30 Maggio 2018

Consegna in prestito d’uso per conto di cliente extra-UE: regole Iva

di Marco Peirolo
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Nella prassi delle operazioni con l’estero può accadere che l’impresa italiana realizzi, per conto di un cliente extra-UE, uno o più stampi da consegnare, su ordine del cliente stesso, ad un soggetto terzo, di altro Stato UE.

Il destinatario finale degli stampi non si qualifica come secondo cessionario, in quanto il cliente extra-UE non cede gli stampi, ma li concede in prestito d’uso al soggetto UE al fine produrre i beni che l’operatore extra-UE acquisterà da quest’ultimo.

L’operazione complessivamente posta in essere non è riconducibile allo schema delle triangolazioni comunitarie cd. “improprie”, cioè con intervento di un soggetto extra-UE, in quanto il secondo passaggio degli stampi, che avviene tra il cliente extra-UE e il destinatario UE, non è effettuato in dipendenza di una cessione, stante l’assenza del passaggio di proprietà a favore del soggetto comunitario.

L’Amministrazione finanziaria, nella circolare 13/1994 (§ B.16.3), non contempla una simile fattispecie, limitando i propri chiarimenti all’ipotesi in cui, a fronte di un unico trasferimento fisico dei beni (dal primo fornitore al cliente del promotore della triangolazione), si verifica un duplice trasferimento di proprietà, ossia dal primo fornitore al promotore della triangolazione e da quest’ultimo al proprio cliente, destinatario finale dei beni.

Nel caso in cui il primo cedente sia italiano, con promotore della triangolazione extra-UE, è stato chiarito che l’operatore nazionale non effettua né una cessione all’esportazione, in quanto i beni sono diretti in altro Stato membro, né una cessione intracomunitaria, in quanto il cessionario è un soggetto extracomunitario.

Nei confronti del cliente extra-UE viene emessa fattura con addebito dell’Iva, che non può essere chiesta a rimborso ai sensi dell’articolo 38-ter D.P.R. 633/1972 dal momento che l’acquirente extracomunitario, nel disporre il trasferimento dei beni al proprio cliente UE, pone in essere una cessione di beni esistenti nel territorio dello Stato, ivi territorialmente rilevante ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 1, D.P.R. 633/1972.

Il rimborso “diretto” è precluso dal rinvio all’articolo 38-bis2, comma 1, D.P.R. 633/1972, secondo cui la restituzione dell’imposta assolta sugli acquisti è vietata per i soggetti non residenti che, nel periodo di riferimento, hanno effettuato nel territorio dello Stato “operazioni diverse da quelle per le quali debitore dell’imposta è il committente o cessionario (…)”.

La citata circolare 13/1994 precisa che questo inconveniente può essere superato se l’operatore extra-UE nomina un proprio rappresentante fiscale:

  • in Italia, nel qual caso effettua sia un acquisto rilevante ai fini Iva, con la possibilità di avvalersi del regime di non imponibilità di cui all’articolo 58, comma 1, D.L. 331/1993, sia una cessione intracomunitaria con il cliente UE, non imponibile ai sensi dell’articolo 41, comma 1, lett. a), D.L. 331/1993; ovvero
  • nello Stato UE di destinazione finale dei beni, nel qual caso tra l’operatore italiano ed il rappresentante fiscale del soggetto extra-UE si realizza una cessione intracomunitaria e, successivamente, da parte di quest’ultimo, un’operazione territorialmente rilevante nello Stato UE ed ivi soggetta ad imposta.

L’inconveniente di cui si è detto può essere superato anche laddove il promotore della triangolazione utilizzi un proprio rappresentante fiscale già nominato in altro Stato UE, nel qual caso l’operazione rientra nello schema della triangolazione comunitaria.

Tali indicazioni non sono applicabili nel caso di specie, in quanto gli stampi acquistati dal cliente extra-UE sono consegnati in altro Stato UE a titolo non traslativo della proprietà (nella fattispecie, prestito d’uso).

Tuttavia, anche nell’ipotesi considerata, la cessione effettuata a favore del cliente extra-UE deve essere assoggettata a Iva, non sussistendo i presupposti per applicare il titolo di non imponibilità previsto per le cessioni all’esportazione e per quelle intracomunitarie.

A differenza, però, dell’esito individuato dall’Amministrazione finanziaria per la corrispondente operazione in triangolazione, cioè con doppio passaggio di proprietà, il cliente extra-UE – se stabilito in uno Stato con il quale l’Italia ha stipulato un accordo di reciprocità (Svizzera, Israele e Norvegia) – potrà chiedere il rimborso dell’imposta, ex articolo 38-ter D.P.R. 633/1972, in quanto il trasferimento diretto degli stampi dall’Italia allo Stato UE del destinatario non dà luogo ad una operazione territorialmente rilevante ai fini Iva in Italia, idonea a precludere il rimborso.

Per i restanti Stati non appartenenti alla UE, in assenza della possibilità di recuperare l’imposta assolta in Italia, può essere opportuno verificare se, per il cliente extra-UE, sia ipotizzabile aprire una posizione Iva nello Stato UE del destinatario degli stampi, in modo che l’operazione, assumendo natura intracomunitaria, sia assoggettata ad imposta, con il meccanismo dell’inversione contabile, nello Stato di destinazione.

Di contro, l’utilizzo dell’eventuale posizione Iva posseduta in un diverso Stato UE non esclude l’addebito dell’Iva da parte del cedente italiano, in difetto di identità tra lo Stato UE di identificazione del cliente e quello di destinazione degli stampi, necessario per qualificare l’operazione come intracomunitaria.

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Iva nazionale ed estera