26 Settembre 2025

Oltre la maschera. Un nuovo sguardo sulla professione: tra immagine, identità e specializzazioni

di Francesco Cataldi - Presidente Nazionale UNGDCECJacopo Deidda Gagliardo
Scarica in PDF

L’articolo propone una riflessione integrata sull’identità e l’evoluzione della professione del commercialista, partendo dalla necessità di superare stereotipi comunicativi e valorizzare la pluralità delle specializzazioni esistenti. In vista del Convegno Nazionale UNGDCEC di Cagliari 2025, si evidenzia l’urgenza di un nuovo racconto collettivo, strumenti normativi aggiornati e un’azione sindacale propositiva capace di sostenere il cambiamento. Un invito a riscoprire la vera immagine della categoria: plurale, competente, visibile.

C’è un filo rosso che attraversa oggi la professione di commercialista: il bisogno urgente di essere raccontati meglio, non per vanità, ma per coerenza e giustizia; perché, aldilà dello stereotipo che ci accompagna da troppo tempo, esistono esperienze, competenze e traiettorie che meritano visibilità e che anni fa sarebbero state impossibili da immaginare. Infatti, l’aspetto che ancora oggi predomina è quello di un professionista sommerso da scadenze, tecnico competente ma invisibile, distante dalle sfide strategiche del Paese. Una rappresentazione riduttiva, spesso cristallizzata nei media, che non rispecchia l’evoluzione reale del nostro lavoro e che, silenziosamente, ne scolorisce il valore percepito.

A partire da questo problema, abbiamo voluto costruire un percorso nuovo in concomitanza del nostro prossimo evento nazionale; lo abbiamo chiamato “Oltre la maschera”, ed è il titolo del Convegno Nazionale UNGDCEC che si terrà a Cagliari il 2 e 3 ottobre 2025. Ma prima ancora che un titolo, è una visione condivisa: quella di un’identità da riscoprire, da raccontare e soprattutto da mostrare.

Il cambiamento, in realtà, è già in atto. Le nuove generazioni di professionisti stanno tracciando rotte diverse: costruiscono relazioni più profonde con i clienti, si occupano contemporaneamente di nuovi ambiti, parlano il linguaggio delle imprese e delle istituzioni. Eppure, questo non emerge nel racconto pubblico, serve invece un linguaggio nuovo, collettivo, che metta in evidenza l’impatto sociale ed economico del nostro lavoro, una narrazione in cui la competenza si traduca in fiducia, e la fiducia in centralità. Perché non basta più essere preparati: bisogna anche essere percepiti come rilevanti.

Accanto alla questione dell’immagine, c’è un altro nodo da sciogliere: quello della riconoscibilità delle specializzazioni. Negli ultimi anni, la nostra professione ha attraversato una trasformazione silenziosa ma radicale. Accanto alle specializzazioni più tradizionali, oggi convivono decine di percorsi: dalla finanza agevolata alla sostenibilità, dall’internazionalizzazione all’innovazione tecnologica, dal controllo di gestione alla crisi d’impresa. Non è dispersione, ma è ricchezza: ogni specializzazione è un volto diverso della stessa professione. Ogni percorso verticale è un modo specifico di generare valore, intercettare bisogni, costruire relazioni: riconoscerlo non significa spezzare l’unità della categoria, ma rafforzarla, a patto che si smetta di considerare la specializzazione come un’etichetta elitaria e si inizi a valorizzarla come leva di identità. Anche la classica attività, quella fatta di contabilità, di dichiarativi, di vicinanza quotidiana alle imprese è una specializzazione che ha piena dignità.

L’obiettivo non è creare gerarchie, ma abilitare ogni collega a raccontarsi per ciò che è e ciò che fa, e far sì che si possano creare dei percorsi virtuosi in cui più specializzazioni convivono sinergicamente tra loro, alimentandosi vicendevolmente. Tutto questo, però, ha bisogno di strumenti concreti, non basta invocare il cambiamento: bisogna costruirne le condizioni normative, istituzionali, culturali, dall’aggiornamento delle specializzazioni, ai tariffari, passando per l’equo compenso e una formazione efficace, certificata e non ridondante.

Queste non sono battaglie di principio. Sono questioni strutturali, che toccano la sostenibilità stessa della nostra professione nei prossimi anni. Se vogliamo davvero andare oltre la maschera, non possiamo limitarci alla comunicazione e alla formazione. Occorre superare l’impostazione difensiva che per anni ha segnato il dibattito sulla professione, per costruire una visione propositiva, moderna e lungimirante. I giovani devono essere messi nelle condizioni di portare innovazione dentro e fuori dagli Ordini e la rappresentanza deve tornare a essere motore di proposta, non solo presidio dei diritti acquisiti.

Siamo la generazione più istruita ma più “povera” della storia: una generazione che ha vissuto (e spesso subìto) il cambiamento, abbiamo scelto ambiti nuovi, inventato soluzioni, trovato spazio dove spazio non c’era, inventando nuove specializzazioni, oggi abbiamo il dovere di trasformare quella fatica in proposta.

Il Convegno di Cagliari sarà il nostro modo di farlo: non solo un evento, ma una presa di parola pubblica. Per mostrare chi siamo, senza scuse né paure. Per dare volto e voce a una professione che ha voglia di mettersi in gioco. Per riscrivere, insieme, un’identità più vera e più utile al Paese.

Perché andare oltre la maschera non è solo un esercizio di immagine, ma un invito a esserci.

A Cagliari. A volto scoperto.