Bilancio d’esercizio 2025: l’impatto del D.Lgs. 192/2024 sulle opere su ordinazione
di Mauro MuracaIl D.Lgs. 192/2024 ha segnato una svolta fondamentale nella disciplina fiscale delle opere in corso su ordinazione, puntando a una vera convergenza tra principi contabili e normativa fiscale. L’obiettivo è chiaro: eliminare il “doppio binario” che in passato generava disallineamenti e, conseguentemente, la necessità di complicate rettifiche nella dichiarazione dei redditi. Queste disposizioni sono in vigore dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023.
Le opere in corso su ordinazione, come noto, sono contratti a lungo termine, tipicamente di appalto, finalizzati alla realizzazione di beni o servizi unici, creati su specifica commessa del cliente. La loro complessità intrinseca deriva dal fatto che, quasi sempre, il ciclo produttivo si estende su più esercizi fiscali. Questo impone una rigorosa applicazione del principio di competenza economica per la corretta imputazione di costi e ricavi. I ricavi, infatti, si considerano acquisiti definitivamente solo al completamento dell’opera, mentre i costi sono sostenuti progressivamente lungo tutto il processo produttivo.
A livello contabile, la normativa civilistica (Articolo 2426 c.c.) offre due principali metodologie di valutazione per queste specifiche tipologie di commesse. Il primo è il criterio della commessa completata. Questo metodo prevede che le opere siano valutate al loro costo storico. L’utile o la perdita generata dalla commessa viene riconosciuta in bilancio solamente all’atto del suo completamento definitivo. Il perfezionamento del contratto, e quindi il trasferimento dei rischi e benefici, si verifica quando la costruzione è ultimata e accettata dal committente, i collaudi hanno esito positivo, eventuali costi da sostenere post-completamento sono considerati non significativi e adeguatamente accantonati, e le incertezze residue sono stimabili con ragionevole certezza. Pur non riflettendo l’andamento economico-finanziario progressivo dell’attività, questo criterio offre il vantaggio di basarsi su dati consuntivi certi. Le rimanenze di opere incomplete, in questo caso, vengono semplicemente valutate al costo di produzione o, se inferiore, al loro presumibile valore di realizzazione.
L’alternativa è il criterio della percentuale di completamento. Questo approccio, invece, valuta le opere in base al corrispettivo contrattuale maturato (anche se tale valore dovesse eccedere il costo), procedendo in funzione dello stato di avanzamento dei lavori (SAL). L’OIC 23, principio contabile di riferimento, disciplina che le rimanenze siano valutate al ricavo maturato e che sia i ricavi che i costi siano imputati nell’esercizio di competenza, in base all’avanzamento fisico o economico dell’opera. Per la determinazione di questa “percentuale di avanzamento”, possono essere adottate diverse metriche, tra cui il metodo del costo sostenuto (cost-to-cost), il conteggio delle ore lavorate, il numero di unità consegnate o le misurazioni fisiche delle quantità prodotte. L’applicabilità di questo criterio è subordinata, tuttavia, a condizioni rigorose: l’esistenza di un contratto chiaro e vincolante, la ragionevole certezza del diritto al corrispettivo e la possibilità di misurare in modo attendibile il risultato complessivo della commessa. Qualora tali presupposti non siano soddisfatti, si rende obbligatorio l’utilizzo del criterio della commessa completata. La scelta tra queste due metodologie è, come indicato dall’OIC 23, strettamente correlata alla durata della commessa. Per le commesse infrannuali (ovvero di durata inferiore ai dodici mesi), entrambi i metodi sono ammissibili. Per quelle ultrannuali, invece, in presenza delle condizioni sopra elencate, l’applicazione del criterio della percentuale di completamento è mandatoria.
Prima dell’intervento apportato dal D.Lgs. 192/2024, il quadro normativo fiscale presentava una netta distinzione e una rigidità che contrastava con i principi contabili. Per le commesse infrannuali (Art. 92, comma 6, Tuir), la valutazione era ammessa unicamente in base ai costi sostenuti, precludendo qualsiasi possibilità di svalutazione al valore normale. Per le commesse ultrannuali (Art. 93, Tuir), la norma imponeva la valutazione in base ai corrispettivi pattuiti e maturati in relazione alla quota di opera eseguita, configurando di fatto una versione fiscale del metodo della percentuale di completamento. Anche in presenza di SAL, la valutazione poteva basarsi sui corrispettivi liquidati. È importante notare che, già dal 2006, la valutazione al costo non era più ammessa fiscalmente per le commesse pluriennali. Questa discrepanza, aggravata dall’introduzione del principio di derivazione rafforzata, generava un sistematico “doppio binario” civilistico-fiscale. Le imprese che adottavano criteri contabili diversi da quelli imposti fiscalmente si trovavano costrette ad effettuare variazioni temporanee in dichiarazione dei redditi e a gestire le conseguenti imposte differite/anticipate, incrementando significativamente la complessità amministrativa e fiscale.
Il D.Lgs. 192/2024, in attuazione della L. 111/2023, è intervenuto proprio su questo punto cruciale, modificando gli articoli 92 e 93 del Tuir con l’intento esplicito di allineare la valutazione fiscale a quella contabile, a condizione che quest’ultima sia conforme ai corretti principi contabili. Per le commesse infrannuali (Art. 92, comma 6, Tuir): le imprese che le valutano al costo possono continuare a farlo. La vera novità, tuttavia, riguarda le aziende che, in conformità ai principi contabili, adottano il metodo della percentuale di completamento; queste, infatti, possono applicare tale metodo anche ai fini fiscali, eliminando in sostanza il disallineamento e le relative complicazioni. Per le commesse ultrannuali (Art. 93, comma 6, Tuir), invece, viene introdotta un’altra importante apertura. Le imprese che, in conformità ai principi contabili, valutano le commesse ultrannuali sulla base dei costi sostenuti (ovvero con il criterio della commessa completata), imputando i corrispettivi all’esercizio di consegna finale, potranno applicare questo metodo anche ai fini della determinazione del reddito imponibile. In sintesi, queste modifiche conferiscono un fondamentale riconoscimento fiscale ai criteri di valutazione utilizzati in bilancio, sia che le commesse infrannuali siano valutate sui ricavi maturati, sia che quelle pluriennali siano valutate sui costi. Il risultato atteso è l’eliminazione del “doppio binario” e delle relative variazioni temporanee, semplificando notevolmente gli adempimenti in vista del Bilancio 2025 e della relativa determinazione del reddito d’impresa.
Le nuove disposizioni si applicano a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023 (ovverosia, dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2024 per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). È importante segnalare, tuttavia, l’esistenza di una disciplina transitoria: le commesse già in corso al termine del periodo d’imposta al 31 dicembre 2023 continueranno ad essere gestite secondo la normativa pre-esistente (mantenendo quindi il “doppio binario” e la necessità di gestire la fiscalità differita) fino al loro effettivo completamento.