9 Febbraio 2021

La deducibilità dei costi neri correlati a ricavi non imputati al Conto economico

di Stefano Rossetti
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 109, comma 4, lettera b), ultimo periodo, Tuir prevede che “le spese e gli oneri specificamente afferenti i ricavi e gli altri proventi, che pur non risultando imputati al Conto economico concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi”.

Tale norma rappresenta una deroga al principio generale secondo cui i costi sono ammessi in deduzione dal reddito d’impresa solo se imputati al Conto economico dell’esercizio di competenza (articolo 109, comma 4, primo periodo, Tuir).

L’effetto di questa disposizione è quello di rendere deducibili i costi correlati a ricavi non annotati nelle scritture contabili (e ripresi a tassazione nell’ambito di una verifica fiscale), a condizione che risultino certi e precisi.

La formulazione della norma non è felicissima in quanto non è chiaro se l’inciso “che pur risultando imputati al Conto economico concorrono a formare il reddito” sia riferito alle spese e agli oneri ovvero ai ricavi e gli altri proventi: tuttavia la dottrina maggioritaria è concorde nel ritenere che tale locuzione si riferisca ai ricavi, in quanto se fosse riferita ai costi contrasterebbe con il principio generale sopra richiamato in base al quale i costi sono deducibili solo se imputati nel Conto economico dell’esercizio di competenza.

Per quanto riguarda la ripartizione dell’onere probatorio la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che la prova del sostenimento dei costi correlati ai ricavi non imputati al Conto economico spetti al contribuente (Corte di Cassazione, sentenza n. 4218/2006 e Corte di Cassazione, sentenza n. 18401/2018).

Tale prova, che può essere fornita anche con mezzi diversi dalle scritture contabili, deve essere corroborata dagli elementi di certezza e precisione previsti dall’articolo 109, comma 4, lettera b), ultimo periodo, Tuir.

Ad avviso della Corte di Cassazione:

  • la «certezza e precisione» richieste dalla norma non sono infatti declinabili interpretativamente come una regola di esclusione probatoria, ma come una regola di giudizio ossia, rivolgendosi prima all’amministrazione e poi nella eventuale dimensione processuale, al giudice, i due concetti normativi indicano la necessità di un rigore particolare nella valutazione della prova dei costi “neri” ai fini della loro deducibilità, ma appunto non escludono che tale prova possa essere raggiunta anche mediante prove presuntive” (Corte di Cassazione, sentenza n. 14990/2020)
  • nella prova per presunzioni non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità, ovvero che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza. Il giudice che ricorra alle presunzioni, nel risalire dal fatto noto a quello ignoto, deve rendere apprezzabili i passaggi logici posti a base del proprio convincimento” (Corte di Cassazione, sentenza n. 14762/2019).

Quindi sulla base della più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione:

  • la deduzione dei costi neri (correlati a ricavi neri) è ammessa solo se ne viene provata la certezza e precisione. La produzione di tale prova è posta a carico del contribuente;
  • la prova della certezza e precisione può essere fornita, oltre che mediante prove documentali, anche mediante prove presuntive.

L’onere probatorio posto a carico del contribuente deve mirare a dimostrare la connessione diretta e inequivocabile tra il costo sostenuto e il relativo titolo produttivo di effetti giuridici al termine dell’esercizio (sia pur suscettibile di variazioni in futuro), pertanto l’elemento reddituale deve essere collegato ad una situazione giuridica definita.

Tale relazione, come detto, può essere dimostrata sia su base documentale sia su base presuntiva.

In tema di prova documentale di costi neri, la Guardia di Finanza con la circolare 336701/2014 ha implementato alcune istruzioni di carattere operativo precedentemente diramate con la circolare 1/2008.

Ad avviso dei militari, i documenti che possono conferire certezza e precisione ai costi non imputati al Conto economico possono suddividersi in:

  • costi risultanti da documenti di natura fiscale;
  • costi risultanti da documenti di natura extra fiscale.

In relazione al primo punto la Guardia di Finanza reputa deducibili i costi, le spese e gli altri oneri risultanti da regolari documenti fiscali attestanti acquisti di beni e servizi inerenti all’attività d’impresa o di lavoro autonomo, chiaramente ed inequivocabilmente a questa riferibili, riportati o meno nella contabilità.

Per quanto riguarda la documentazione diversa da quella prevista dalle norme fiscali, la Guardia di Finanza attribuisce rilievo soltanto a quella che, pur avendo natura extra-contabile, risulti dotata di un certo grado di attendibilità oltre che formata precedentemente all’avvio delle operazioni ispettive.

In particolare, la Guardia di Finanza ritiene che possano essere dedotti dal reddito d’impresa quei costi dimostrati da documenti:

  • provenienti da Amministrazioni pubbliche, da soggetti addetti a funzioni certificative – quali notai, avvocati, ecc. – ovvero da terzi qualificati formalmente interessati a rapporti commerciali o contrattuali con il contribuente, ivi compresi trasporti di materie prime o merci e movimentazioni di magazzino, con esclusione di semplici dichiarazioni di parte o scritture private;
  • relativi ad operazioni attinenti a titoli di credito in genere, quali assegni o moduli bancari da cui risulti l’effettuazione di pagamenti, oppure cambiali.