15 Luglio 2025

Dalla rendicontazione aziendale alla visione integrata: come l’Integrated Reporting riscrive il valore sostenibile

di Fabio Sartori
Scarica in PDF

Nel panorama economico contemporaneo, il concetto di rendicontazione aziendale ha progressivamente superato la dimensione meramente contabile per approdare a un approccio trasversale fondato sull’integrazione tra performance economico-finanziarie e impatti ambientali, sociali e di governance (ESG).

Nel panorama attuale della rendicontazione aziendale, la sostenibilità è spesso trattata come un capitolo a parte, relegata all’interno del bilancio di sostenibilità – un documento distinto e separato rispetto al bilancio d’esercizio, che invece si concentra sugli aspetti economico-finanziari. Questa divisione, ancora molto diffusa, finisce per generare una frattura nell’informazione: chi vuole comprendere davvero come un’impresa crea (o distrugge) valore nel tempo è costretto a districarsi tra due documenti diversi, raramente correlati tra loro e spesso privi di una visione unitaria.

Per ovviare a tale discontinuità e promuovere una rappresentazione unitaria, coerente e orientata alla creazione di valore sostenibile, si è affermato il concetto di Integrated Reporting (IR) o bilancio integrato, noto anche come One Report: un unico documento sintetico capace di fondere in maniera strutturata e strategica le dimensioni finanziarie e non finanziarie della performance aziendale.

Questa logica supera definitivamente la dicotomia tra bilancio d’esercizio e bilancio di sostenibilità, proponendo una struttura informativa unificata, capace di rappresentare la creazione di valore nel tempo, sia per l’impresa che per i suoi stakeholder.

L’Integrated Reporting (IR) non è semplicemente un accostamento di contenuti distinti, ma implica una visione sistemica – o, appunto, olistica – dell’attività d’impresa, in cui il capitale finanziario, canonicamente inteso, coesiste e interagisce con altre forme di capitale – umano, relazionale, naturale, intellettuale – nel determinare la performance complessiva. L’obiettivo primario dell’IR è quello di fornire agli stakeholder una rappresentazione sintetica del valore dell’impresa nei diversi esercizi, superando l’approccio tradizionale incentrato esclusivamente sulla prospettiva degli shareholder come destinatari privilegiati dell’informativa aziendale.

Tale impostazione rappresenta un’evoluzione culturale rispetto alla visione dominante per buona parte del Novecento, fortemente influenzata dalla dottrina economica di Milton Friedman (1970). Secondo quest’ultima, il successo di un’azienda doveva essere misurato esclusivamente in funzione del valore economico prodotto per gli azionisti, tramite il consumo e lo sfruttamento delle risorse disponibili. Una prospettiva oggi considerata riduttiva, in quanto ignora la scarsità e esaustibilità delle risorse naturali e gli impatti sistemici – ambientali, sociali e di governance – che un utilizzo indiscriminato può generare nel medio-lungo termine. L’IR si propone, quindi, come risposta a tale miopia strategica, promuovendo una rendicontazione integrata che tenga conto della sostenibilità della creazione di valore e dei trade-off intertemporali tra i diversi capitali.

Dal punto di vista pratico, il One Report si propone come un documento chiave per la governance aziendale, poiché favorisce l’allineamento tra reporting e strategia, rende più efficaci i processi decisionali e rafforza la fiducia delle parti interessate. In un contesto di crescente pressione normativa (CSRD, SFDR, EU Taxonomy) e reputazionale, la capacità di comunicare in modo sistemico la sostenibilità finanziaria e non finanziaria si traduce in un vantaggio competitivo, non solo in termini di trasparenza, ma anche di accesso al capitale (ad esempio attraverso strumenti come gli ESG-linked loans o le obbligazioni verdi).

L’adozione del modello di rendicontazione integrata costituisce un potente volano di trasformazione culturale all’interno delle organizzazioni. Essa richiede il superamento delle tradizionali strutture operative a compartimenti stagni (silo-based), favorendo l’affermazione di un pensiero integrato in cui tutte le funzioni aziendali – dalla pianificazione strategica al risk management, dalla finanza alla sostenibilità – agiscono in modo coordinato secondo una visione unitaria, trasversale e orientata alla creazione di valore nel lungo termine. In tale contesto, l’Integrated Reporting non si limita a svolgere una funzione informativa, bensì assume il ruolo di leva strategica e organizzativa, pienamente coerente con i principi della governance sostenibile.

La struttura del report integrato si basa sui principi delineati dall’International Integrated Reporting Framework (IIRF), pubblicato in una prima versione nel 2013 e successivamente aggiornato. L’ultima revisione, applicabile ai report a partire dall’esercizio 2022, ha rafforzato l’enfasi sulla creazione di valore sostenibile e sulla connettività tra informazioni finanziarie e non finanziarie, consolidando ulteriormente l’IR come strumento chiave per un reporting strategico e orientato al futuro.

