11 Gennaio 2023

Triangolare comunitaria: la semplificazione vale solo con la designazione espressa

di Francesco Zuech
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La scheda di FISCOPRATICO

Nella disciplina delle triangolari comunitarie semplificate di cui all’articolo 141, 197 e 42 della Direttiva IVA 2006/112/CE (articolo 40, comma 2, articolo 46, comma 2, articolo 44, comma 2/a, articolo 38 comma 7 e articolo 41 D.L. 331/1993 nella norma domestica) l’espresso riporto della dicitura “inversione contabile” per designare il cliente finale quale debitore d’imposta è un requisito fondamentale e non una mera formalità.

Non è sufficiente, infatti, che il promotore si limiti ad indicare nella propria fattura (troppo genericamente) che si tratta di un’operazione triangolare esente (rectius non imponibile) per fruire della semplificazione prevista dalla normativa de quo ed evitare l’onere di identificazione nello Stato di arrivo dei beni.

Lo ha stabilito la Corte di giustizia con la sentenza 8/12/2022 in causa C-247/2021 (Luxury Trust Automobil).

 

Il caso Luxury

La società austriaca Luxury (promotore B in SM2) acquistò, nel 2014, da un fornitore del Regno Unito (A in SM1) veicoli rivenduti ad una società della repubblica Ceca (C in SM3).

La Luxury ha emesso fatture verso il proprio cliente (C) riportando (troppo semplicemente, nda) la dicitura “operazioni triangolari comunitarie”, il proprio numero identificativo, quello del cessionario (C) e del fornitore (A) ma omettendo di riportare l’espressa designazione del proprio cliente (C) quale debitore dell’Iva nel Paese di arrivo (Repubblica Ceca) in “inversione contabile”.

La Luxury (nel 2016) aveva rettificato le fatture (inserendo la designazione) senza essere stata però in grado di dimostrare l’avvenuto recapito delle note rettificative al soggetto ceco (qualificato “missing trader” dall’Amministrazione finanziaria ceca).

A causa della carenza (originaria) della designazione l’Amministrazione finanziaria austriaca contestò la mancata gestione dell’acquisto intracomunitario in AT – Paese di identificazione del promotore – negando altresì la detrazione dell’Iva a monte per tale acquisto.

 

Le questioni pregiudiziali

Dal conseguente contenzioso ha trovato origine il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia per stabilire, nell’ambito di una operazione triangolare comunitaria:

  1. se l’articolo 42, lettera a), della direttiva, in combinato disposto con l’articolo 197, § 1, lettera c), debba essere interpretato nel senso che, l’acquirente finale possa ritenersi validamente designato come debitore dell’Iva nel caso in cui la fattura emessa dal promotore non contenga la dicitura “inversione contabile”;
  2. se l’articolo 226 (contenuto della fattura) possa essere interpretato nel senso che l’omissione in fattura della dicitura “inversione contabile”, richiesta dal punto 11-bis (introdotto nel 2013 dalla Direttiva 2010/45/UE sulla fatturazione europea, nda), possa essere successivamente rettificata mediante l’aggiunta di un’indicazione la quale precisi che tale fattura riguarda un’operazione triangolare intracomunitaria e che il debito d’imposta è trasferito al destinatario della cessione;
  3. se l’articolo 219 bis (individuazione norme del Paese per l’emissione della fattura) debba essere interpretato nel senso che esso impone di applicare le disposizioni relative alla fatturazione dello Stato membro dell’acquirente intermedio (SM2) oppure quelle dello Stato membro dell’acquirente finale (SM3).

 

La disciplina

La disciplina della c.d. “triangolare comunitaria semplificata” (introdotta dalla Direttiva 1999/111/CEE e attualmente contenute nelle disposizioni della direttiva 112 indicate in premessa) riguarda, com’è noto, il caso della cessione intracomunitaria a catena posta in essere fra tre operatori (A, B e C) identificati ai fin Iva in tre diversi Stati membri (MS1, MS2, MS3).

