Forfettari nel mirino: arrivano 4.000 schemi d’atto dall’Agenzia delle Entrate
di Fabio SartoriNel mese di ottobre 2025 l’Agenzia delle Entrate ha intensificato i controlli sui contribuenti in regime forfettario, inviando oltre 4.000 schemi d’atto ai soggetti per i quali, dalle analisi dei flussi dichiarativi, risultano cause ostative alla permanenza nel regime agevolato per l’anno d’imposta 2021.
Le verifiche in atto si collocano nel più ampio quadro della compliance fiscale preventiva, finalizzata a promuovere il principio del contradditorio, tra contribuente e Amministrazione finanziaria, e a stimolare la regolarizzazione spontanea prima dell’avvio dell’accertamento vero e proprio.
L’origine dei controlli
L’Agenzia ha incrociato i dati presenti nelle Certificazioni Uniche 2021, nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta e nei quadri LM dei Modelli Redditi, individuando posizioni in cui risultano redditi da lavoro dipendente o assimilati superiori a 30.000 euro nel 2020. Come è noto, tra le cause ostative all’applicazione del regime forfettario figura quella prevista dalla lettera d-ter) dell’art. 1, comma 57, Legge n. 190/2014. La disposizione stabilisce che non possono avvalersi del regime agevolato i contribuenti che, nell’anno precedente, hanno percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati (artt. 49 e 50, TUIR) superiori a 30.000 euro. La ratio della norma è evitare che il regime di favore sia utilizzato da soggetti che, pur svolgendo attività autonoma, conservano fonti di reddito stabile e significativo da lavoro dipendente, in potenziale contrasto con la logica di sostegno all’imprenditorialità minore.
È, tuttavia, previsto un elemento di irrilevanza condizionata: la verifica della soglia dei 30.000 euro non rileva qualora il rapporto di lavoro sia cessato nell’anno precedente. In tal caso, la causa ostativa non opera, poiché la perdita del lavoro costituisce presupposto per l’avvio o la prosecuzione dell’attività autonoma in regime agevolato.
Sul piano normativo, merita di essere ricordato che la Legge di bilancio 2025 (art. 1, comma 12, Legge n. 207/2024) ha innalzato temporaneamente la soglia da 30.000 a 35.000 euro, limitatamente al periodo d’imposta 2025, al fine di adeguare il limite reddituale all’andamento inflazionistico e rendere più flessibile l’accesso al regime. Tale modifica, tuttavia, non incide retroattivamente sui periodi d’imposta precedenti, per i quali resta ferma la soglia dei 30.000 euro.
In sintesi, la verifica della causa ostativa di cui alla lettera d-ter) si sviluppa attraverso 3 fasi logiche: innanzitutto, l’accertamento dell’esistenza di redditi di lavoro dipendente o assimilati percepiti nel periodo d’imposta precedente; successivamente, il confronto dell’importo complessivo con la soglia di 30.000 euro (innalzata a 35.000 euro limitatamente al 2025); infine, la valutazione della cessazione o della prosecuzione del rapporto di lavoro, elemento che può escludere l’effetto ostativo qualora il rapporto risulti concluso prima dell’avvio dell’attività autonoma.
Dal punto di vista dichiarativo, i redditi di lavoro dipendente e assimilati percepiti nell’anno precedente trovano rappresentazione nel Quadro RC del Modello Redditi Persone Fisiche. In tale quadro devono essere riportati gli importi risultanti dalle Certificazioni Uniche (CU) rilasciate dai sostituti d’imposta, ossia dai datori di lavoro o dagli enti previdenziali e pensionistici, con riferimento alle somme corrisposte e alle eventuali ritenute operate.
Nel caso in cui il contribuente abbia percepito redditi da soggetti non qualificabili come sostituti d’imposta, ad esempio un privato che corrisponde compensi per attività di assistenza familiare, come colf, badanti o baby-sitter, i dati devono essere ricostruiti sulla base della documentazione rilasciata dal soggetto erogante (ad esempio, contratto, ricevuta, bonifico o attestazione di pagamento). Poiché il datore di lavoro domestico non riveste la qualifica di sostituto d’imposta, egli non è tenuto al rilascio della Certificazione Unica al lavoratore.
Egli è, tuttavia, tenuto a fornire al lavoratore un’attestazione annuale che riepiloghi le retribuzioni complessivamente corrisposte, gli eventuali contributi versati e le indennità maturate, secondo quanto previsto dalla prassi INPS e dai principi del CCNL del Lavoro domestico, a tutela della trasparenza e della corretta documentazione del rapporto di lavoro.
Qualora, nel corso del medesimo periodo d’imposta, il contribuente abbia instaurato più rapporti di lavoro dipendente o assimilato, la compilazione del Quadro RC richiede particolare attenzione.
Se il lavoratore ha richiesto all’ultimo datore di lavoro di effettuare il conguaglio fiscale tenendo conto anche dei redditi percepiti in precedenza, nella dichiarazione dovranno essere riportati esclusivamente i dati contenuti nella Certificazione Unica rilasciata da quest’ultimo, poiché tale documento riassume l’ammontare complessivo dei redditi cumulati e delle ritenute già operate. Diversamente, se tale richiesta non è stata formulata, il contribuente è tenuto a sommare autonomamente i redditi risultanti da tutte le CU ricevute, affinché la dichiarazione rifletta l’ammontare complessivo percepito.