Il modello dell’IR si distingue da altri sistemi di rendicontazione, come quelli elaborati da SASB e GRI, per il suo approccio meno prescrittivo e più orientato ai principi generali. Non sono imposti elenchi vincolanti di indicatori di performance (KPI), ma piuttosto vengono delineati criteri di riferimento utili a guidare la costruzione del report in funzione delle specificità aziendali. L’accento è posto sulla qualità e sulla rilevanza delle informazioni comunicate: esse devono offrire una rappresentazione sintetica ma esaustiva delle dinamiche che influenzano la capacità dell’organizzazione di creare valore nel tempo. Particolare attenzione è dedicata alla trasparenza rispetto sia agli aspetti positivi che a quelli critici, e alla possibilità per gli stakeholder di confrontare i dati nei diversi periodi e, ove possibile, con quelli di altre imprese del medesimo settore.

Secondo l’IIRF la creazione di valore delle imprese deriva da una corretta gestione di 6 tipologie di capitale distinte. L’adozione dell’IR dovrebbe efficientare l’utilizzo dei capitali e ridurre i costi di gestione e gli sprechi nel medio e lungo termine. L’approccio dell’IR distingue categorie diverse di capitale, ognuna delle quali rappresenta una dimensione chiave della struttura organizzativa e precisamente:

  • capitale finanziario: risorse monetarie e strumenti finanziari impiegati per sostenere le attività aziendali (es. capitale proprio, debito, strumenti obbligazionari, ecc.);
  • capitale produttivo: beni materiali strumentali al processo produttivo, come impianti, fabbricati, attrezzature, mezzi tecnici e infrastrutture;
  • capitale intellettuale: asset immateriali legati al know-how aziendale, quali brevetti, software, modelli organizzativi, licenze, metodologie operative e innovazioni procedurali;
  • capitale umano: conoscenze, competenze, esperienze e capacità del personale interno all’organizzazione;
  • capitale sociale e relazionale: l’insieme delle relazioni e dei legami costruiti con la comunità, gli stakeholder, i clienti, i fornitori e gli altri portatori di interesse;
  • capitale naturale: risorse ambientali e servizi ecosistemici, sia rinnovabili che non, tra cui acqua, aria, suolo, biodiversità, foreste, materie prime, ecc.

Adottare l’IR comporta un profondo ripensamento dei sistemi aziendali di raccolta, validazione e comunicazione delle informazioni. Occorre un approccio proattivo, basato su indicatori prospettici e su una visione unitaria e trasversale delle funzioni aziendali.

L’adozione dell’IR non è, tuttavia, esente da difficoltà. Tra le principali criticità operative, infatti, si evidenziano:

  • la difficoltà di integrare le informazioni ESG all’interno dei sistemi gestionali esistenti (ERP);
  • la limitata cultura interna nella valutazione del capitale non finanziario, come quello umano, relazionale o ambientale;
  • la fragilità dei presidi di controllo sulla qualità delle informazioni qualitative.

Ciononostante, l’evidenza empirica conferma i vantaggi dell’IR: tra questi, una maggiore trasparenza percepita da parte degli stakeholder e una riduzione della volatilità del costo del capitale. Tali benefici sono particolarmente evidenti nelle organizzazioni che adottano il framework con coerenza strategica e non come mero adempimento formale.

L’IR si configura così non solo come uno strumento di rendicontazione avanzata, ma anche come un acceleratore di cambiamento culturale e direzionale. Il suo valore risiede nella capacità di orientare le decisioni aziendali verso una creazione di valore sostenibile, inclusiva e di lungo periodo. Le imprese che lo adottano con convinzione registrano una più elevata fiducia da parte dei portatori di interesse, una maggiore resilienza organizzativa e una reputazione più solida sul mercato.

Guardando avanti, si delineano due sfide principali:

  1. armonizzare l’IR con i requisiti informativi obbligatori previsti dagli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), evitando ridondanze e duplicazioni;
  2. supportare le PMI in un percorso di adozione progressiva e calibrata, attraverso strumenti operativi accessibili ma metodologicamente solidi.

L’Integrated Reporting si propone, dunque, come una delle forme più mature e strategicamente rilevanti di rendicontazione aziendale. Nonostante la sua adozione sia ancora contenuta, soprattutto tra le realtà di piccole dimensioni, esso costituisce un’opportunità concreta per ripensare in chiave integrata il rapporto tra sostenibilità e performance.

In questa prospettiva, il vero salto di qualità non riguarda il report in sé, bensì l’evoluzione del pensiero gestionale: passare dalla rendicontazione della performance alla progettazione della creazione di valore.