La semplificazione è rappresentata dal beneficio che consente all’intermedio (B) di bypassare l’onere (articolo 40) di doversi identificare nel Paese di destinazione (MS3) per ivi gestire come un acquisto intracomunitario (fattura da A a B) l’arrivo dei beni e la successiva cessione come interna verso il proprio cessionario (fattura da B a C).

Le condizioni richieste dalla norma (art. 141) sono le seguenti:

(i) che i beni siano spediti o trasportati a partire direttamente dal primo Stato membro (MS1), diverso da quello in cui è identificato il promotore, a destinazione nel diverso Stato membro (MS3) in cui risulti identificato il cessionario (C) nei confronti del quale il promotore (B) effettua la propria cessione;

(ii) che il cessionario destinatario (C in MS3) sia stato designato dal promotore (B) come debitore dell’Iva dovuta nello Stato di arrivo (MS3) in reverse charge ai sensi dell’articolo 197;

(iii) che il promotore (B) non sia stabilito nello Stato membro (MS3) di destino (articolo 197 § 1), con l’avvertenza che la semplificazione potrebbe essere derogata dai singoli Stati qualora sia designato un rappresentante fiscale come debitore d’imposta (articolo 197 §2).

Si aggiunga che l’acquisto effettuato dal promotore (fattura da A a B) non rappresenta un acquisto intracomunitario imponibile (secondo la presunzione dell’articolo 41 Direttiva) nel proprio Paese di identificazione (si tratta, infatti, di un acquisto non imponibile ai sensi dell’articolo 40, comma 2, D.L. 331/1993 secondo la declinazione domestica) a condizione che (articolo 42 Direttiva):

  1. il promotore dimostri di aver effettuato l’acquisto ai fini di una successiva cessione per la quale il destinatario sia stato designato come debitore ai sensi del già citato articolo 197;
  2. sia presentato l’elenco riepilogativo (in Italia l’Intrastat) con le modalità previste dall’articolo 265 ovvero con distinta evidenza (leggasi natura transazione alfabetica – A – in luogo di quella numerica).

Al fine di sottolineare l’importanza del rispetto delle suddette condizioni (anche a prescindere dalle conclusioni della sentenza Luxury in analisi) giova altresì sottolineare che, laddove non siano rispettate, il promotore non ha diritto a detrarre immediatamente l’Iva diversamente dovuta in reverse (ex articolo 41, cit.) nel proprio Paese di identificazione (MS2) finché non è in grado di comprovare che l’Iva sull’acquisto è stata assolta nel Paese di arrivo dei beni (MS3) secondo l’articolo 40 della Direttiva (sentenza 22/4/2010 in causa C-536 e C539/2008, Facet).

 

Le conclusioni della Corte

La Corte di Giustizia risponde alle prime due questioni sollevate con il caso Luxury concludendo quanto segue:

  1. che l’articolo 42, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 197, § 1, lettera c) della Direttiva 2006/112/CE deve essere interpretato nel senso che: “nell’ambito di un’operazione triangolare, l’acquirente finale non è stato validamente designato come debitore dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) nel caso in cui la fattura emessa dall’acquirente intermedio non contenga la dicitura «inversione contabile» di cui all’articolo 226, punto 11 bis, della direttiva 2006/112, come modificata”;
  2. che l’articolo 226, punto 11 bis, suddetto deve essere interpretato nel senso che: “l’omissione, in una fattura, della dicitura «inversione contabile» richiesta da tale disposizione non può essere successivamente rettificata mediante l’aggiunta di un’indicazione la quale precisi che tale fattura riguarda un’operazione triangolare intracomunitaria e che il debito d’imposta è trasferito al destinatario della cessione”.

 

Le conseguenze della mancata designazione espressa

Poiché la disciplina derogatoria prevista dall’articolo 42 e 141 della Direttiva è opzionale, la “designazione” (rectius indicazione della dicitura “inversione contabile” prevista dall’articolo 226, punto 11-bis) “consente di garantire che il destinatario sia a conoscenza dei propri obblighi fiscali” (§ 55 sentenza) e  “di conseguenza, non si può contemplare la possibilità di una rettifica della fattura quando manchi una condizione di applicazione della disciplina derogatoria applicabile alle operazioni triangolari …» (§ 66 sentenza).

