Condizioni per trasferire il plafond IVA nella cessione/conferimento d’azienda
di Marco PeiroloLe condizioni per il trasferimento del plafond IVA nelle operazioni di cessione/conferimento d’azienda sono state chiarite dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 200/E/2025 del 4 agosto 2025.
Secondo la rappresentazione fornita dall’istante, quest’ultimo ha acquisito un ramo d’azienda a seguito di un’operazione di riorganizzazione aziendale avente a oggetto la cessione del complesso aziendale di una società italiana a favore di una società inglese, non stabilita e non identificata ai fini IVA in Italia, la quale lo ha contestualmente conferito parzialmente all’istante.
L’istante ha continuato, senza soluzione di continuità, l’attività relativa al complesso aziendale ed è subentrato nei rapporti giuridici attivi e passivi relativi allo stesso complesso aziendale prima ceduto alla società inglese e poi da quest’ultima conferito all’istante.
Il dubbio interpretativo è relativo alla possibilità di beneficiare del plafond maturato dalla società inglese e, dunque, di acquistare o importare beni/servizi senza il pagamento dell’IVA, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 633/1972. In caso positivo, si pone la questione se la formale comunicazione del trasferimento del plafond possa essere trasmessa tardivamente, previo pagamento delle sanzioni previste e se sia possibile trasmettere un solo modello AA7/10, oppure occorra trasmettere due distinti modelli, in modo da dare evidenza dei due successivi trasferimenti del plafond.
Il trasferimento del plafond è disciplinato sul piano normativo esclusivamente nell’ipotesi di affitto d’azienda.
L’art. 8, comma 4, D.P.R. n. 633/1972, dispone che il trasferimento della facoltà di acquistare beni/servizi senza pagamento dell’imposta presuppone che tale trasferimento sia espressamente previsto nel relativo contratto e che ne sia data comunicazione con lettera raccomandata entro 30 giorni all’ufficio IVA competente per territorio. In proposito, le dichiarazioni di inizio attività, variazione dati o cessazione attività, di cui ai Modelli AA7/10 (per i soggetti diversi dalle persone fisiche) e AA9/12 (per le persone fisiche), contengono un’apposita casella che deve essere barrata per comunicare l’intenzione di avvalersi del predetto beneficio. Nel caso di acquisizione di azienda in affitto, la barratura della casella tiene luogo della comunicazione prevista dall’art. 8, comma 4, D.P.R. n. 633/1972. In particolare, l’adempimento s’intende regolarmente rispettato con la compilazione della sezione 3 del quadro D del modello AA7/10 e della sezione 3 del quadro E del modello AA9/12.
In caso di cessione/conferimento d’azienda, in un primo tempo, l’Amministrazione finanziaria aveva chiarito che il trasferimento, in capo al cessionario/conferitario, del diritto di acquistare beni/servizi senza applicazione dell’IVA presuppone, da un lato, il passaggio di tutte le posizioni debitorie e, comprese, quindi, quelle non legate all’attività internazionale e, dall’altro, il proseguimento dell’attività di esportazione da parte del cessionario (risoluzione n. 549055/1974; risoluzione n. 505229/1987; risoluzione n. 621099/1989; risoluzione n. 590157/1989; risoluzione n. 16/1996).
Di diverso avviso la giurisprudenza, per la quale, nelle “trasformazioni sostanziali soggettive”, il trasferimento del plafond a favore dell’avente causa non è subordinato al trasferimento di tutti i debiti/crediti dell’azienda, ma solo delle posizioni attive e passive necessarie ad assicurare, in situazione di continuità, la prosecuzione dell’attività d’impresa rivolta ai clienti non residenti (C.T. Reg di Torino, 9 marzo 2007, n. 8/28/2007).
Rivisitando la propria posizione, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che il trasferimento del plafond è condizionato al subentro, da parte del cessionario/conferitario, nei rapporti creditori e debitori collegati all’attività di esportazione che ha generato il plafond stesso e non al trasferimento delle posizioni creditorie e debitorie nella loro totalità (risoluzione n. 165/E/2008).
È il caso, peraltro, di osservare che il passaggio del plafond non è subordinato alla gestione delle operazioni attive che lo hanno generato mediante contabilità separata, sempreché, attraverso le scritture contabili, sia possibile determinare con esattezza il plafond riferibile al complesso aziendale ceduto/conferito, ad esempio mediante l’attribuzione di un codice contabile specifico a ogni operazione attiva suscettibile di generare plafond.
Ai fini comunicativi, nei modelli AA7/10 e AA9/12, il cedente/conferente e il cessionario/conferitario devono barrare, rispettivamente, la casella PL della sezione 2 del quadro D e la casella PL della sezione 1 del quadro D (modello AA7/10) e la casella PL della sezione 2 del quadro E e la casella PL della sezione 1 del quadro E (modello AA9/12).
Nel caso oggetto della risposta n. 200/E/2025, l’Agenzia delle Entrate ha escluso che l’istante possa beneficiare del plafond maturato dalla società italiana, non essendosi verificate le condizioni per il relativo trasferimento a favore della società inglese. In sostanza, nella fattispecie considerata, il trasferimento del plafond dalla società inglese all’istate presuppone che, “a monte”, il plafond sia stato trasferito dalla società italiana a quella inglese.
A sostegno dell’esclusione del passaggio del plafond in capo all’istante, l’Agenzia ha rilevato, in primo luogo, che nel contratto che regola la cessione del complesso aziendale dalla società italiana a quella inglese non è fatta menzione del trasferimento del plafond.
In secondo luogo, assume rilievo anche la circostanza che, nel caso in esame, la società italiana non si estingue con la cessione del complesso aziendale. Nel contratto, infatti, è specificato che rimangono in capo a detta società, tra l’altro, tutti i crediti e i debiti, anche fiscali, sorti anteriormente alla data di efficacia dell’operazione, ove non espressamente compresi, ancorché non scaduti e non accertati a tale data. Peraltro, la predetta limitazione prevista nel contratto di cessione mette in dubbio anche il rispetto della prima condizione, in quanto pregiudica il proseguimento senza soluzione di continuità dell’attività trasferita in capo alla società inglese (fermo restando, in ogni caso, che, come detto, non è esplicitata l’intenzione di voler trasferire all’avente causa il plafond, la cui titolarità rimane pertanto in capo alla società italiana).
In terzo luogo, la società inglese non ha una posizione IVA nel territorio dello Stato, indispensabile per acquisire la qualifica di esportatore abituale ed effettuare acquisti di beni/servizi senza imposta nei limiti del plafond, così come più volte puntualizzato dalla prassi amministrativa (risposta a interpello n. 148/E/2021 e risoluzione n. 80/E/2011).

