21 Gennaio 2020

Plus e minusvalenze in uscita dal regime forfettario

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La scheda di FISCOPRATICO

La permanenza o l’uscita dal regime forfettario porta con sé importanti conseguenze anche nella determinazione dei componenti straordinari di reddito.

Infatti, si ricorda che non partecipano alla formazione del reddito nel regime forfetario le plusvalenze e le minusvalenze realizzate, anche se riferite a beni acquistati prima dell’accesso al regime, così come le sopravvenienze, sia attive che passive.

È quanto a suo tempo affermato dall’Agenzia delle entrate nella circolare 10/E/2016, in cui è stato chiarito che “la mutata lettera della norma, in un’ottica di maggiore semplificazione, consente di ritenere che le plusvalenze e le minusvalenze realizzate effettuate in corso di regime non abbiano alcun rilievo fiscale, anche se riferite a beni acquistati negli anni che hanno preceduto l’adozione del regime forfetario”.

Di conseguenza, per i soggetti in regime forfetario, non rilevano, ai fini della determinazione del reddito, le plusvalenze e le minusvalenze anche se relative a beni acquistati in anni precedenti l’applicazione del regime forfetario.

In merito alle plusvalenze e/o alle minusvalenze realizzate dopo l’uscita dal regime forfetario, l’articolo 1, comma 72, L. 190/2014, dispone che il costo dei beni strumentali acquistati:

  • negli anni anteriori all’ingresso nel regime forfetario è pari al costo non ammortizzato, risultante dal libro dei beni ammortizzabili nell’anno che precede l’adozione del regime forfetario;
  • nel periodo di applicazione del regime forfetario è pari al prezzo d’acquisto.

Posto che la citata disposizione nulla precisa con riferimento ai criteri di determinazione delle plusvalenze o delle minusvalenze, ciò sembrerebbe avvalorare l’ipotesi “dell’implicita volontà del legislatore di non attribuire rilievo alcuno alle plusvalenze/minusvalenze realizzate nel corso del regime forfetario per effetto dell’alienazione dei beni strumentali acquisiti nel medesimo periodo o nei periodi precedenti all’ingresso nel regime di favore” (circolare 10/E/2016).

Con la risposta all’interpello n. 478 dell’11.11.2019, l’Agenzia delle Entrate ha confermato quanto appena illustrato in merito alla non imponibilità delle plusvalenze limitatamente ai beni relativi all’impresa, realizzate nell’ambito della cessione d’azienda, precisando, però, che deve essere riservato un differente trattamento fiscale per le somme imputabili ad avviamento.

In particolare, è stato precisato che la cessione d’azienda effettuata da un imprenditore individuale in regime forfetario genera plusvalenze non imponibili per la parte di corrispettivo riferibile ai beni aziendali e ricavi imponibili per la parte riferibile ad avviamento.

È stato affermato, infatti, che il corrispettivo della cessione d’azienda imputabile ad avviamento non rappresenta un plusvalore relativo a un bene relativo all’impresa (il cui costo non è stato oggetto di deduzione ai fini fiscali), ma rappresenta un valore rappresentativo della capacità reddituale prospettica dell’azienda ceduta che, in quanto tale, deve essere ricondotta nell’ambito dei ricavi assoggettati ad imposta sostitutiva. In virtù di quanto appena affermato, consegue che il corrispettivo della cessione d’azienda riferibile all’avviamento dovrà essere soggetto a prelievo impositivo, con possibilità di:

  • assoggettarlo a tassazione separata ai fini Irpef, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lett. g), Tuir, qualora l’azienda ceduta sia posseduta dall’imprenditore individuale da almeno 5 anni, ovvero;
  • farlo concorrere alla determinazione dell’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti nel periodo d’imposta, cui applicare il coefficiente di redditività per determinare il reddito imponibile soggetto ad imposta sostitutiva (del 15% o del 5%, in caso di imprenditore start up).

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Il regime forfettario