I conferimenti d’azienda nella trasformazione eterogenea di ente non commerciale in società commerciale
di Luciano SorgatoIn ordine alla trasformazione eterogenea di un ente non commerciale in una società commerciale, il comma 2 dell’art 171, TUIR, testualmente prescrive: «La trasformazione effettuata ai sensi dell’art. 2500 octies cod. civ. di un ente non commerciale in società soggetta all’imposta di cui al Titolo II si considera conferimento limitatamente ai beni diversi da quelli già compresi nell’azienda o complesso aziendale dell’ente stesso». La norma in commento raccorda l’esonero fiscale solo a quei beni che, sempre in base alle precise prerogative giuridiche costituenti il paradigma civilistico dell’azienda, intersecano il reciproco rapporto sinergico nell’esercizio di un’attività impresa, mentre per i beni che difettano di tale legame di scopo contempla le ordinarie forme d’imposizione, le quali, comunque, devono derivare da precise fonti normative che le prevedono e le disciplinano.
Più chiaramente, l’obbligo impositivo deve trovare raccordo giustificativo oltre che nella regola generale contemplata nell’art. 9, comma 5, TUIR (a mente del quale: «Ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per i conferimenti in società») in specifiche regole fiscali che conformano a presupposto d’imposta i vari atti economici. A titolo d’esempio, qualora l’ente non commerciale (intendendo in particolare per tale i consorzi, le società consortili, le comunioni d’azienda, le associazioni riconosciute e le fondazioni) abbia nel proprio patrimonio un immobile estraneo al compendio aziendale (in quanto solo dedito ad attività istituzionale), la sua trasformazione eterogenea in società commerciale genererà la relativa rilevanza impositiva alla condizione che non sia già maturata l’anzianità di possesso ultra quinquennale, in virtù delle ordinarie prescrizioni di cui all’art. 67, comma 1, lett. b), TUIR (che abbinano l’intento speculativo tassabile alle sole cessioni di immobili posseduti da meno di 5 anni). In altri termini, solo i conferimenti dei beni incapsulati nelle tassative prescrizioni impositive che tracciano la categoria dei redditi diversi sono fiscalmente rilevanti, mentre gli altri rimangono sprovvisti di ogni obbligo impositivo, così come avverrebbe in occasione di qualsiasi atto traslativo estraneo all’onnicomprensivo regime d’impresa. Diventa, quindi, rilevante l’individuazione del compendio patrimoniale costituente l’azienda, perché solo a tale nucleo di beni la norma in commento assicura il regime fiscale neutro, alla stregua del medesimo regolamento fiscale dell’art. 176, TUIR.
Sotto questo profilo, il comma 2, dell’art. 171, si dimostra portatore di una coerenza disciplinare di sistema, dal momento che manda a sintesi, senza innovare nulla, le ordinarie regole fiscali alla base del generale prelievo impositivo, raccordando la neutralità fiscale alla vicenda circolatoria dell’azienda (o più correttamente, trattandosi di un’operazione di trasformazione, alla riallocazione dell’azienda in un diverso contesto di regole fiscali, da quello parcellizzato dell’ente non commerciale a quello onnicomprensivo della società commerciale), così come ordinariamente avviene in virtù della sua particolare natura di universitas solo asservibile a un’attività economica e prevedendo la tassazione degli altri beni solo in correlazione con l’ordinaria insorgenza dei relati presupposti come identificati nell’indicata categoria dei redditi diversi.
Tuttavia, nonostante l’apparente linearità della norma, essa non appare immune da difficoltà interpretative, dal momento che nell’ente non commerciale trasformando potrebbero rendersi rinvenibili dei beni che, se anche in regime d’impresa secondo le specifiche regole dell’art. 65, TUIR, potrebbero non prestare alcuna coesione con l’autentico nucleo di beni costituente l’azienda, in quanto estranei al modello organizzato dell’art. 2555, c.c.. Si deve, infatti, considerare che le linee fiscali portanti la disciplina tributaria degli enti non commerciali è tendenzialmente sovrapposta a quella delle persone fisiche che connettono il loro complessivo carico impositivo alla frastagliata serie delle varie categorie di reddito, senza alcuna forza di propulsione aggregativa, come invece avviene per le società commerciali.
