9 Luglio 2021

Limiti alla responsabilità tributaria del cessionario di un ramo d’azienda

di Fabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

La recente Ordinanza della Corte di Cassazione n. 18117/2021 ha affrontato il tema della responsabilità del cessionario di un ramo di azienda nell’ambito della disciplina regolata dall’articolo 14 D.Lgs. 472/1997 ed ha proposto diversi spunti di interesse.

Uno di essi riguarda la circostanza in cui oggetto del trasferimento non sia l’intera azienda appartenente al cedente, bensì solamente un ramo di azienda.

I Giudici, dopo essersi soffermati sulla nozione di ramo di azienda e sulle caratteristiche che ne contraddistinguono l’esistenza (fra cui spicca, in particolare, l’“autonomia funzionale” del ramo ceduto e la sua idoneità all’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo), rivolgono l’attenzione al tema della eventuale limitazione della responsabilità solidale del cessionario rispetto al cedente, nello schema normativo regolato dall’articolo 14, laddove l’oggetto del trasferimento non sia, appunto, l’intera azienda appartenente al cedente, bensì una sua partizione: ossia, un ramo di azienda.

È al riguardo di rilievo quanto la Suprema Corte afferma ricordando che, in caso di cessione di ramo di azienda, l’acquirente, ancorché in presenza di una contabilità unitaria, risponde, a norma dell’articolo 2560 cod. civ., dei debiti pregressi risultanti dai libri contabili obbligatori, sotto la condizione che questi siano “inerenti” alla gestione del ramo d’azienda ceduto (si veda Cassazione, n. 13319/2015).

Perciò, il medesimo concetto di “inerenza”, secondo l’Ordinanza in commento, deve allora “caratterizzare l’obbligazione tributaria”, di cui è chiamato a rispondere in solido anche il cessionario di un ramo di azienda, per le violazioni commesse nel triennio a decorrere dalla data di trasferimento del ramo, ma tenendo conto che la responsabilità del cessionario deve fondarsi “sull’inerenza del debito al compendio acquistato”.

In altri termini, la responsabilità non opererebbe “per quelle obbligazioni pecuniarie che siano riconducibili ad altro ramo aziendale rimasto di proprietà del cedente”.

Di tale prova, come premesso, è onerato il cessionario chiamato a dimostrare la non inerenza del debito al ramo aziendale acquistato.

La Suprema Corte ha quindi accolto il motivo di opposizione eccepito dalla cessionaria, poiché il Giudice di seconde cure aveva trascurato di valutare se le obbligazioni tributarie reclamate dall’Amministrazione Finanziaria in capo alla cessionaria, fossero o meno “inerenti” al ramo d’azienda trasferito dalla cedente; di rilievo il fatto che, secondo il rinvio disposto dalla Suprema Corte, in prima battuta il Giudice del rinvio dovrà valutare se si è in presenza o meno di un trasferimento di ramo di azienda e, in caso affermativo, si dovrà accertare la qualità e la quantità delle obbligazioni tributarie “inerenti” al ramo d’azienda ceduto.

Occorre sottolineare, a scanso di equivoci, che la questione non va posta in termini di opponibilità all’Amministrazione Finanziaria di patti negoziati tra le parti private del contratto di trasferimento del ramo di azienda circa l’individuazione dei debiti tributari che possono, o non possono, gravare sul cessionario.

In altre parole, tali pattuizioni, che possono essere certamente efficaci fra le parti del contratto, non spiegano effetti verso l’Amministrazione se sono intese a limitare la responsabilità solidale del cessionario dell’azienda o del ramo di azienda; una responsabilità che la Cassazione definisce come “solidale, dipendente, successiva

La questione si pone quindi sotto un profilo differente, poiché si tratta di verificare se i debiti tributari per i quali la responsabilità del cessionario viene invocata siano sorti in relazione all’intero complesso aziendale, oppure se essi siano riferiti all’attività di cui al singolo ramo di azienda oggetto del trasferimento.

Nel caso di specie si trattava di debiti per omessi versamenti di ritenute su retribuzioni di lavoratori dipendenti, ed è stato precisato che possono “trasmettersi al cessionario i debiti tributari (…) solo qualora, unitamente al ramo d’azienda ceduto, il cessionario abbia assunto anche dipendenti impiegati in quel complesso”.

Diversamente, il cessionario “non può diventare responsabile in solido di debiti tributari relativi ad elementi dell’azienda che non hanno formato oggetto di cessione, come appunto il caso delle ritenute Irpef di dipendenti che sono rimasti occupati presso l’azienda cedente”.