Riaddebiti professionali – Prima parte
di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365Il tema delle spese sostenute dal professionista e riaddebitate a soggetti terzi riveste un significativo interesse nella determinazione dell’imponibile tassabile in capo al professionista stesso. Due direttrici dell’articolo 5, L. 111/2023 (Legge delega per la Riforma fiscale) si interessano della tematica stabilendo, da una parte, il principio di omnicomprensività del reddito da lavoro autonomo che, quindi, comprende anche somme incassate per riaddebiti, e dall’altra l’irrilevanza delle somme analiticamente riaddebitate per spese di trasferta, il che esclude dall’imponibile le stesse somme. I due passaggi delle Legge delega sembrano contraddittori, ma in realtà il coordinamento avviene con l’articolo 54, commi 2 e 3, Tuir. Per capire bene in che modo avviene il coordinamento normativo tra imponibilità e non imponibilità occorre prima analizzare la variegata casistica dei riaddebiti nelle sue numerose declinazioni.
Riaddebiti per anticipazioni
La fiscalità delle anticipazioni, che alcune categorie di professionisti (es. notai, avvocati, commercialisti) quasi quotidianamente eseguono a beneficio dei propri clienti, presenta un risvolto Iva piuttosto chiaro, nel senso che l’articolo 15, D.P.R. 633/1972, stabilisce l’esclusione dal tributo delle spese anticipate in nome e per conto. La necessaria dualità dei presupposti (in nome e per conto) è ribadita da un risalente spunto dell’Agenzia delle entrate (risoluzione n. 360393/1978), ma non sempre, nella pratica giornaliera, i documenti di spesa realizzano entrambi i requisiti.
Pensiamo alle somme che Il Registro Imprese preleva dal conto Telemaco intestato al professionista per diritti di segreteria relativi ad una certa pratica camerale. Non si può dire che il documento rilasciato costituisca una chiara prova che il costo è addebitato direttamente al committente. Al riguardo, si può fare un utile distinguo tra i diritti per pratiche camerali “obbligatorie” (deposito bilancio, variazione sede sociale, etc.), per le quali è indiscutibile il rapporto diretto tra committente (cioè cliente del professionista) e costo sostenuto, rispetto a quelli per pratiche che consistono in una mera estrazione di dati, come nel caso delle visure camerali. In questa seconda ipotesi viene meno del tutto il requisito “in nome del cliente”, poiché il documento cita solo il soggetto per il quale è richiesta la visura camerale (che potrebbe essere terzo rispetto a committente/cliente). A questo punto, il rischio di una contestazione di mancato inserimento di detto riaddebito nell’imponibile del professionista è tutt’altro che remoto, anche in funzione del tema della omnicomprensività del reddito da lavoro autonomo. È proprio a questo punto che viene in aiuto del contribuente la differenza sostanziale tra riaddebito di un costo che ha natura di mezzo per espletare un incarico, rispetto al riaddebito di un costo che è esso stesso oggetto dell’incarico.
Nel primo caso, siamo di fronte ad un provento tassabile, mentre nel secondo caso l’esito sarà negativo. La differenza tra le due fattispecie è, peraltro, oggetto di diverse pronunce della Agenzia delle entrate (specie ai fini Iva, tra cui risoluzione n. 430084/1990) in cui da una parte troviamo il costo sostenuto in veste di mandatario (costo/oggetto dell’incarico), dall’altra il costo sostenuto come mezzo per eseguire l’incarico. Sul punto recita la citata risoluzione n. 430084: “Il mandato con rappresentanza infatti è il contratto con cui il mandatario assume l’obbligo di compiere uno o più atti giuridici in nome e per conto del mandante, per cui non può avere per oggetto il compimento di un facere da parte del mandatario stesso”.
Proviamo ad esemplificare questa differenza:
- caso 1: una società cliente dello studio richiede al professionista di produrre la visura camerale di una società terza. Il professionista anticipa il costo e lo riaddebita al cliente. Il riaddebito è escluso da Iva e non concorre alla formazione dell’imponibile, poiché si tratta di un costo che è oggetto dell’incarico;
- caso 2: Una società chiede al professionista di valutare una azienda che potrebbe essere oggetto di trattativa di acquisto. Il professionista, per svolgere detto incarico, si procura una visura della società oggetto di possibile acquisizione. In tal caso, il riaddebito partecipa alla formazione del reddito (e dell’Iva), poiché il costo della visura è un mezzo per svolgere l’incarico e non l’oggetto stesso dell’incarico.
I due documenti, sotto il profilo formale, si presentano in forma analoga, ma diverso è il motivo per cui è sostenuto il costo. È evidente che, in questa situazione, l’unico documento che prova la motivazione del costo è l’incarico professionale che, laddove formulato in forma scritta, potrà opportunamente essere eccepito laddove l’Agenzia delle entrate intendesse contestarne il trattamento fiscale.


