19 Dicembre 2015

Alcune problematiche sulla fusione di ASD

di Guido Martinelli
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La necessità di riunire più associazioni sportive, “fondendole” per migliorarne la loro competitività sotto il profilo sportivo e la loro “solidità” sotto quello organizzativo ed economico è esigenza che, in questi ultimi anni, si è acuita in maniera esponenziale tanto da costringere i regolamenti delle varie Federazioni sportive a disciplinarne le modalità di esecuzione e le conseguenze sotto il profilo dei diritti sportivi (titolarità dei diritti sulle partecipazioni a determinati campionati e sulle prestazioni sportive degli atleti). Se, pertanto, questo profilo è solitamente presente nelle carte federali, poco si conosce delle modalità civilistiche attraverso le quali effettuare quella che, a tutti gli effetti, potremmo considerare una “operazione straordinaria” delle nostre associazioni.

È chiaro che l’approvazione delle operazioni di fusione che, di regola, gli ordinamenti sportivi riservano al consiglio Federale, potrà ridondare nell’ordinamento sportivo ma mai in quello civile. Mi spiego, la mancata approvazione da parte dell’organismo sportivo inibirà gli effetti della fusione in quell’ambito ma non potrà far venire meno gli effetti civilistici della fusione stessa se e ove questa sia avvenuta “secondo le regole”.

Vediamo, quindi, quali siano queste regole. In via preliminare andrà chiarito che la fusione tra enti associativi (con o senza personalità giuridica) di cui al primo libro del codice civile non è disciplinata.

Tuttavia, la possibilità di realizzare la fattispecie in esame, anche dopo la riforma del codice civile del 2003, è pacificamente ammessa dalla dottrina prevalente. Le motivazioni derivano sia dal principio generale che ritiene ammesse tutte le fattispecie non espressamente vietate (e questa è una di quelle), dal tenore letterale dell’art. 13 del D.Lgs. N. 155/06 che espressamente prevede la fusione tra organizzazioni che gestiscono imprese sociali purchè sia realizzata “in modo da preservare l’assenza di scopo di lucro” in capo al nuovo soggetto derivante dall’operazione compiuta, dalla natura di “provvedimento amministrativo” dei regolamenti federali che lo consentono, dalla circostanza che, volendo, entrambe le associazioni potrebbero trasformarsi legittimamente in società sportive di capitali e poi così fondersi secondo il dettato del codice civile.

In senso conforme alla fattibilità appare anche la disciplina fiscale (sia ai fini delle imposte sui redditi, art. 174 Tuir che Iva, art. 2 comma 3 lett. f) del DPR 633/72) che prevede espressamente la fusione di enti diversi dalle società.

Il codice civile prevede per le società due forme di fusione: la «propria» (o per unione) e la fusione per incorporazione (o per aggregazione). Per gli enti non profit è senz’altro attuabile la fusione per unione, ovvero «propria» attraverso la quale gli enti esistenti generano una nuovo ente. In questo caso si realizza la nascita a tutti gli effetti di un nuovo soggetto.

È, altresì, ipotizzabile l’aggregazione fra due enti con la quale uno prosegue l’attività in seno all’altro, che si riconduce giuridicamente alla fusione per incorporazione, dovendosi opportunamente richiamare, come testé detto, ad uno schema legislativo tipico; la fusione, in questo caso, si configura come operazione straordinaria modificativa della struttura dell’ente ed alternativa alla messa in liquidazione dell’ente aggregato con devoluzione del patrimonio a favore dell’altro.

La citata fusione per incorporazione non determina, quindi, la nascita di un nuovo soggetto (i dati sportivi – codice affiliazione, anzianità, eccetera – e quelli fiscali rimangono quelli dell’incorporante) ma l’assorbimento dell’uno nell’altro.

Entrando nel merito del procedimento si conferma la necessità del c.d. “progetto di fusione”, in analogia con quanto previsto dall’art. 2501 ter c.c., sia pure privo, ad esempio, del rapporto di cambio non potendo vantare, gli associati di entrambi gli enti, per la loro natura non profit, alcun diritto sul patrimonio sociale e, nel rispetto dell’altrettanto obbligatorio principio di democrazia, sono tutti titolari di una identica posizione giuridica.

Questo, ad avviso di chi scrive, appare irrinunciabile e dovrà necessariamente contenere:

  1. le finalità perseguite con il progetto di fusione;
  2. le modifiche dello statuto e/o comunque quale sarà il testo vigente al termine della operazione di fusione;
  3. la data dalla quale i rapporti di debito/credito dovranno essere posti in capo al nuovo soggetto.

Del progetto di fusione e dei rendiconti economico – finanziari delle associazioni coinvolte se ne dovrà dare idonea pubblicità nei trenta giorni antecedenti la delibera di fusione, ad esempio, mediante pubblicazione sui siti internet delle parti coinvolte, anche per rispondere alla previsione dell’art. 2501-septies cod. civ.

Appare opportuno anche darne comunicazione ad ogni singolo creditore affinché possa eventualmente scattare il termine dei sessanta giorni per presentare opposizione.

Il progetto di fusione dovrà essere depositato anche presso il registro delle persone giuridiche private se e ove una o entrambe le associazioni coinvolte siano dotate di riconoscimento.

L’organo preposto all’approvazione della delibera di fusione non potrà che essere l’assemblea (pur in quei casi in cui il direttivo sia dotato di poteri di straordinaria amministrazione) che dovrà essere assunta con le maggioranze statutariamente previste per le delibere di scioglimento dell’ente.

Sotto il profilo formale si specifica, infine, che la redazione per atto pubblico della delibera di fusione appare necessario solo nel caso in cui una delle due parti sia costituita come associazione riconosciuta.