7 Luglio 2025

Sconta l’imposta di donazione l’attribuzione di beni da un trust a successivi trust

di Angelo Ginex
Scarica in PDF

Con la risposta a interpello n. 170/E/2025, l’Agenzia delle Entrate è tornata a pronunciarsi sul trattamento fiscale, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, nell’ambito delle attribuzioni patrimoniali tra trust. Il caso analizzato presenta profili di notevole complessità, in quanto involge una sequenza programmata di atti dispositivi riconducibili a un disegno unitario di pianificazione familiare e patrimoniale.

Nel caso di specie, il trust istante è stato istituito in Italia nel 2014 da tre fratelli, disponenti, con lo scopo -espresso nell’atto istitutivo – di garantire l’unitarietà e l’indivisibilità della proprietà del gruppo familiare, nel solco degli assetti successori ricevuti. Il trust ha una durata ventennale e individua come beneficiari (di reddito e finali) i discendenti in linea retta dei disponenti.

In base al regolamento del trust, il trustee è obbligato, fino al compimento del trentesimo anno di età dei beneficiari, a istituire un trust distinto per ciascuna linea di discendenza. Detti trust successivi sono stati effettivamente istituiti dallo stesso trustee nel novembre 2014, in adempimento alle previsioni regolamentari.

Ognuno di tali trust successivi è intestato alla medesima figura di trustee, presenta regole e caratteristiche identiche a quelle del trust originario ed è destinato alla famiglia di uno dei tre disponenti. Il patrimonio del trust istante includeva, al momento dell’interpello, partecipazioni societarie e immobili.

L’istanza di interpello aveva a oggetto la qualificazione, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, dell’atto con cui il trustee intendeva attribuire a ciascuno dei tre trust successivi una quota (pari a un terzo) delle azioni e degli immobili in trust.

Secondo il contribuente, tale atto configurava un’ulteriore operazione di dotazione fiduciaria, priva di effetti traslativi in favore dei beneficiari finali, e pertanto non imponibile ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni. Il trustee evidenziava la continuità dell’obbligo fiduciario e la coerenza dell’attribuzione con il disegno regolamentare del trust istante.

Nel fornire la propria interpretazione, l’Amministrazione finanziaria ha espressamente limitato il perimetro della risposta all’ambito dell’imposta sulle successioni e donazioni, escludendo qualsiasi considerazione in tema di imposte dirette, qualificazione del trust o ipotesi di interposizione.

Richiamando il nuovo art. 4-bis, D.Lgs. 346/1990 – introdotto dal D.Lgs. 139/2024 e in vigore dal 1° gennaio 2025 – l’Agenzia ha affermato che l’imposta di donazione si applica al momento del trasferimento dei beni in trust ai beneficiari, anche quando questi siano altri trust.

Nella specie, l’Agenzia delle Entrate ha qualificato i trust successivi come “beneficiari” del trust istante. Tale qualificazione si fonda su tre elementi:

  • la previsione espressa del regolamento del trust istante (art. 31.2, lett. a.1), che obbliga il trustee a istituire i trust successivi per la famiglia di ciascun disponente;
  • l’effettiva istituzione, già avvenuta, dei tre trust successivi, in piena conformità con il regolamento originario;
  • la destinazione dei beni (azioni e immobili) dal patrimonio del trust istante a detti trust successivi, considerata come adempimento di un obbligo statutario e non come mera attività gestoria.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, tale attribuzione ha comportato il raggiungimento dello scopo del trust istante – ovvero la gestione unitaria e temporanea del patrimonio familiare – e ha determinato il venir meno della segregazione patrimoniale riferita a tale struttura. Per effetto dell’attribuzione, infatti, si individua un nuovo soggetto (il trust successivo) quale beneficiario del patrimonio e titolare di un autonomo disegno gestionale.

Ne discende che l’atto di attribuzione ai trust successivi costituisce il presupposto per l’applicazione dell’imposta sulle donazioni. In particolare, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che: «ai fini della determinazione dell’imposta, la relativa aliquota viene individuata nella misura dell’8 per cento, secondo quanto previsto dalla lettera d), primo comma, dell’articolo 7 del d.lgs. n. 346 del 1990, come modificato dal sopra richiamato d.lgs. 139 del 2024, in ragione del fatto che non sussiste alcun rapporto di parentela tra i Disponenti e i beneficiari coincidenti con i trust successivi».

Conseguentemente, conclude che l’operazione è soggetta:

  • all’imposta di donazione nella misura dell’8% sul valore dei beni attribuiti;
  • all’imposta ipotecaria e catastale in misura proporzionale per i trasferimenti immobiliari.

La risposta in esame sembra destinata ad alimentare dubbi interpretativi e possibili contenziosi, in un settore già notoriamente afflitto da incertezze normative e giurisprudenziali.

In sede di interpello, il fatto non può mai essere ricostruito con piena certezza, tenuto che l’Amministrazione finanziaria offre una rappresentazione selettiva e finalizzata. Tuttavia, appare indubbio che i tre trust successivi siano stati concepiti e attuati come articolazione di un unico progetto regolamentare, fin dall’origine.

Se così è, allora, risulta forzato ritenere che l’attribuzione ai trust successivi costituisca il termine dello scopo del primo trust e l’integrale realizzazione delle utilità in capo ai beneficiari.

Anche l’applicazione dell’aliquota pari all’8% appare non solo contraria alla ratio dell’imposta, ma anche in aperto contrasto con i consolidati orientamenti di dottrina e giurisprudenza. Essa si fonda, in sintesi, sul presupposto che non sussista (mi pare logico) un rapporto di parentela tra disponenti e trust.

Resta, infine, l’ombra di una concezione irrisolta: per l’Agenzia delle Entrate, il trust è un rapporto giuridico? Un ente? Una categoria a geometria variabile? Pare che la risposta sia “dipende”.

Molto si potrebbe ancora scrivere, ma non c’è dubbio che la posizione assunta con la risposta n. 170/E/2025 rischia di creare ulteriore instabilità in un ambito che avrebbe bisogno di chiarezza normativa e coerenza applicativa e non di nuovi paradossi.