Come noto, ai sensi dell’art. 65, TUIR (che traccia i beni relativi all’impresa) sono attratti al regime fiscale di beni d’impresa anche quei beni che per volontaria condotta contabile vengono attratti al relativo governo disciplinare, senza la necessità che da essi abbia da derivare un sinergico apporto di funzioni con il complesso organizzato dell’azienda. Tale ricongiunzione solo scritturale dei beni al regime d’impresa, di fatto però estranei al compendio aziendale, richiede un’integrazione interpretativa rispetto a quanto sopra si è riportato in lineare raccordo con la specifica lettera della norma in commento. In altri termini, la questione potrebbe riguardare il caso di un immobile in regime fiscale d’impresa per scelta contabile, ma non partecipe dell’aggregazione funzionale dell’azienda, in quanto, ad esempio, dato in locazione a una struttura produttiva terza e posseduto da meno di 5 anni (potenzialmente, quindi, idoneo a generare la fattispecie di reddito diverso di cui alla cit. lett. b), dell’art. 67, TUIR). In tale caso, si pone la questione della sua rilevanza impositiva nell’occasione della trasformazione eterogena dell’ente non commerciale in società, in quanto non assumibile come confluito nell’azienda dell’ente trasformando.
La questione potrebbe non apparire molto dissimile da quella correlabile ai conferimenti d’azienda, di cui all’art. 176, TUIR. In ordine ai classici conferimenti d’azienda appare preferibile la tesi che esaurisce il regime fiscale neutro al solo stretto conferimento dell’azienda, in ossequio alla limitativa lettera della legge che raccorda la neutralità fiscale alla sola vicenda circolatoria dell’azienda. Proprio in ordine al presupposto oggettivo, si deve sottolineare come l’azienda, intesa in piena coesione con le prerogative civilistiche dell’art. 2555, c.c., ammetta a dare concretezza al modello organizzato di beni d’impresa, solo a quei beni che consentono di intravedervi un effettivo concorso alla sua peculiare delineazione strutturale, per cui un bene che non esprime tale nesso di raccordo, pur rimanendo configurabile come un elemento del complessivo compendio patrimoniale, non appare omogeneizzabile con il concetto decisamente più qualificato di azienda. Tali disquisizioni assumono rilevanza proprio in virtù della lettera normativa dell’art. 176, TUIR, che raccorda il regime fiscale neutro al solo conferimento di un’azienda e non ad un qualsiasi patrimonio di beni, anche se integralmente connesso al regime fiscale d’impresa. Un’azienda non è identificabile con una mera situazione patrimoniale, ma solo con un evoluto incastro di beni organizzati in vista dello scopo legislativamente prescelto e incapsulato nella specifica locuzione dell’art. 2555, c.c.: «per l’esercizio di un’impresa».
Anche le limitate recenti modifiche all’art. 176, TUIR, obbligano ad assumere l’azienda nel paradigma sopra illustrato, impedendo qualsiasi dilatazione concettuale del suo significato, mentre, ai fini di agevolare l’operazione del conferimento a cui viene fatto ricorso essenzialmente per fini riorganizzativi, in vista del conseguimento di una maggiore potenzialità produttiva, sarebbe forse stato certamente opportuna la previsione di un particolare ampliamento strutturale dell’ azienda, comprensivo cioè anche di quei beni che non presentano un nesso d’interazione diretto con il rappresentato modello organizzato.
In ordine alla fattispecie in commento, si deve però evidenziare una marcata differenza tra il paradigma di un’operazione di conferimento e un’operazione di trasformazione eterogenea, dal momento che mentre la prima si caratterizza in quanto tipica operazione incentrata sull’oggetto (l’azienda) e con un chiaro raccordo di tipo intersoggettivo (passaggio dal soggetto conferente al soggetto conferitario), la seconda si connota come un’operazione sui soggetti, solo correlabile a un processo riorganizzativo del medesimo ente (anche se strutturalmente ricalcante i tratti del conferimento). La diversa essenza delle 2 operazioni, per chi scrive, consente un approdo interpretativo diverso da quello precedentemente rappresentato. Nel caso della trasformazione eterogenea, a fronte della sostanziale unitarietà del soggetto, i beni che già sostano nel regime fiscale d’impresa presso l’ente trasformando, anche per sola opzione contabile, nella società trasformata mantengono la medesima identità fiscale, per cui a fronte sia della peculiarità dell’operazione sul soggetto che, anche se con sembianze giuridiche e disciplina statutaria diversa, rimane quello originario e sia dell’invarianza della condizione fiscale dei beni, va ritenuto allargabile il regine fiscale neutro anche a tale categoria di beni, che nonostante siano estranei all’azienda non mutano le regole fiscali di rispettivo presidio. Mancherebbe, peraltro, in ordine a tali beni, la regola fiscale di supporto all’imposizione, dal momento che non può rendersi operante né l’art. 67, comma 1, lett. b), TUIR, essendo il bene in esame bene d’impresa, né può rendersi operante la particolare fattispecie delle c.d. plusvalenze per destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, dal momento che trattasi di beni che conservano il medesimo regime fiscale nei confronti di un soggetto, che anche se giuridicamente ristrutturato, rimane identificabile in quello originario.


