Polizza estera nel quadro RW: attenzione all’interposizione
di Ennio VialLa detenzione di una polizza assicurativa presso una compagnia estera comporta, in linea generale, un obbligo di monitoraggio nel quadro RW. Vi sono varie ipotesi di esonero che, al momento, non ci interessa approfondire in questa sede. Ipotizziamo, quindi, il caso di un contribuente fiscalmente residente in Italia che sottoscriva una polizza presso una compagnia estera, come prodotto finanziario utile per gestire la sua liquidità personale.
Egli sarà tenuto ai seguenti adempimenti:
- monitoraggio fiscale;
- liquidazione dell’Ivafe;
- assoggettamento a tassazione degli eventuali redditi in ipotesi di riscatto.
La polizza rappresenta un prodotto finanziario costoso in quanto, oltre al costo dei fondi nei quali la polizza investe, si deve computare il costo della polizza stessa. Senza approfondire in questa sede i risvolti in tema di pianificazione familiare e successoria, ci possiamo limitare a segnalare la semplificazione che emerge in sede di monitoraggio fiscale. Se investissi direttamente nei vari fondi dovrei astrattamente compilare un rigo per ogni fondo. Invero, la circolare n. 12/E/2016 mi consente il monitoraggio del dossier titoli in un unico rigo: fornirò poi i dettagli all’Agenzia delle entrate su richiesta. La compilazione, tuttavia, anche di un solo rigo, non è scevra da complicazioni: occorre, infatti, essere in grado di ricostruirne il dettaglio. La complicazione esiste, poi, anche in tema di dichiarazione delle rendite finanziarie. Certamente un minimo di approssimazione viene tollerata dagli Uffici; tuttavia, qualche sforzo nei conteggi deve essere operato.
Con la polizza nulla di tutto questo è richiesto: la compilazione di un unico rigo nel quadro RW è, infatti, fisiologica e la tassazione dei redditi, oltre che conveniente (sotto il profilo del differimento), è sicuramente molto più agevole. L’articolo 45, comma 4, Tuir, infatti, annovera la casistica tra i redditi di capitale, laddove dispone che “I capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione costituiscono reddito per la parte corrispondente alla differenza tra l’ammontare percepito e quello dei premi pagati”.
Tutto molto bello! Ci sono, tuttavia, delle condizioni da rispettare. Innanzitutto, la polizza non deve essere interposta. Interessante, sul punto, è il chiarimento fornito al Punto 1.1 della circolare n. 10/E/2015 in tema di Voluntary Disclosure. L’Agenzia chiarisce che “La procedura in esame, pertanto, può essere utilmente attivata dal contribuente italiano che ha proceduto a “schermare” il proprio rapporto presso una banca estera, mediante la sua intestazione ad una società localizzata in un paese black list, o a “mascherarlo” sotto la forma di polizza assicurativa estera, riservandosi comunque la possibilità di movimentare lo stesso direttamente in qualità di procuratore speciale o indirettamente attraverso un proprio gestore di fiducia”.
La polizza potrebbe, quindi, rappresentare un mero schermo. In questo caso, il monitoraggio fiscale deve avere ad oggetto il dossier titoli sottostante e non più la polizza. Viene in questo caso meno ogni forma di semplificazione, oltre al differimento della tassazione. Tale circostanza potrebbe verificarsi quando il contribuente ha la possibilità di modificare in ogni momento la composizione del dossier titoli direttamente o attraverso un consulente. Un indice, seppur meramente presuntivo di tale situazione, è rappresentato dal fatto che al contribuente viene inviata una rendicontazione completa del dossier titoli e dei conti correnti inclusi come se si trattasse di una posizione personale, con l’unica differenza che il documento non è intestato a Tizio-cliente ma alla polizza assicurativa.
Tale circostanza, tuttavia, non può essere confusa con quella assolutamente fisiologica nelle polizze dove il contraente può effettuare Switch tra i fondi disponibili al momento della richiesta rivolgendosi all’intermediario assicurativo. È legittimo che il contraente possa modificare il tipo di polizza, ma si tratta di modifiche che potremmo definire di indirizzo dell’investimento, e non modifiche “spicciole” di portafoglio. Il portafoglio non è del contraente, ma della polizza ed egli può solo dare degli indirizzi.
Sintomatici di questa impostazione sono delle limitazioni, quali il numero massimo di switch per periodo e un importo minimo delle modifiche. Se veramente il contribuente potesse operare sul portafoglio come se fosse suo, allora potrebbe comprare anche una manciata di azioni per pochi spiccioli.
In tema di monitoraggio fiscale delle polizze, ricordiamo anche l’esempio n. 15 contenuto nella circolare n. 38/E/2013. Il caso è quello di una persona fisica che stipula un contratto di assicurazione con una impresa di assicurazione di diritto estero i cui premi sono investiti in una partecipazione al capitale di una società estera localizzata in un Paese non white list in misura pari al 26 per cento, la quale detiene all’estero investimenti e attività estere di natura finanziaria. In tal caso, secondo l’Agenzia, il contribuente deve indicare nel quadro RW, in luogo del valore della polizza, il valore complessivo degli investimenti e delle attività della società estera, indicando la percentuale di partecipazione nella società estera (26%).