Come rilevato nei lavori preparatori dall’avvocato generale (conclusioni del 14.07.2022) l’adempimento a posteriori di una condizione necessaria … ai fini del trasferimento del debito Iva al destinatario … non costituisce una rettificama si tratta, bensì, “dell’emissione per la prima volta della fattura prescritta, la quale non può avere effetto retroattivo” (§ 61 conclusioni).

Come evidenzia il § 66 della sentenza, la conseguenza dell’assenza della dicitura “inversione contabile” sulle fatture comporta quindi che il promotore “deve, di conseguenza, essere considerato debitore di tale imposta nello Stato membro che gli ha attribuito il numero di identificazione utilizzato dallo stesso ai fini dell’acquisto intracomunitario di cui trattasi, conformemente all’articolo 41, primo comma, della direttiva” (cioè nel proprio Paese di identificazione e con le complicazioni – ai fini della detrazione – retro indicate, nda).

 

L’inderogabilità del carattere sostanziale della designazione

Giova anche osservare che il diritto austriaco (in analogia a quanto dispone l’articolo 46, comma 2, D.L. 331/1993 italiano, nda), a differenza del diritto ceco, richiede espressamente la “designazione” in fattura; la Luxury (AT), a propria difesa, invocò l’applicazione delle regole previste dal diritto ceco ed il giudice di rinvio a tal riguardo chiese (3° questione pregiudiziale) se l’articolo 219-bis della Direttiva (norma che si occupa per l’appunto delle norme da seguire per l’emissione della fattura) imponga la fatturazione secondo le regole dello Stato dell’acquirente intermedio (SM2) oppure di quelle dello Stato membro dell’acquirente finale (SM3).

La Corte (§ 68) ha ritenuto di non dover rispondere a detta questione (la terza appunto) giacché, viene precisato, “le condizioni previste dall’articolo 42, dall’articolo 141, primo comma, lettera e), e dall’articolo 226, punto 11-bis, della direttiva Iva non possono variare da uno Stato membro all’altro” (§ 67).

 

La dicitura

Tutto ciò premesso, considerati gli insegnamenti del caso Luxury, tanto più che anche la norma italiana (articolo 46, comma 2, D.L. 331/1993, cit.) così come la prassi (circolare 13/E/1994, parte B, § 16 e § 16.2) richiama espressamente l’istituto della designazione, diventa necessario (per evitare rischi inopportuni) elevare l’attenzione sull’esigenza che il promotore (B) riporti espressamente nella fattura emessa al proprio cessionario anche la dicitura “inversione contabile”, come richiede il citato punto 11-bis dell’articolo 226.

Una formulazione appropriata da inserire nella fattura (fermo restando l’utilizzo della natura N3.2 ai fini FE/esterometro) potrebbe essere quindi la seguente:

“Cessione triangolare comunitaria (art. 141, 197 e 42 Direttiva 2006/112/CE); soggetto designato al pagamento dell’Iva nel paese di arrivo …………… (riprendere il nominativo del proprio cessionario soggetto passivo ivi identificato) in inversione contabile”.

È appena il caso di osservare, infine, che il requisito della designazione non coinvolge, invece, la fattura emessa dal primo cedente (A) per il quale la dicitura appropriata rimane, invece, quella dell’esenzione (non imponibilità N3.2 secondo l’impostazione italiana) prevista dal punto 11 del citato articolo 226; il tutto, ovviamente, fermo restando il rispetto di tutti i requisiti previsti dall’articolo 138 della Direttiva (nostro articolo 41 D.L. 331/1993). Si aggiunga che per la norma interna (art. 46 co.2 secondo periodo D.L. 331, cit.) è richiesto che in detta fattura risulti specifico riferimento della consegna (destinazione) nel diverso Stato membro (MS3) del cessionario (C) del promotore (B in MS2); detto diverso Stato di destinazione andrà peraltro indicato in casella 13 dell’elenco Intra 1-bis presentato dal primo cedente (se obbligato alla compilazione anche statistica in quanto mensile).