26 Novembre 2025

Indagini finanziarie con presunzione legale anche sul conto cointestato

di Fabio Campanella
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La scheda di FISCOPRATICO

L’Amministrazione finanziaria può accedere ai dati, alle notizie, alle operazioni effettuate e ai documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto dai contribuenti con gli operatori finanziari e assicurativi, come previsto dall’art. 32, comma 1, n. 7), D.P.R. n. 600/1973 – in relazione alle imposte sui redditi – e dall’art. 51, comma 2, n. 7), D.P.R. n. 633/1972, per quanto riguarda l’IVA.

La Suprema Corte di Cassazione, con la recente ord. n. 19159/2025 del 12 luglio 2025, è tornata ad affrontare la questione connessa al potere dell’Amministrazione finanziaria di effettuare le indagini bancarie, chiarendo che i richiamati articoli garantiscono una presunzione legale in favore dell’Erario – che non necessita, quindi, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza ex art. 2729, c.c., essenziali per le presunzioni semplici – che può essere superata dal contribuente solo attraverso una prova analitica, da fornire per ogni movimentazione del conto bancario, che riesca a dimostrare che le citate operazioni non siano riferite ad attività fiscalmente imponibili; a fronte di un simile compendio probatorio, ricorda il Supremo collegio, il giudice di merito è tenuto a verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente, per ciascuna operazione, dandone espressamente conto nella motivazione della sentenza. I giudici hanno precisato, inoltre, in relazione ai conti correnti cointestati tra il contribuente oggetto della verifica bancaria e terzi soggetti, che non è «sufficiente ad escludere l’operatività della presunzione legale il mero riferimento alla contitolarità di un conto con il coniuge non impiegato nell’azienda ed alla commistione tra consumi familiari e attività della ditta», riconoscendo, pertanto, l’applicabilità della predetta presunzione legale anche per i rapporti finanziari non utilizzati esclusivamente per l’attività economica o gestiti congiuntamente con terzi soggetti.

La Corte, inoltre, anche con la successiva e recente ord. n. 29739/2025 dell’11 novembre 2025 è tornata ad affrontare la tematica in esame, con specifico riferimento alle indagini finanziarie relative ai professionisti, ricordando che resta invariata la presunzione legale con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, essendo venuta meno – all’esito della sent. n. 228/2014 della Corte Costituzionale – solo l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti.

Il Supremo Collegio, con l’ord. n. 19159/2025 in esame, è tornato incidentalmente ad approfondire anche la natura del giudizio di rinvio a seguito di una pronuncia della Cassazione, specificando che la riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio si configura non come atto di impugnazione, ma come attività d’impulso processuale volta alla prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata; esso è, pertanto, un procedimento chiuso, preordinato a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata in cui non solo è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum, mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente di Cassazione; neppure le questioni rilevabili d’ufficio che non siano state considerate dalla Corte Suprema, pertanto, possono essere dedotte o comunque esaminate, giacché diversamente si finirebbe per porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza di Cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità.

Il collegio di legittimità ha chiarito, inoltre, che i poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni. Nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsiex art. 384, comma 1, c.p.c. – al principio di diritto enunciato dalla sentenza di Cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nella seconda ipotesi, invece, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza ipotesi, infine, la potestas iudicandi del giudice del rinvio, oltre a estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimità.

Tornando alla questione principale della sentenza in commento, alla luce dell’interpretazione ermeneutica del Supremo collegio, si ritiene opportuno che i contribuenti gestiscano i propri conti correnti con il massimo rigore, cercando di dividere l’operatività professionale, che deve trovare una stretta rispondenza con la contabilità e i documenti commerciali, da quella familiare e personale, sia se effettuata mediante conti cointestati con altri familiari, sia se operata mediante conti unicamente intestati al contribuente, in modo da riuscire a dimostrare ai verificatori – a fronte di richieste avanzate dopo anni dall’effettuazione delle operazioni analizzate – che le singole movimentazioni di conto sono estranee all’attività esercitata e, quindi, prive di valenza impositiva.