Il CPB, le imposte anticipate e le prospettabili questioni di censura costituzionale (I parte)
di Luciano SorgatoLa questione che si vuole esaminare si correla specificamente alle differenze temporanee che, in conseguenza delle particolari dinamiche impositive che il Tuir raccorda a taluni componenti reddituali, generano il c.d. effetto imposte anticipate, come, per ricongiungere la questione all’esempio più frequentemente rappresentato nella pubblicistica, avviene per il compenso agli amministratori dedotti per competenza, ma fiscalmente ripresi in quanto non pagati dalla società. Se il pagamento degli emolumenti avviene temporalmente in un periodo d’imposta di vigenza del concordato, viene comunemente rappresentato come la simmetrica variazione in diminuzione compensativa di quella in aumento, operata nel periodo d’imposta della sola maturazione del compenso, s’infranga con la determinazione predefinita del reddito concordatario, rendendo non beneficiabili le corrispondenti imposte anticipate, che, pertanto, devono essere stralciate dal bilancio.
In tale prima parte dell’approfondimento si verificherà l’inconciliabilità di tale preclusione con la natura ordinaria del reddito concordatario, mentre in una seconda parte si analizzerà la possibilità, qualora il testo normativo non dovesse venire corretto, di sopravanzare la versione letterale della norma con il ricorso ad un’interpretazione costituzionalmente orientata.
La rappresentata preclusione è senz’altro corretta, se lo scrutinio viene limitato ad una mera aderenza alla rappresentazione letterale del testo normativo, ma di inconciliabile coerenza sia con uno dei fondamentali principi di presidio costituzionale dell’obbligazione tributaria, rigorosamente legiferato ad invalicabile divieto della doppia tassazione incentrata sul medesimo presupposto d’imposta e sia con il costituzionale principio dell’uguaglianza (articolo 3, Costituzione), che la Corte Costituzionale pone a base del divieto di irragionevole discriminazione delle situazioni giuridiche raccordabili alla medesima ratio delle norme in questione.
Nel caso in esame, le prescrizioni sono rappresentate dai commi 2 e 3 dell’articolo 16, D.Lgs. 13/2024, a mente dei quali:
- comma 2: “il saldo netto tra le plusvalenze, le sopravvenienze attive e le minusvalenze, le sopravvenienze passive e le perdite sui crediti, nonché’ i redditi derivanti dalle partecipazioni di cui al comma 1 determinano una corrispondente variazione del reddito concordato secondo i meccanismi previsti dalle singole disposizioni a esse applicabili”;
- comma 3: “le perdite fiscali conseguite dal contribuente nei periodi d’imposta precedenti riducono il reddito determinato ai sensi del citato testo unico delle imposte sui redditi”.
In questa prima parte dell’analisi del tema
L’esame di diritto in questione non può che dipartire dalla natura del reddito concordatario, il quale viene fatto derivare da variabili che si intersecano con l’ordinaria capacità contributiva del contribuente. Chiaro, in tal senso, è il comma 1 dell’articolo 9, Decreto CPB, a mente del quale: “La proposta di concordato è elaborata dall’Agenzia delle entrate, in coerenza con i dati dichiarati dal contribuente e comunque nel rispetto della sua capacità contributiva, sulla base di una metodologia che valorizza, … le informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria, limitando l’introduzione di nuovi oneri dichiarativi. La predetta metodologia, predisposta per i contribuenti …. tiene conto degli andamenti economici e dei mercati, delle redditività individuali e settoriali desumibili dagli indici sintetici di affidabilità fiscale e delle risultanze della loro applicazione …”.
In altri termini, il reddito concordatario trae origine da un raccordo con quella che dovrebbe essere l’ordinaria dinamica reddituale del contribuente. Le variabili estranee a un monitoraggio incentrato sulle ordinarie attitudini produttivo–economiche del contribuente, vengono previste separatamente e fatte intersecare algebricamente con la ricostruzione del reddito ordinario commisurato su un normale ciclo imprenditoriale di periodo. In tal senso, orienta la citata prescrizione, che dispone il cumulo del saldo delle componenti reddituali straordinarie con il reddito concordatario, generando un montante fondato su una promiscuità di addendi individuati su base analitica i primi e su base presuntivo ordinaria il secondo. La conclusione appare pacifica e proprio tale intersezione rende evidente, in virtù della diversa identità (analitica e presuntiva) delle due componenti che commisurano il reddito concordatario, che nella componente presuntiva affluiscono solo variabili raccordate ad un modello di normalità economica raccordata per gli imprenditori al regime della competenza inteso come ordinario rapporto di costi–ricavi d’esercizio.
Anche le perdite pregresse (pur esse raccordate al citato effetto delle imposte anticipate) seguono l’ordinaria disciplina fiscale della compensazione, proprio in quanto temporalmente non incapsulabili nella predeterminazione dell’ordinario reddito di periodo. In conclusione, l’eventuale maggior reddito necessario per l’adeguamento fiscale al reddito concordatario partecipa al solo modello di normale redditività che deriva dall’ordinario ciclo produttivo di periodo (nella sostanza, dal momento che i costi d’esercizio risultano già dalle scritture contabili, l’integrazione si raccorda con gli ordinari ricavi attesi dal meccanismo alla base della determinazione concordataria, ma non conseguiti). Proprio la natura delle differenze temporanee e la loro manifesta asimmetria fiscale – rispetto all’ordinario principio della competenza alla base del modello di normalità economica (cui si raccorda la componente presuntiva del reddito concordatario) – portano a dover verificare una prospettiva correttiva della norma attraverso il ricorso all’interpretazione costituzionalmente orientata che si procederà ad analizzare in un ulteriore contributo.