6 Febbraio 2016

Ancora dubbi per la riduzione sul fabbricato in comodato

di Comitato di redazione
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Una delle tematiche che ha affascinato numerosi colleghi dopo il varo della Legge di Stabilità è quella che riguarda il possibile beneficio introdotto dall’articolo 1, comma 10, della Legge 208/2015 in tema di IMU e, per identità di base imponibile, anche di TASI.

Come noto, la norma introduce una riduzione al 50% del tributo locale in alcune particolari situazioni di concessione gratuita (comodato) di immobili non di lusso (quindi differenti dalle categorie catastali A1, A8 e A9) a terzi soggetti (qualificati).

I beneficiari della attribuzione che ricevono l’immobile sono:

  • i parenti in linea retta entro il primo grado del concedente;
  • che utilizzano l’immobile come abitazione principale.

Inoltre, la stessa norma precisa che il titolo di assegnazione deve essere un contratto di comodato registrato.

A tale riguardo, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in risposta ad apposito quesito formulato, ha precisato quanto segue:

  • se il comodato è redatto in forma scritta, lo stesso va registrato in termine fisso di 20 giorni. Pertanto, per effetto del meccanismo di calcolo “a mesi” della base imponibile, per poter beneficiare della riduzione per l’intero anno (in presenza delle altre condizioni) è necessario che il contratto sia stipulato entro il 16 gennaio 2016 e si proceda alla registrazione entro il 5 febbraio;
  • se il contratto è stipulato in forma verbale, le regole di funzionamento dell’imposta di registro non prevedono un obbligo di registrazione, con esclusione delle ipotesi di enunciazione del predetto accordo in altri atti soggetti a registrazione. Per risolvere tale situazione, il Ministero ha opportunamente citato le disposizioni dello Statuto del Contribuente che, in caso di introduzione di nuovi obblighi o adempimenti (in questo caso potremmo più correttamente dire “oneri”) prevede la concessione di un termine non inferiore a 60 giorni per provvedere. Da ciò, deriva che la registrazione effettuata entro il 1° marzo, vale a dire il 60° giorno successivo alla entrate in vigore della Legge di Stabilità, legittima la fruizione del beneficio.

Risolta tale questione, rimane solo da constatare come la “notizia” avrebbe forse meritato una ufficializzazione differente dalla semplice risposta al quesito, ma nella sostanza accettiamola così come ci è stata proposta.

Dopo avere superato le questioni “formali e burocratiche” si tratta di comprendere in modo preciso, però, quali siano i requisiti sostanziali.

A tale riguardo, la norma prevede due situazioni:

  1. soggetto che possiede un solo immobile su tutto il territorio nazionale: in tal caso il beneficio è riservato al caso in cui il concedente (che si priva dell’immobile a favore del comodatario) risieda e dimori abitualmente nello stesso comune nel quale è ubicato il fabbricato abitativo. Sembra, insomma che sia necessaria una condizione di vicinanza fisica tra i due parenti in linea retta di primo grado e tale vicinanza è stata “concretizzata” in relazione al territorio comunale;
  2. soggetto che possiede due immobili sul territorio nazionale: in tal caso il beneficio è ammesso a condizione che i fabbricati siano collocati nel medesimo comune ed il concedete dimori abitualmente ed abbia la residenza nell’immobile che trattiene per sè. Anche in questo caso, la vicinanza fisica è il parametro prescelto per la concessione del beneficio.

Il vincolo in merito alla inesistenza di altri fabbricati sul territorio nazionale è stato già chiarito dal Dipartimento delle politiche fiscali nelle risposte informali diffuse, ove si è affermato che la condizione va verificata esclusivamente in relazione alla presenza di altri fabbricati a natura abitativa.

Quindi, non rileva, in senso preclusivo, la presenza di immobili:

  • di categoria diversa da quella abitativa;
  • di terreni;
  • eccetera.

Una vicenda spesso sollecitata dai colleghi è quella che riguarda il contribuente che abbia (ad esempio) più figli, a ciascuno dei quali conceda abitazioni in comodato; il senso logico spingerebbe a ritenere che si possa estendere l’agevolazione, mentre il tenore letterale della norma sembra precludere qualsiasi soluzione positiva al riguardo.

Rimane una ultima questione sulla quale varrebbe la pena di fare chiarezza, in modo da sdoganare definitivamente la vicenda.

Se il contribuente possiede quote di fabbricati abitativi in aggiunta a quelli oggetto, rispettivamente, di comodato e di abitazione propria, si può ritenere consolidata l’agevolazione, oppure no?

La vicenda interessa, frequentemente, le ipotesi di possesso di quote pervenute per effetto di successione.

A nostro giudizio, tale situazione dovrebbe essere risolta in modo positivo, in quanto parrebbe che lo spirito della norma sia quello di premiare coloro che non hanno il possesso di altri fabbricati che, si ritiene, siano stati volontariamente acquistati.

In questa ipotesi, invece, si tratterebbe di un possesso non “cercato” e che, pertanto, non dovrebbe impedire l’agevolazione.

Peraltro, ove si volesse accogliere questo suggerimento, la risposta non potrebbe che essere tranciante, nel senso di riconoscere o negare l’agevolazione a prescindere dal peso della quota, fatta salva l’ipotesi in cui si tratti di unico erede, caso nel cui, forse, il ragionamento potrebbe risultare più difficoltoso.