Non applicabile il favor rei alla Riforma delle sanzioni tributarie
di Fabio CampanellaIn ambito sanzionatorio tributario, il principio del favor rei è mutuato dal sistema penale come applicazione pratica del più generale principio di legalità; esso è previsto dall’art. 3, D.Lgs. n. 472/1997, che così prevede: un contribuente può essere sanzionato solo in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto compiuto (comma 1); un fatto non può essere sanzionato se una legge posteriore non lo considera punibile, salva diversa previsione normativa (comma 2) e, infine, nel caso di mutamento del regime sanzionatorio, il fatto commesso deve essere punito con la sanzione più lieve (comma 3).
Con la recente riforma tributaria ancora in corso di attuazione, sono state apportate numerose modiche al sistema sanzionatorio con una sostanziale attenuazione delle sanzioni applicabili; tuttavia, l’art. 5, D.Lgs. n. 87/ 2024, che ha dato attuazione alla delega fiscale, ha previsto che le modifiche normative in ambito sanzionatorio si applichino esclusivamente alle violazioni commesse dal 1° settembre 2024, escludendo un’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli per i fatti precedenti.
La Corte di Cassazione con le 2 recenti sentenze, n. 1274/2025 del 19 gennaio 2025 e n. 17111/2025 del 25 giugno 2025, è stata chiamata a dirimere il dubbio sulla legittimità dell’esclusione dell’applicazione retroattività del nuovo assetto sanzionatorio tributario, sostanzialmente più favorevole al contribuente rispetto a quello previgente, e quindi in violazione del principio del favor rei.
I giudici di legittimità hanno confermato che nel caso esaminato fosse legittimo escludere la retroattività alle nuove norme introdotte, argomentando – in primo luogo – in forza della Legge delega n. 111/2023 che consente una tale ipotesi; la Corte, poi, si è soffermata ad esaminare il citato art. 3, D.Lgs. n. 472/1997, che a una prima lettura del comma 3 pare non consentire alcuna deroga all’applicazione della legge sanzionatoria più favorevole ma, secondo il Collegio di Piazza Cavour, una siffatta lettura sarebbe irragionevole in forza di una interpretazione sistematica dell’intero articolo citato. Il secondo comma, infatti, prevede la possibilità che una sanzione possa continuare a essere applicata a fattispecie successivamente escluse dal nuovo regime sanzionatorio e quindi, in forza di una lettura sistematica delle 2 norme, secondo il Collegio non può che ammettersi una deroga anche al comma 3, che regola il generale principio di applicabilità retroattiva della normativa sanzionatoria più favorevole.
La Cassazione ha giustificato una siffatta interpretazione alla luce di precedenti giurisprudenziali della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia UE, concludendo che «resta comunque chiaro che la deroga al principio della applicazione della legge più favorevole, come agevolmente si desume dai precedenti della Corte di legittimità e dalle Corti unionali, ha il suo comune denominatore nella esigenza di comparazione con altri diritti di rango costituzionale o eurounitario, comparazione all’esito della quale la lex mitior può risultare recessiva, giustificandosene dunque la deroga. Ebbene, per quanto qui di interesse, l’irretroattività disposta dal citato art. 5, comma 2, del DLgs. n. 8 del 2024 [art. 5, D.Lgs. n. 87/ 2024, n.d.A] per le nuove sanzioni, complessivamente più favorevoli per il contribuente, si colloca in un contesto, interno ed esterno, che accompagna la rimeditazione dell’intero sistema sanzionatorio, sul piano qualitativo come quantitativo».
Il Collegio, nel valutare complessivamente la Riforma in discussione, ha attribuito alla stessa un ampio respiro emendativo del precedente assetto, considerando che il progetto di Riforma – oltre ad aver rideterminato le sanzioni in senso favorevole al contribuente – ha ripensato il ruolo stesso della sanzione, implementando un contesto di collaborazione tra Amministrazione finanziaria e contribuente, valorizzando la condotta successiva o pregressa del contribuente, in uno spirito radicalmente rivoluzionato rispetto al passato, prevedendo persino forme di compensazione tra sanzioni comminate e crediti maturati nei confronti delle amministrazioni, con la conseguenza – secondo i giudicanti – che concentrare l’attenzione esclusivamente sulla riduzione del carico sanzionatorio rischierebbe di limitare il cono visivo sulla Riforma, che non verrebbe vagliata nella sua complessa articolazione.
Secondo il collegio, pertanto, un simile riassetto complessivo del sistema sanzionatorio permette già da solo di giustificare la limitazione dell’applicazione retroattiva delle nuove norme sanzionatorie maggiormente favorevoli al contribuente. In aggiunta, tuttavia, la Corte ha messo ulteriormente in evidenza che una modifica di tale portata al sistema tributario, con un minor carico sanzionatorio in relazione alla modifica del rapporto fisco – contribuente, comporterebbe una riduzione delle risorse che l’Erario ha ragionevolmente preventivato di incassare sulla base del previgente assetto sanzionatorio vigente, con un diretto impatto sul principio del rispetto dell’equilibrio di bilancio e di sostenibilità del debito pubblico (ex art. 97, Costituzione), oltre che sul rispetto di altri diritti di rango costituzionale come quelli inerenti le prestazioni sanitarie (ex art. 32, Costituzione), scolastiche (ex art. 34, Costituzione) o di sicurezza pubblica.


