27 Febbraio 2017

La cessione dell’autovettura in leasing

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Nella realtà aziendale di tutti i giorni, l’utilizzo del contratto di leasing quale strumento di finanziamento per l’acquisto di beni strumentali è oramai una prassi più che consolidata. In tal senso il ruolo da protagonista lo riveste senza dubbio l’autovettura, “classico” bene per il quale l’utilizzo del leasing risponde a logiche di semplicità e duttilità.

Tuttavia, dal punto di vista fiscale, per tali beni il contratto di leasing pone sempre questioni critiche, soprattutto laddove si decida di cedere l’auto – nel corso del contratto – prima del riscatto finale, in tal caso si deve procedere tramite la cessione del contratto.

A tale proposito, un primo aspetto riguarda la quantificazione della sopravvenienza attiva imponibile ex articolo 88 comma 5 del Tuir, considerando che la deduzione dei canoni di leasing è avvenuta in misura limitata, conformemente a quanto previsto dall’articolo 164 del Tuir. Inoltre, ci si deve chiedere se l’anticipata estinzione del leasing, per effetto della cessione del relativo contratto, sia produttiva di effetti in ordine alla spettanza della deducibilità, seppur limitata, dei canoni corrisposti fino alla cessione dalla società cedente.

Relativamente alla prima questione, come detto, nel caso in cui l’impresa utilizzatrice ceda il contratto di leasing, ai sensi dell’articolo 88 comma 5 del Tuir, essa realizza una sopravvenienza attiva imponibile in misura pari al valore normale del bene alla data di cessione del contratto.

Come chiarito dalla circolare AdE 108/E/1996 (quesito 6.11), ai fini della determinazione della sopravvenienza attiva, il predetto valore normale va diminuito del valore attualizzato dei canoni relativi alla residua durata del contratto e del prezzo stabilito per il riscatto, che dovranno essere pagati dal cessionario in dipendenza della cessione del contratto.

Quando l’oggetto del contratto di leasing ceduto è un’autovettura che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 164 del Tuir, si rendono necessarie alcune ulteriori considerazioni.

Tale disposizione, infatti, contiene alcune limitazioni al riconoscimento fiscale del costo sostenuto per l’acquisto dei mezzi di trasporto utilizzati nell’esercizio d’impresa o arte e professione. Coerentemente, il comma 2 di tale articolo precisa testualmente che “ai fini della determinazione del reddito d’impresa, le plusvalenze e le minusvalenze patrimoniali rilevano nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato”.

Lo spirito della riportata disposizione è quello di evitare un’ingiusta penalizzazione nella determinazione di un componente reddituale positivo laddove i componenti negativi precedentemente dedotti abbiano sofferto di alcune limitazioni quantitative.

Nel caso di cessione del contratto di leasing avente per oggetto un’autovettura ci si pone il dubbio se tale criterio di proporzionalità (riferito alla percentuale di deducibilità dei canoni di leasing) possa trovare applicazione anche ai fini del calcolo della sopravvenienza attiva di cui all’articolo 55 comma 3 del Tuir, posto che in tale contesto non sussiste alcuna esplicita previsione da parte del legislatore. Ragioni di coerenza normativa, tuttavia, farebbero propendere in senso favorevole, anche se ad oggi non risultano prese di posizione ufficiali da parte dell’Amministrazione finanziaria, se non in relazione all’ipotesi di cessione dell’autovettura, ma successivamente al riscatto della stessa: nel qual caso è necessario tener conto dei canoni dedotti al fine di determinare la plusvalenza tassabile (circolare AdE 47/E/2008).

Per quanto riguarda i canoni di leasing già dedotti in passato, il MEF, nella risoluzione 183/E/2000, rispondendo ad uno specifico quesito riguardante il riscatto anticipato del bene prima del decorso del periodo minimo sopra indicato, ha precisato che l’espressione “durata del contratto”, prevista dall’articolo 102 del Tuir, “deve intendersi riferita alla durata del contratto prevista e non a quella effettiva”. Si ritiene, pertanto, che tale interpretazione possa essere estesa anche all’ipotesi di cessione del contratto, poiché anche in tal caso deve essere applicabile il principio esposto, secondo cui rileva la durata prevista contrattualmente e non quelle effettiva; consegue che, se la durata prevista rispetta il dettato dell’articolo 102 del Tuir, non vi è nessun motivo per disconoscere la deduzione dei canoni corrisposti dal cedente prima della cessione del contratto.

Temi e questioni del reddito d’impresa con Giovanni Valcarenghi