5 Marzo 2019

La modifica del plafond assegnato al fornitore – I° parte

di Fabio Garrini
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Per gli esportatori abituali risulta di particolare interesse la possibilità di effettuare acquisti, che ordinariamente sconterebbero l’Iva, con la soluzione della non imponibilità offerta dall’articolo 8, comma 1, lett. c), D.P.R. 633/1972.

La richiesta al fornitore viene veicolata attraverso una lettera d’intento, normalmente al termine del periodo d’imposta precedente ovvero nei primi giorni di quello nuovo; capita però che, a fronte di quanto inizialmente programmato, in realtà gli acquisti realmente effettuati possano variare significativamente, con la conseguente necessità di modificare il plafond di non imponibilità assegnato ad ogni fornitore.

L’esportatore abituale

L’articolo 1 D.L. 746/1983 stabilisce che assume la qualifica di esportatore abituale colui che ha registrato nell’anno solare precedente, o nei 12 mesi precedenti (a seconda che scelga la soluzione del plafond fisso o mobile), cessioni all’esportazione, cessioni intracomunitarie o altre operazioni a esse assimilate agli specifici effetti, per un ammontare superiore al 10% del complessivo volume d’affari.

Tali soggetti hanno la possibilità di acquistare (o importare) beni e servizi senza pagamento dell’imposta entro il limite delle operazioni non imponibili registrate nell’anno solare precedente (plafond fisso) o nei 12 mesi precedenti (plafond mobile).

Nella lettera d’intento può essere compilato:

  • il campo “1”, se la dichiarazione d’intento si riferisce ad una sola operazione, specificando il relativo importo;
  • il campo “2”, se la dichiarazione d’intento si riferisce ad una o più operazioni fino a concorrenza dell’importo ivi indicato.

Sotto il profilo degli adempimenti, alla luce delle modifiche che vennero introdotte dal D.Lgs. 175/2014:

  • l’esportatore abituale deve comunicare telematicamente all’Amministrazione Finanziaria la dichiarazione d’intento emessa. Tale dichiarazione, unitamente alla ricevuta di presentazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, va poi consegnata al fornitore o prestatore, oppure in dogana;
  • il fornitore deve preoccuparsi di verificare l’avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento tramite il servizio disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Se tutti i dati inseriti corrispondono a quelli della ricevuta rilasciata dall’Agenzia a seguito della presentazione della dichiarazione d’intento, il messaggio di risposta sarà “dichiarazione d’intento correttamente presentata”. A tal fine occorrerà verificare sulla ricevuta di presentazione il protocollo della dichiarazione d’intento, formato da 17 cifre (es. 08060120341234567), oltre che il progressivo composto da 6 cifre, separato dalla prima dal segno “-” oppure “/” (es. 000001)
  • il fornitore deve poi riepilogare nel quadro DI della propria dichiarazione Iva ciascuna delle lettere d’intento ricevute.

Il primo caso che può verificarsi è quello per cui uno specifico fornitore abbia esaurito il plafond a disposizione e l’esportatore abituale abbia il desiderio di attribuirgli altro plafond disponibile.

Sul punto occorre proporre una precisazione fornita dall’Agenzia delle Entrate attraverso la risposta ad interpello n. 126 del 21.12.2018:

  • qualora l’esportatore abituale intenda modificare l’ammontare di plafond già dichiarato al fornitore, lo stesso deve presentare prima dell’effettuazione della singola o della prima operazione, una nuova dichiarazione d’intento, barrando la casella “Integrativa” ed indicando il numero di protocollo della dichiarazione che intende rettificare. Gli estremi della dichiarazione d’intento integrativa – che sostituisce interamente la precedente – devono essere richiamati nella fattura emessa all’atto dell’effettuazione dell’operazione;
  • qualora, invece, sia stato compilato il solo campo “2” ed il plafond sia già stato parzialmente utilizzato, per incrementare l’ammontare di plafond in precedenza dichiarato è necessario che l’esportatore abituale presenti, prima dell’effettuazione dell’eventuale operazione non interamente coperta dalla dichiarazione d’intento già presentata, una nuova dichiarazione, senza barrare la casella “Integrativa” ed indicando l’importo ulteriore fino a concorrenza del quale intende avvalersi della facoltà di effettuare acquisti senza Iva. La fattura relativa a detta operazione deve, in tal caso, richiamare gli estremi di entrambe le dichiarazioni d’intento (ovvero, sia la dichiarazione nella quale è indicato il plafond insufficiente a coprire l’imponibile dell’operazione che si vuole porre in essere sia quella che “integra” il medesimo plafond).

Pertanto, inviare una lettera intento integrativa nel caso di plafond già, almeno in parte, utilizzato, costituisce un errore: tale integrativa ha infatti annullato le dichiarazioni d’intento originariamente presentate e, di conseguenza, l’importo del plafond nelle stesse indicato e già stato utilizzato per effettuare acquisti non imponibili ai fini Iva.

Tuttavia, ritiene l’Agenzia nel richiamato interpello, qualora il plafond venga utilizzato nei limiti previsti dalla legge, si tratterrebbe di un errore non grave, sanzionato quale violazione di carattere formale (ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lett. a), D.Lgs. 471/1997).

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