19 Settembre 2025

I conferimenti di studi professionali non regolamentati dal sistema ordinistico

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

La costituzione di uno studio associato è ancora possibile oggi, dopo che la normativa – che ha introdotto le STP nel nostro ordinamento societario – ha abrogato la disciplina della Legge n. 1815/1939? E ancora, oggi è possibile costituire realtà associate professionali cui partecipano soggetti non iscritti in Ordini o Albi? E se la risposta a queste domande fosse positiva, quali sono le implicazioni fiscali, laddove 2 singoli professionisti conferiscano la propria attività in uno studio associato?

La risposta a tali interrogativi è oggi sempre più cogente, vista la diffusione di nuove professioni per le quali non è previsto un Ordine professionale, quali le figure di web manager o influencer per citare alcune professioni emergenti, ma anche amministratori di condominio, che da sempre svolgono un ruolo centrale nella gestione di agglomerati abitativi.

In primo luogo, occorre chiarire quale sia la portata della abrogazione della Legge n. 1815/1939; norma, ricordiamolo, che vietava l’esercizio di attività di lavoro autonomo in forma societaria, tranne che si trattasse di studio associato. La norma si rivolgeva alle attività professionali il cui esercizio era (ed è) regolamentato in Ordini e Albi e vietava la partecipazione a tali enti collettivi di soggetti non iscritti in Ordini o Albi. L’abrogazione di detta normativa non comporta, come si potrebbe fraintendere, l’impossibilità di costituire studi associati dopo il 2011, bensì, al contrario, l’abrogazione in questione rimuove gli ostacoli a esercitare attività professionali in forma associata. Peraltro, la sopravvivenza degli studi associati è esplicitata nell’art. 10, comma 9, Legge n. 183/2011, che afferma la vigenza di: « associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge …».

Inoltre, dopo l’abrogazione della normativa del 1939, appare ancor più chiara la natura di società semplice che assume lo studio associato “tradizionale” partecipato da soggetti iscritti in Ordini o Albi (in questo senso, lo studio n.224/2014 del Notariato, par. 10).

E per i soggetti non iscritti in Albi o Ordini, quali appunto web manager, influencer e soprattutto per le realtà associate degli amministratori di condominio, quale è lo stato dell’arte oggi? Al riguardo, va rimarcato che l’art. 1, comma 5, Legge n. 4/2013, consente l’esercizio “in forma associata, societaria, cooperativa” delle professioni non organizzate in ordini o collegi. Tale esplicita ammissione normativa, citando espressamente la forma associata, non può che riferirsi allo “studio associato” assimilato alla società semplice, distinto dalla “forma societaria” che non può che alludere alle società commerciali di persone o di capitali. Al riguardo, ricordiamo che, il comma 3, del citato art. 1, obbliga il prestatore a contraddistinguere «… la propria attività, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l’espresso riferimento, quanto alla disciplina applicabile, agli estremi della presente legge», prevedendo, altresì, sanzioni non trascurabili per chi omette tale prescrizione.

Quindi, proviamo a immaginare 2 amministratori di condominio che intendano conferire la propria attività professionale in uno studio associato, oppure in una società, entrambe costituite ai sensi della Legge n. 4/2013.

Nel caso di conferimento in società commerciale, è evidente che non può trovare applicazione il regime di neutralità che l’art. 177-bis, TUIR accorda ai conferimenti in realtà societarie regolamentate nel sistema ordinistico. In tal caso, non può che concludersi che l’operazione non è fiscalmente neutrale, bensì realizzativa, come del resto ha sostenuto l’interpello n. 107/E/2018. Il tema delicato, in questo caso, si sposta sulla imponibilità o meno della plusvalenza relativa al valore della clientela; imponibilità che era stata esclusa da una presa di posizione del CNDCEC del settembre 2020, motivata dal fatto che nel conferimento di studio non vi è monetizzazione a vantaggio del conferente, ma, a quanto risulta, tale posizione non è mai stata avallata dall’Agenzia delle Entrate.

Lo scenario cambia per i conferimenti di studio professionale che restano nel perimetro del reddito da lavoro autonomo, ad esempio, i 2 amministratori di condominio che conferiscono la propria attività professionale in uno studio associato, società semplice. Al riguardo va sottolineato che l’art. 177-bis, comma 2, lett. b), TUIR, prevede il regime di neutralità del conferimento in associazioni o società semplice, di cui all’art. 5, TUIR, senza riprendere, quale conditio sine qua non, il presupposto della regolamentazione nel sistema ordinistico. Questa omessa citazione (del sistema ordinistico) può significare che il mantenimento del reddito di lavoro autonomo permette di applicare la neutralità, di cui all’art. 177-bis, TUIR, anche ai conferimenti in associazioni tra professionisti, di cui alla Legge n. 4/2013. Del resto, già prima dell’avvento dell’art. 177-bis, TUIR, la prassi dell’Agenzia delle Entrate (risoluzione n. 177/E/2009) aveva già sottratto il conferimento di singolo studio individuale in studio associato/società semplice, dal perimetro delle operazioni realizzative, dichiarandola operazione neutrale sotto il profilo fiscale. Vero è che i protagonisti di quell’interpello erano un avvocato e un commercialista, ma nella risposta dell’Agenzia delle Entrate non emerge in alcun punto che la neutralità è condizionata dall’appartenenza ad Albi o Ordini, bensì essa è condizionata alla circostanza di non abbandonare il perimetro del reddito da lavoro autonomo; reddito da lavoro autonomo che viene applicato sia alla determinazione del reddito del singolo professionista sia dello studio associato.

Semmai, si può dire che, ove la tesi qui esposta (cioè che l’art. 177-bis, TUIR, si applica anche ai conferimenti in società semplici di professionisti non ordinistici) sia condivisa, si può affermare che dai conferimenti eseguiti dal 1° gennaio 2025 in poi non è più necessario rispettare quella clausola statutaria che la citata risoluzione segnalava come condizione per la neutralità fiscale e, cioè, che lo statuto dello studio associato escludesse la possibilità di recesso del socio conferente previa corresponsione di denaro. Questa condizione non emerge, infatti, nel testo dell’art. 177-bis, TUIR, mentre sotto il profilo delle imposte indirette sembra di poter dire che la cessione/conferimento di studio professionale sia escluso da IVA, ai sensi del novellato art. 2, comma 3, lett. b), D.P.R. n. 633/1972. Ciò vale per le operazioni che hanno per oggetto complessi unitari di attività materiali e immateriali organizzati per l’esercizio di attività professionali, a prescindere dal fatto che si parli di professioni regolamentate in Albi/Ordini, o meno.