L’impianto agrivoltaico non ricade nel regime del reverse charge
di Alberto TealdiIl tema degli impianti agrivoltaici continua a tenere banco nell’ambito della prassi dell’Amministrazione finanziaria, vuoi per gli aspetti connessi alla determinazione del reddito legato alla produzione e cessione di energia elettrica vuoi relativamente ai regimi impositivi in ambito di imposte indirette al momento dell’acquisto e dell’installazione dell’impianto. L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 156/E/2025 è intervenuta in ambito di regime IVA della fase di costruzione, prevedendo, per i motivi sottoesposti, che non è applicabile a tale ipotesi il regime di inversione contabile (reverse charge) previsto dall’art. 17, comma 6, lett. a-ter), D.P.R. n. 633/1972. Pertanto, il committente dell’impianto, chiunque esso sia, vedrà sempre esposta in fattura l’IVA di legge non godendo finanziariamente di alcun beneficio.
La natura degli impianti agrivoltaici
Per meglio comprendere il ragionamento alla base della risposta dell’Agenzia delle Entrate in tema di acquisto e installazione di impianti agrivoltaici è necessario inquadrare brevemente, nella sostanza, cosa effettivamente si intenda per detti impianti, considerato che lo stesso documento di prassi fornisce una definizione di impianto agrivoltaico avanzato quale un:
«sistema complesso composto dalle opere necessarie per lo svolgimento di attività agricole in una data area e da un impianto agrivoltaico installato su quest’ultima che, attraverso una configurazione spaziale ed opportune scelte tecnologiche, integri attività agricola e produzione elettrica, e che ha lo scopo di valorizzare il potenziale produttivo di entrambi i sottosistemi, garantendo comunque la continuità delle attività agricole proprie dell’area».
Di fatto un impianto agrivoltaico è un sistema che combina la produzione di energia solare tramite pannelli fotovoltaici con l’attività agricola sui terreni sui quali è installato. Questo tipo di impianto consente di sfruttare le risorse del terreno potendo andare a utilizzarlo ai fini dell’attività agricola di coltivazione utilizzando appunto lo spazio sottostante i pannelli fotovoltaici generando una doppia fonte di reddito per l’agricoltore. Questo consente inoltre di abbinare la riduzione dell’impatto ambientale con la produzione sostenibile di energia, riducendo l’uso di suolo e preservando le risorse naturali. L’approccio integrato agricoltura/produzione di energia da fonti fotovoltaiche può contribuire a promuovere la sostenibilità ambientale e soprattutto economica in molte aree rurali anche interne.
Da un punto di vista normativo il documento principale che definisce e regola l’agrivoltaico in Italia è il D.Lgs. n. 199/2021, che attua la Direttiva UE 2018/2001, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Tale Decreto legislativo abbinato alle disposizioni contenute nel c.d. Decreto Agricoltura 2024 (D.L. n. 63/2024), definisce le caratteristiche degli impianti agrivoltaici e stabilisce le condizioni per l’accesso agli incentivi statali, con l’obiettivo di promuovere l’integrazione tra produzione di energia e attività agricola. Se il D.Lgs. n. 199/2021 ha introdotto il concetto, anche ripreso dall’Amministrazione finanziaria, di “agrivoltaico avanzato”, che prevede soluzioni integrative innovative per mantenere la continuità delle attività agricole, insieme a sistemi di monitoraggio per valutarne l’impatto, il c.d. Decreto Agricoltura 2024 ha posti dei limiti all’installazione di impianti fotovoltaici a terra in aree agricole, favorendo l’installazione di impianti agrivoltaici che meglio si integrano con l’attività agricola.
Il caso esaminato nella risposta n. 156/E/2025
L’intervento di prassi da parte dell’Amministrazione finanziaria nasce dalla richiesta portata avanti tramite interpello da un contribuente imprenditore agricolo ditta individuale che intende installare un impianto agrivoltaico su un terreno da lui già condotto e che continuerà, presumibilmente, a condurre anche sulla superficie sottostante i pannelli. Considerato che lo stesso imprenditore agricolo aveva già avuto modo di installare un impianto fotovoltaico totalmente integrato sulla copertura di serre e che in quell’occasione per le operazioni di acquisto e installazione dell’impianto ha avuto la possibilità di usufruire del regime di reverse charge ai sensi dell’art. 17, comma 6, lett. a-ter), intendeva conoscere:
«se le operazioni di acquisto e installazione di impianti fotovoltaici destinati all’utilizzo integrato nell’attività agricola (cosiddetto agrivoltaico avanzato secondo Direttive del MASE e D.M. Agrivoltaico) possano beneficiare del medesimo trattamento IVA, ossia l’esenzione IVA tramite il meccanismo del reverse charge, come previsto per gli impianti fotovoltaici in base alla normativa vigente»,
proponendo come soluzione interpretativa l’assimilazione delle 2 situazioni, considerata la medesima finalità di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile fotovoltaica.
