La gestione fiscale delle differenze di cambio da valutazione con operazioni di copertura rischio di cambio
di Fabio LanduzziL’intervento normativo introdotto dal D.Lgs. n. 192/2024, con la soppressione dell’art. 110, comma 3, TUIR, con cui viene data rilevanza fiscale alle differenze cambio di valutazione delle partite monetaria in valuta, produce riflessi indiretti anche in relazione alla gestione delle operazioni di copertura del rischio di cambio. Da una parte, rimane del tutto inalterata la disciplina fiscale applicabile agli strumenti finanziari derivati nei casi in cui lo strumento sia denominato in valuta e la sua valutazione determini, a fine anno, l’iscrizione della valorizzazione del derivato regolata, ai fini fiscali, dall’art. 112, TUIR.
La soppressione dell’art. 110, comma 3, TUIR, ha, tuttavia, cancellato il collegamento in precedenza esistente tra le differenze cambio relative ai crediti/debiti in valuta – le operazioni coperte – e la valutazione di fine esercizio dei derivati di copertura, in forza del quale le differenze cambio delle attività/passività coperte divenivano fiscalmente rilevanti quando i correlati derivati di copertura erano valutati in modo coerente.
Venendo ora meno questa disposizione di collegamento, si rende, quindi, giocoforza applicabile la regola generale dell’art. 112, comma 4, TUIR: in presenza di derivati di copertura del rischio cambio relativo a elementi monetari, la disciplina fiscale delle variazioni di fair value del derivato dipendono dal regime fiscale delle differenze cambio degli elementi coperti. Per cui, se le partite coperte si riferiscono a crediti/debiti in valuta, le cui differenze cambio di valutazione sono ora fiscalmente rilevanti, lo saranno pure le oscillazioni di valore dei derivati di copertura. Si può, quindi, concludere che, sebbene sulla base di un percorso normativo differente, il risultato finale non cambia rispetto alla situazione precedente alla cancellazione del comma 3 dell’art. 110, TUIR.
Un caso particolare può essere, però, quello dei crediti/debiti in valuta che vengono a loro volta utilizzati come strumenti designati per la copertura del rischio di cambio. Infatti, il Principio contabile OIC 26, al par. 48 ss., prevede che la liquidità e i crediti/debiti in valuta possano essere designati, in tutto o in parte, per la copertura del rischio cambi quando riferito a operazioni programmate o operazioni altamente probabili espresse nella stessa valuta. Può essere il caso, tutt’altro che infrequente nella pratica, in cui si prevede di effettuare delle cessioni di beni in valuta da cui si attende, quindi, un flusso di pagamenti in entrata, e in cui si decide di coprire il relativo rischio cambio mediante la speculare accensione di un finanziamento, espresso nella stessa valuta, per l’importo che si prevede di incassare.
L’OIC 26 prevede che lo strumento di copertura – che in questo caso sarebbe il debito finanziario – debba essere valutato al cambio a pronti di fine esercizio e che il differenziale rispetto al cambio storico debba essere imputato in un’apposita riserva nel patrimonio netto, la quale sarà poi rigirata a conto economico per integrare i costi/ricavi dell’operazione sottostante (la cessione di beni). La modalità di contabilizzazione in questo caso riflette, quindi, quella del derivato di copertura di cash flow hedge.
In questo contesto, se prima dell’abrogazione dell’art. 110, comma 3, TUIR, non vi erano dubbi circa l’irrilevanza fiscale delle differenze cambio di valutazione in questione, poiché riferite a partite monetarie, ora con il venire meno di questa norma si è posto il tema di come trattare ai fini fiscali questi differenziali che affluiscono e defluiscono dalla riserva di patrimonio netto.
Affrontando il tema, Assonime, nella circolare n. 20/2025, evidenzia come se fosse attribuita rilevanza fiscale alle differenze cambio al momento stesso della loro imputazione a riserva, potrebbero verificarsi delle distorsioni poco coerenti con la funzione di copertura a cui queste operazioni sono preordinate.
Proprio con riguardo al caso della cessione che genera ricavi in valuta e flussi di pagamento in entrata differiti, la differenza cambio di valutazione emergente a fine anno sul finanziamento in valuta (che sarebbe l’operazione utilizzata per la copertura) assumerebbe la veste di una operazione autonoma che genererebbe un componente economico di natura finanziaria, mentre i ricavi di vendita concorrerebbero a formare il reddito imponibile in misura pari al loro controvalore in euro senza tener conto dell’effetto di copertura. Per evitare queste asimmetrie, Assonime propone, quindi, come soluzione più adeguata al caso di specie quella di continuare ad assumere che le differenze cambio di fine esercizio relative a crediti e debiti in valuta che sono stati designati per la copertura (e che sono imputate alla riserva di patrimonio netto), diventino fiscalmente rilevanti solo al momento del loro realizzo.


