23 Ottobre 2017

Trattamento IVA dei voli aerei acquistati presso fornitori non residenti

di Marco Peirolo
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Nell’operatività aziendale può capitare che i voli aerei siano acquistati presso fornitori non residenti, nel qual caso occorre capire come deve essere trattata la fattura ricevuta.

Ipotizzando che il volo si riferisca ad un viaggio nazionale, è necessario considerare distintamente l’ipotesi in cui l’impresa italiana acquista il biglietto direttamente dalla compagnia aerea non residente rispetto a quella in cui il biglietto è acquistato presso un diverso soggetto che opera in qualità di intermediario.

Nel primo caso, rileva l’articolo 7-quater, comma 1, lett. b), del D.P.R. 633/1972, che – in conformità all’articolo 48 della Direttiva n. 2006/112/CE – considera le prestazioni di trasporto di passeggeri come territorialmente rilevanti ai fini IVA in proporzione alla distanza percorsa nel territorio dello Stato.

Il criterio della territorialità proporzionale implica che i trasporti intracomunitari e internazionali assumono rilevanza ai fini IVA per la quota-parte del corrispettivo riferita alla tratta nazionale, per la quale è applicabile il beneficio della non imponibilità dell’articolo 9, comma 1, n. 1), del D.P.R. 633/1972.

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 37/E/2011 (§ 3.1.3), ha confermato le istruzioni già impartite in passato con riguardo alla determinazione delle percentuali forfetarie di percorrenza nel territorio nazionale per i vari tipi di trasporto di passeggeri, tra cui si ricordano a titolo esemplificativo:

  • per il trasporto marittimo internazionale, la C.M. 11/420390/1980, che fissa forfetariamente – nella misura del 5% di ogni singolo intero trasporto – la quota-parte del servizio di trasporto marittimo internazionale che può considerarsi effettuata nel territorio dello Stato, sia pure in regime di non imponibilità;
  • per il trasporto aereo internazionale, la M. 89/E/1997, in base alla quale le prestazioni di servizi rese nello spazio aereo italiano devono essere forfetariamente individuate nella misura del 38% dell’intero tragitto del singolo volo internazionale.

Nel caso considerato, in cui il trasporto aereo è esclusivamente nazionale, l’intero corrispettivo risulta soggetto a IVA in Italia.

Il debitore dell’imposta, in base all’articolo 17, comma 2, del D.P.R. 633/1972, è l’impresa acquirente, che applica pertanto la procedura di reverse charge, distinguendo a seconda che la compagnia aerea sia stabilita in altro Stato UE o in uno Stato extra-UE.

Nel primo caso, la fattura ricevuta deve essere integrata e registrata secondo le previsioni degli articoli 46 e 47 del D.L. 331/1992, applicabili di norma agli acquisti intracomunitari di beni, mentre nel secondo caso è l’impresa italiana che, ai fini dell’IVA, deve emettere autofattura.

A prescindere dalla tecnica impositiva, l’imposta è calcolata con l’aliquota del 10% e, in sede di liquidazione periodica, non si realizza la sterilizzazione dell’IVA a debito, in quanto l’articolo 19-bis1, comma 1, lett. e), del D.P.R. 633/1972 prevede l’indetraibilità oggettiva dell’imposta assolta sulle prestazioni di trasporto di persone (salvo che le stesse formino oggetto dell’attività propria dell’impresa).

Passando adesso ad esaminare l’ulteriore caso preso in considerazione, che ricorre quando l’impresa acquista il biglietto aereo presso un intermediario non residente, ipotizziamo che la compagnia aerea sia italiana.

In linea di principio, la fattura emessa dall’intermediario dovrebbe distinguere la commissione ad esso spettante dal costo del volo aereo, anticipato in nome e per conto dell’impresa.

In questa situazione, la prestazione di intermediazione, pur riguardando un servizio di trasporto di passeggeri, non segue il criterio di territorialità proporzionale previsto dall’articolo 7-quater, comma 1, lett. b), del D.P.R. 633/1972, qualificandosi invece come prestazione di servizio “generica”, ex articolo 7-ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. 633/1972.

Fermo, quindi, restando che la commissione addebitata dall’intermediario estero è territorialmente rilevante in Italia, la modalità di applicazione dell’imposta dipende ancora una volta, in base al richiamato articolo 17, comma 2, del D.P.R. 633/1972, dallo Stato di stabilimento dell’intermediario. Di conseguenza, l’impresa italiana deve assolvere l’IVA con la procedura di integrazione o di autofatturazione, rispettivamente nel caso in cui l’intermediario sia stabilito in altro Stato UE o in uno Stato extra-UE.

A differenza, però, della prestazione di trasporto di persone, la relativa prestazione di intermediazione, in sede di reverse charge, dà luogo all’addebito dell’IVA con aliquota ordinaria (22%), che può essere però neutralizzato in liquidazione periodica, non operando il divieto previsto dall’articolo 19-bis.1, comma 1, lett. e), del D.P.R. 633/1972.

La componente della fattura riferita al costo del volo aereo anticipato, in nome e per conto dell’impresa, dall’intermediario non assume rilevanza ai fini IVA in sede di reverse charge, in quanto già assoggettata ad imposta da parte della compagnia aerea nazionale.

Potrebbe, tuttavia, accadere che nella fattura ricevuta non sia operata alcuna distinzione tra la commissione e il costo del volo. In questa ipotesi, in assenza di parametri noti per conoscere quale sia l’importo della commissione, l’impresa può limitarsi a registrare la fattura in contabilità generale.

 

Il trattamento Iva delle operazioni con l’estero