Adeguati assetti: doveri e responsabilità di sindaci, revisori e amministratori
di Mauro Nicola – Presidente Fondazione Nazionale Formazione CommercialistiIn seguito alla introduzione nel panorama normativo nazionale del cosiddetto Codice della Crisi di impresa è divenuta di fondamentale importanza la verifica della effettiva sussistenza in capo alle imprese di adeguati assetti organizzativi ed amministrativi.
Per ovvietà, il monitoraggio di questa presenza spetta innanzitutto a sindaci e revisori in caso di loro nomina.
Vi è però da sottolineare che il mondo imprenditoriale italico è formato, per oltre il 90%, da aziende con meno di 10 dipendenti, peraltro propulsori di un sistema imprenditoriale formato da meno del 10% di aziende di medie e grandi dimensioni. Su queste piccole aziende pesa, e peserà, la difficoltà di adeguamento, più o meno rapidamente, ben si badi, in tempi ristretti, alle prescrizioni del Codice della crisi di impresa.
In caso, però, di presenza di revisori e sindaci il compito generale loro demandato, ossia quello del controllo, dovrà estendersi pure al controllo, ed alla valutazione, dei pilastri fondanti il sistema “preventivo” della crisi d’impresa, ovvero:
- l’istituzione di adeguati assetti amministrativi e contabili;
- l’accesso alla composizione negoziata;
- il dialogo con i vari intermediari finanziari coinvolti.
La riformata procedura in tema di crisi di impresa è stata fondata sull’obiettivo di poter preferire, e favorire, una gestione preventiva e proattiva della crisi muovendo verso:
- l’obbligo di dotarsi di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili capaci di rilevare tempestivamente segnali di probabile crisi o insolvenza da parte di un’impresa collettiva;
- l’introduzione di strumenti innovativi per la gestione della crisi come, per esempio, la composizione negoziata della crisi.
In sintesi, l’obiettivo finale è stato quello di richiedere, alla categoria imprenditoriale, il sacrificio di introdurre degli assetti interni capaci di valutare tempestivamente il rischio del venir meno della continuità aziendale in un momento in cui tale rischio sia ancora reversibile. Scongiurando, così, il pericolo di un aggravio di tale situazione, ed avendo, come finalità ultima, la prevenzione dell’insolvenza aziendale evitando danni per creditori, dipendenti, banche e per l’intero sistema economico.
Sfortunatamente, mentre l’importanza, e la condivisibilità degli scopi di questi obiettivi è certamente indiscutibile in senso assoluto, dal lato pratico risulta di enorme complessità l’individuazione di una configurazione di un assetto organizzativo adeguato a ogni singola impresa.
In considerazione delle importanti responsabilità derivanti da questo genere di controlli è di assoluta indispensabilità concentrarsi sul principio della proporzionalità degli assetti organizzativi rispetto alla natura ed alle dimensioni dell’impresa.
Le imprese di dimensioni minori, le più semplici, fermi restando gli obiettivi generali della norma, dovranno dotarsi di strumenti, e procedure, utili al raggiungimento degli scopi per i quali sono stati introdotti.
Prendendo in considerazione l’attuale quadro macroeconomico dell’economia nazionale ed internazionale, pregno di incertezze, e di elementi di rischio esogeni difficilmente controllabili, sarà necessario che le suddette imprese non commettano due errori, ossia:
- quello di adempiere agli obblighi normativi in maniera meramente formale, senza trarre un effettivo beneficio dagli stessi;
- quello di dotarsi di un assetto organizzativo eccessivamente ridondanteed appesantito che renda meno efficiente la gestione.
Il vero obiettivo dovrà, invece, essere quello di tarare una serie di indicatori capaci di intercettare, in modo tempestivo, l’insorgenza di una situazione di crisi, al fine di poter introdurre gli opportuni correttivi.
Allo scopo di raggiungere tale risultato sarà necessario, per l’impresa, dotarsi di flussi informativi, completi ed appropriati. Ovvero sarà necessario che i flussi informativi permettano all’impresa di:
- essere in grado di rendicontare su base periodica i propri risultati economici, finanziari e patrimoniali con la dovuta tempestività, attendibilità e completezza;
- operare previsioni estese a un arco temporale minimo di 12 mesi sia in termini di grandezze economiche, finanziarie e patrimoniali sia in termini di flussi finanziari;
- raffrontare i dati di consuntivo con le previsioni fatte assumendo decisioni conseguenziali al fine della mitigazione dei rischi intercettati, nel caso di scostamenti significativi.
A questo punto della disamina del problema, appare evidente che, un ruolo di fondamentale importanza, lo svolga l’organo di controllo, che non solo deve vigilare affinché gli amministratori dotino la società di adeguati assetti premonitori dell’emersione della crisi, ma anche reagire con gli strumenti che l’ordinamento mette loro a disposizione.
Primaria ed indispensabile condizione per il superamento di situazioni di crisi aziendali sarà l’istituzione, e la costante verifica, del concreto funzionamento degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili che, proporzionalmente alle dimensioni e complessità della stessa, consentano di misurare il rischio, rilevarlo, quando supera determinate soglie di allarme, ovvero contenerlo con appropriate, e tempestive, decisioni allorché si materializzi.
In sintesi, solo la presenza di adeguati assetti sarà in grado di fornire flussi informativi tempestivi e appropriati su segnali di allarme di crisi.
Il Collegio Sindacale, dovrà, quindi, in prima battuta, valutare l’esistenza, e l’adeguatezza, dell’assetto organizzativo, valutando quando gli assetti possano reputarsi adeguati funzionalmente, come evidenziato dall’articolo 2086 codice civile, al settore in cui opera l’azienda, al sistema di governance, nonché alla complessità caratterizzante l’attività dell’azienda.
Mai però dovrà essere dimenticato che sarà, invece, compito degli amministratori, e mai del collegio sindacale, procedere nello specifico compito di vigilanza sul processo informativo proveniente dagli adeguati assetti, intercettando, al fine della preventiva emersione della crisi, i segnali premonitori preminenti, ossia quelli di natura finanziaria
È bene ricordare, in questa sede, che il codice della crisi definisce, lo stato di crisi, come la situazione in cui l’imprenditore prevede che, entro l’orizzonte temporale di un anno, incontrerà difficoltà nel pagare regolarmente i propri debiti.
Concettualità, quest’ultima, tipicamente rinvenibile anche nella valutazione del going concern tipico della revisione legale e non solo, ovvero il principio (contabile) che assume che un’azienda sia in grado di continuare a operare per un futuro prevedibile, senza l’intenzione o la necessità di liquidazione, attraverso una stabilità finanziaria e, in particolare, con probabilità di sopravvivenza per i successivi 12 mesi.
Per logica conseguenza, di tale concetto, il collegio sindacale dovrà verificare che gli assetti organizzativi siano in grado di generare un piano di cassa contente:
- la stima dei ricavi e dei costi, nonché dei correlati tempi di incasso e pagamento;
- un’attenta pianificazione dei flussi finanziari in entrata e uscita.
E poiché il piano di cassa non è un esercizio statico, ma mutevole nel tempo, occorrerà operare un monitoraggio continuo della situazione, in modo da poter intervenire, tempestivamente, di fronte a imprevisti risolvendo, nel contempo, eventuali tensioni finanziarie.
Senza dimenticare poi che, la predisposizione di un piano di cassa, risulta, oggi, indispensabile per la corretta gestione dei rapporti bancari, soprattutto alla luce delle regole di settore meglio conosciute come Linee Guida EBA.


