continuare a tenere conto dei rischi di incertezza, dei possibili impatti in termini di tassazione indiretta e della coerenza con altre misure agevolative. Sarà compito del Legislatore e dei soggetti istituzionali contribuire alla progressiva riduzione dei margini di discrezionalità, fornendo chiarimenti uniformi, modelli documentali standardizzati e, ove possibile, semplificazioni procedurali.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Bilancio, vigilanza e controlli”.