1 Agosto 2025

Contraddittorio endoprocedimentale e crediti oggettivamente inesistenti: un altro tassello

di Debora Mirarchi
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La scheda di FISCOPRATICO

L’applicazione ora (quasi) generalizzata del contraddittorio endoprocedimentale continua a rappresentare un tema di grande interesse.

Sebbene la recente Riforma fiscale abbia risolto macroscopici dubbi, che avevano impegnato la giurisprudenza nazionale (e unionale) degli ultimi anni, in una estenuante individuazione del perimetro applicativo del contraddittorio endoprocedimentale, la stessa Riforma solleva oggi nuove perplessità.

Il nuovo  art. 6 bis, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. e), D.Lgs. n. 219/2023, stabilisce una deroga all’obbligo di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale, operante in caso di crediti c.d. inesistenti, ovverosia – semplificando anni di pronunce e confronti dottrinali – privi di qualsivoglia fondamento documentale o giuridico o addirittura frutto di comportamenti fraudolenti.

In altri più specifici termini, l’obbligo alla preventiva instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, secondo il nuovo art. 6 bis, Statuto del contribuente, opera solo per le contestazioni relative a crediti non spettanti.

La distinzione fra la categoria della inesistenza e della non spettanza, seppur apparentemente chiara da un punto di vista meramente astratto e terminologico, si appalesa non altrettanto netta da un punto di vista pratico. Ciò in quanto “nel mezzo”, fra tali opposte categorie (non esistenza e non spettanza), vi sono una serie di ipotesi intermedie, che pongono nuove problematiche di non poco conto.

In tali casi, rientra l’ipotesi in cui l’inesistenza non sia oggettiva o ab origine, perché priva dei presupposti, ma consegua al disconoscimento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Su tale specifica situazione, si è pronunciata la Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Gorizia, con la sentenza 11 marzo 2025, n. 26, con la quale, per la prima volta, per quanto consta, è stata affrontata l’applicabilità del contraddittorio endoprocedimentale in caso di credito riqualificato come inesistente.

La questione, sottoposta all’attenzione dei giudici di merito, aveva a oggetto un atto di recupero di un credito di ricerca e sviluppo, utilizzato in compensazione dalla società ricorrente.

L’ufficio non negava l’attività innovativa svolta dalla società, documentata con analisi progettuali ed elementi contabili, formalmente corretti e riferiti ad attività effettivamente svolte, ma procedeva con il disconoscimento del credito sulla base di valutazioni tecnico-normative.

L’Agenzia, considerando il credito tout court inesistente, aveva ritenuto non operante la deroga all’obbligatoria instaurazione del contraddittorio preventivo, in base al disposto di cui all’art. 6 bis, Statuto del contribuente.

Per la società contribuente, il credito non poteva ritenersi oggettivamente inesistente, inteso come privo di qualsivoglia fondamento giuridico. L’inesistenza, infatti, non era il risultato di una condotta in qualche modo fraudolenta, finalizzata al compimento di disegni criminosi, ma derivata da una valutazione dell’Amministrazione finanziaria.

Tale aspetto è stato valorizzato da parte dei giudici di I grado, i quali hanno ritenuto come, nel caso specifico, il credito non fosse oggettivamente inesistente, con la conseguenza che, la deroga all’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale non poteva ritenersi applicabile.

Sulla base di tale preliminare considerazione di inesistenza “derivata” del credito, perché conseguente a una valutazione, la Corte ha ritenuto «fondata la preliminare eccezione relativa al mancato svolgimento della procedura di contradditorio preventivo» e, conseguentemente, dichiarato l’illegittimità dell’atto.

La Corte, ritenendo non sussistente l’ipotesi di credito inesistente, a cascata, ha rilevato l’inapplicabilità del raddoppio del termine per l’esercizio del potere impositivo, da parte dell’Amministrazione, previsto esclusivamente nella circoscritta ipotesi di credito inesistente.

L’accoglimento delle eccezioni di parte contribuente, relative alla illegittimità dell’atto di recupero, per mancata instaurazione del contraddittorio, ha spostato il punto focale della decisione, non più limitata alla verifica della sussistenza dei presupposti per l’utilizzabilità del credito in compensazione, secondo normativa, ma attenta alla corretta applicazione degli istituti posti a garanzia del contraddittorio fra Amministrazione e contribuente, sovente considerati in seconda battuta.

Si tratta, senza timore di smentita, di una pronuncia “coraggiosa” su un tema particolarmente delicato e scivoloso, poiché emessa in ossequio a principi di parità delle armi e tutela del contribuente, molto spesso sacrificati in favore di (sempre) prevalenti esigenze di garanzia del gettito erariale.