Sul piano operativo, una corretta ricostruzione dei redditi da lavoro dipendente e assimilati è fondamentale per la verifica della soglia dei 30.000 euro, il cui superamento determina l’applicazione della causa ostativa alla permanenza nel regime forfettario. Eventuali errori di imputazione o omissioni nel Quadro RC — dovuti, ad esempio, a Certificazioni Uniche mancanti, duplicate o non aggiornate — possono generare scostamenti solo apparenti, che l’Agenzia delle Entrate è in grado di individuare tramite l’incrocio automatizzato dei flussi telematici.
Tali disallineamenti alimentano i sistemi di analisi del rischio dichiarativo e possono dare origine a comunicazioni di compliance volte a sollecitare il contribuente alla verifica o regolarizzazione della propria posizione.
Questionari e richieste di chiarimenti
Già nel 2024 l’Agenzia aveva inviato questionari conoscitivi a liste di contribuenti selezionati per anomalie sul 2021. Molti di tali inviti, tuttavia, non sono stati riscontrati, circostanza che ha determinato l’avvio di accertamenti formali e la predisposizione di schemi d’atto di contestazione.
Lo schema di atto, disciplinato dall’art. 6-bis, Legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), rappresenta una comunicazione preliminare all’avviso di accertamento tributario, introdotta dal Legislatore per rafforzare il principio del contraddittorio preventivo tra contribuente e Fisco.
Si tratta di un atto endoprocedimentale che anticipa il contenuto dell’accertamento definitivo e consente al contribuente di prendere visione delle contestazioni formulate dall’ufficio, esercitando il diritto di presentare osservazioni, chiarimenti o documenti integrativi entro il termine assegnato.
L’obiettivo è duplice: da un lato, assicurare la partecipazione attiva del contribuente al procedimento amministrativo, favorendo l’emersione di elementi non conosciuti dall’ufficio; dall’altro, prevenire l’emissione di atti viziati o infondati, in un’ottica di maggiore correttezza e trasparenza dell’azione impositiva.
Effetti dell’inerzia del contribuente in caso di decadenza
Il mancato riscontro alle richieste di chiarimento inviate dall’Agenzia delle Entrate è valutato, in via presuntiva, come conferma dell’anomalia rilevata. Ciò consente all’ufficio di procedere alla ricostruzione d’ufficio dei redditi e al ricalcolo delle imposte secondo le regole del regime ordinario, con conseguente decadenza dal forfettario per il periodo d’imposta interessato.
In tali casi, i redditi originariamente dichiarati in forma agevolata vengono riliquidati in base ai criteri ordinari, con obbligo di versamento dell’IVA, dell’IRPEF e dei contributi previdenziali, oltre all’applicazione delle sanzioni per infedele dichiarazione previste dal D.Lgs. n. 471/1997. Operativamente, l’ufficio trasmette uno schema d’atto di accertamento, invitando il contribuente a formulare osservazioni o memorie difensive, prima dell’emissione dell’avviso definitivo.
In assenza di adesione o definizione agevolata, l’accertamento comporta, solitamente, un aumento sostanziale del carico fiscale, determinato dalla perdita dell’aliquota sostitutiva del 15% (o 5%) e dalla ricostituzione dell’imposizione ordinaria ai fini IVA e contributivi.
Profili difensivi e adempimenti
Il contribuente che riceve la comunicazione o lo schema d’atto può intervenire in 3 modi:
- rispondere al questionario o alla richiesta di chiarimenti, fornendo documentazione che attesti la cessazione del rapporto di lavoro o la non superata soglia dei 30.000 euro;
- presentare una dichiarazione integrativa per sanare la posizione, beneficiando del ravvedimento operoso (art. 13, D.Lgs. n. 472/1997);
- partecipare al contraddittorio entro il termine assegnato, formulando osservazioni puntuali e, se necessario, chiedendo l’attivazione dell’accertamento con adesione.
Sotto il profilo probatorio, la difesa più efficace consiste nella dimostrazione documentale della cessazione del rapporto di lavoro antecedente all’avvio o alla prosecuzione dell’attività autonoma. Tale elemento, infatti, rappresenta l’unica circostanza idonea a neutralizzare l’effetto ostativo previsto dalla lettera d-ter) dell’art. 1, comma 57, Legge n. 190/2014, poiché la norma non riconosce alcuna rilevanza alla marginalità o occasionalità del reddito da lavoro dipendente in assenza di cessazione del rapporto. In tali circostanze, l’unica linea difensiva efficace consiste nel dimostrare l’inesattezza o l’incompletezza dei dati acquisiti dall’Amministrazione finanziaria, fornendo elementi documentali idonei a rettificare o integrare le informazioni presenti nelle banche dati dell’Agenzia delle Entrate.
Considerazioni finali
La campagna di controlli sui forfettari 2021 segna l’inizio di una nuova stagione dell’accertamento digitale, in cui la capacità di elaborare dati in tempo reale trasforma la prevenzione fiscale in un processo continuo e predittivo.
L’Agenzia delle Entrate non agisce più solo come organo di verifica, ma come interlocutore anticipato del contribuente, in un dialogo dove la tecnologia diventa strumento di trasparenza e responsabilità condivisa. Per i contribuenti, la sfida è conservare la coerenza dichiarativa e dimostrare la propria buona fede prima che l’anomalia diventi contestazione.
Per i professionisti, è un banco di prova culturale: saper tradurre la complessità del dato fiscale in governance, accompagnando il cliente verso una compliance consapevole, documentata e non subita.