L’Agenzia delle Entrate, dopo aver ripreso le definizioni di impianto agrivoltaico e impianto agrivoltaico avanzato, ha esaminato il contenuto dell’art. 17, comma 6, lett. a-ter), D.P.R. n. 633/1972, rilevando come detta disposizione preveda testualmente che sono in reverse charge «[…] le prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici». Inoltre, vengono ripresi dei documenti di prassi quali, tra le altre, la circolare n. 14/E/2015 e la circolare n. 37/E/2015.
In particolare viene evidenziato come nella circolare n. 14/E/2015 l’Agenzia delle Entrate circoscrive l’ambito del reverse charge al concetto di edificio e non di immobile, pertanto la disposizione deve intendersi riferita ai fabbricati, siano essi a uso abitativo che strumentale anche di nuova costruzione o in corso di costruzione, non rientrando pertanto nella definizione di edificio tutte quelle prestazioni che si riferiscono al terreno e a parti del suolo quali parcheggi, piscine, giardini, ecc. Successivamente, la circolare n. 37/E/2015, al par. 8, entra direttamente nell’ambito dell’applicazione del regime del reverse charge in caso di installazione di impianti fotovoltaici. L’Amministrazione finanziaria evidenzia in tale situazione come sia necessario, per poter applicare l’art. 17, comma 6, lett. a-ter), un nesso funzionale tra l’impianto e l’edificio prevedendo esplicitamente come tale nesso sia assolutamente verificato per gli impianti integrati o semi integrati con le coperture oppure, per quelli a terra, se installati su superfici di pertinenza dell’edificio, e in ogni caso sempre che questi non siano accatastati come unità immobiliari autonome in quanto in questo caso viene immediatamente meno il nesso con l’edificio.
Alla luce di tutte le considerazioni sopra sintetizzate, l’Amministrazione finanziaria chiude ritenendo che: «il descritto nesso funzionale con l’edificio non è in linea di principio rinvenibile per gli impianti agrivoltaici con le caratteristiche evidenziate dal Contribuente: tali impianti sono infatti installati su un terreno agricolo e dunque non sono né funzionali, né serventi a un edificio», ne consegue quindi che il loro acquisto e la loro installazione non può prevedere l’applicazione del regime di reverse charge previsto dall’art. 17, comma 6, lett. a-ter), D.P.R. n. 633/1972.
Calando tale risposta dell’Agenzia delle Entrate nella pratica della quotidianità aziendale possiamo in ogni caso sostenere come la questione ponga un tema meramente finanziario e temporale. Questo perché, essendo la produzione di energia elettrica un’attività che ai fini IVA, anche se svolta da azienda agricola in connessione con l’attività agricola, prevede obbligatoriamente l’applicazione di un regime IVA ordinario (con contabilità separata qualora per l’attività agricola principale si applichi il regime speciale, ex art. 34, D.P.R. n. 633/1972, che non consente la detraibilità dell’imposta) e il contribuente ha sempre la possibilità di detrarre l’IVA sulla costruzione degli impianti agrivoltaici e qualora non abbia la possibilità di compensarla con altra IVA a debito nella liquidazioni periodiche o tramite compensazione con altri tributi in F24, può sempre richiederne il rimborso all’Agenzia delle Entrate, riconducendo quindi il tema a mera questione di natura finanziaria e non economica.
Serve ricordare inoltre come, indipendentemente da quanto sopra, il n. 127-quinquies) della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972, prevede l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 10%, tra gli altri, agli «impianti di produzione e reti di distribuzione calore-energia e di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica ed eolica». I successivi n. 127-sexies), e n. 127- septies), stabiliscono l’applicazione dell’analoga aliquota ridotta, rispettivamente, ai beni, escluse materie prime e semilavorate, forniti per la costruzione delle opere, degli impianti, e degli edifici di cui al n. 127-quinquies) e alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione delle opere, degli impianti e degli edifici di cui al n. 127-quinquies).
Tale aliquota agevolata si ritiene quindi applicabile altresì per la costruzione di impianti agrivoltaici, in quanto è riferita agli impianti di produzione di energia elettrica da fonte solare fotovoltaica e non fa riferimento al fatto che questi siano in connessione o meno con gli edifici (così come la questione del reverse charge di cui sopra). La corretta applicazione dell’aliquota IVA inoltre, in caso di richiesta di rimborso, diventa fondamentale in quanto l’eventuale applicazione dell’aliquota ordinaria in luogo di quella agevolata spettante fa si che l’Ufficio conceda il rimborso solamente sull’IVA determinata con la corretta aliquota, non concedendo il rimborso per la differenza tra importo determinato con aliquota ordinaria e importo risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata.
Infine, anche nelle casistiche in cui è applicabile il regime del reverse charge, ex art. 17, comma 6, lett. a-ter), è importante che il committente integri la fattura applicando la corretta aliquota d’imposta per non incorrere in contestazioni. Prima delle modifiche apportate all’art. 6, comma 6, D.Lgs. n. 471/1997, dalla Legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 935, Legge n. 205/2017), il rischio era quello di vedersi disconosciuto il diritto alla detrazione della maggiore IVA con in aggiunta una sanzione del 90% del tributo per indebita detrazione. A seguito delle intervenute modifiche da parte della Legge di bilancio per il 2018 oggi, fermo il diritto alla detrazione, è irrogata una sanzione fissa da 250 euro a 1.000 euro.


