8 Settembre 2025

Autotutela sostitutiva anche per gli schemi d’atto revolving

di Silvio Rivetti
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La scheda di FISCOPRATICO

Se è possibile immaginare, nell’ambito dell’ideale – e idealizzato – dialogo sui massimi sistemi del diritto tributario tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria, che possa essere obiettivo comune di entrambe le parti quello di addivenire a un’imposizione equa, allora il senso del contraddittorio preventivo, come disciplinato dall’art. 6-bis, Legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente), dovrebbe essere né più né meno quello di affiliare il contribuente al funzionario istruttore, vedendolo concorrere con quest’ultimo alla comune determinazione di una pretesa tributaria, a suo carico, massimamente condivisa. Invero, il menzionato art. 6-bis, Statuto del contribuente, è congegnato nel senso di arricchire il contribuente di un nuovo e ulteriore diritto – sempreché il prescelto ne sia meritevole, ossia non ricorrano i fondati pericoli per la riscossione; e sempreché la maggiore imposizione a suo danno non si concretizzi a mezzo di atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle sue dichiarazioni -: quello di essere “ascoltato” prima di divenire effettivo oggetto di maggiore tassazione, in relazione al contenuto di una vera e propria preview dell’accertamento qual è lo schema d’atto; e di potervisi opporre fin da subito, fin da quanto la pretesa a suo carico è ancora in fieri, potendo allora concorrere, mediante controdeduzioni ossia mediante osservazioni e puntualizzazioni, a “disattivare” in tutto o in parte quegli elementi,  affastellati a suo sfavore dall’ufficio in seno allo schema d’atto stesso, facendone venir meno la rilevanza impositiva in misura conseguente.

In questo quadro, è bene allora fissare i seguenti punti fermi: se lo schema d’atto è sì, per un verso, la summa dell’attività istruttoria sin lì svolta, di contro la sua emissione non coincide certo con l’esaurimento del potere d’indagine dell’ufficio, tantoché tale potere potrà  essere riattivato in ogni momento, anche nel contesto del contraddittorio preventivo, e pure valutando pro Fisco gli elementi nuovi che il contribuente stesso abbia eventualmente addotto a sua difesa, ovvero rivalutando in maniera più approfondita, muovendo proprio dalle osservazioni e dai rilievi espressi dalla parte privata, quei dati e quei documenti già analizzati nella fase istruttoria precedente l’emissione dello schema d’atto. Così, per esempio, è possibile per l’Agenzia delle Entrate, una volta esperite le indagini bancarie o analizzati i conti correnti esibiti dal contribuente a seguito di questionario, durante lo svolgimento del contraddittorio preventivo rivalutare alcune movimentazioni in un primo momento ritenute giustificate, proprio sulla scorta di quanto emerso in sede di confronto con il contribuente, pervenendo alla decisione di annullare l’originale schema d’atto e di sostituirlo con uno peggiorativo, mondato delle rilevate imprecisioni.

Del resto, se gli approdi della giurisprudenza di Cassazione in tema di esercizio del potere di autotutela sostitutiva in malam partemex multis, dalla basilare sentenza n. 30051/2024 a Sezioni Unite, alle successive pronunzie n. 2046/2025 e n. 13471/2025 – sono concordi nel ritenere pienamente legittima la sostituzione, da parte dell’ufficio, di un suo atto impositivo già emesso con uno nuovo e più oneroso, incidendo anche sui profili sostanziali del primo (in termini di contenuto, quantum impositivo, motivazione); e se tutto ciò può avvenire, pure in mancanza della scoperta di nuovi elementi di fatto o di diritto, ma sulla scorta di una semplice, differente valorizzazione di elementi probatori già agli atti, senza con questo né alterare il principio di unicità dell’accertamento, né interferire con il diritto alla difesa del contribuente o con il suo legittimo affidamento, allora è giocoforza concludere che il contribuente, così come è sempre esposto all’esercizio di un potere impositivo che non si consuma, sinché non decorrono i termini decadenziali di legge (o non sopraggiunga un giudicato prima di tale decorso), a maggior ragione resta sempre esposto a una differente configurazione “embrionale” della pretesa impositiva, in sede di schema d’atto, sostituibile ad libitum nei 60 giorni di cui all’art. 6-bis, comma 3, primo periodo, Legge n. 212/2000, e comunque prima dell’emissione dell’atto finale; eventualmente potendosi avvalere l’ufficio, in sede di riemissione del nuovo schema d’atto in peius, anche dell’estensione dei termini “mobili” per l’accertamento, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 6-bis sopra citato (per il quale, se la scadenza dei nuovi 60 giorni dilatori, relativi al nuovo schema d’atto come riemesso, viene ad essere successiva alla scadenza del termine decadenziale per l’adozione dell’atto impositivo, o se tra la scadenza dei predetti 60 giorni e il termine decadenziale decorrono meno di 120 giorni, l’ufficio può dilatare il termine decadenziale per la sua azione impositiva, differendolo fino al 120° giorno successivo alla data di scadenza dei nuovi 60 giorni dilatori).

Ora, se la tutela del contribuente a fronte della rinnovazione di schemi d’atto revolving, innescati dalle sue stesse argomentazioni, può non essere agevole (anche se non impossibile) da un lato, trattandosi pur sempre della formazione in via progressiva della maggiore pretesa a suo carico, dall’altro lato merita allora valorizzare i temi di prevenzione, opportunamente dovendosi interrogare se, nel caso concreto, le velleità di partecipazione al contraddittorio preventivo giovino effettivamente al contribuente, laddove non si disponga di carte significative e univocamente utili alla causa difensiva.