18 Gennaio 2017

Come determina il reddito d’impresa la Srl che adotta l’IRI?

di Sergio Pellegrino
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Come noto, la legge di Stabilità 2017 ha inserito nell’articolo 55-bis del TUIR un regime opzionale che si concretizza nell’applicazione dell’IRI, la nuova imposta sul reddito d’impresa.

I destinatari “principali” di questo nuovo meccanismo impositivo sono i soggetti IRPEF che producono reddito d’impresa, vale a dire imprenditori individuali, società in nome collettivo e in accomandita semplice: requisito imprescindibile è l’adozione del regime di contabilità ordinaria.

Il meccanismo impositivo si sostanzia in una tassazione di tipo duale: il reddito d’impresa viene assoggettato dall’imprenditore o dalla società a tassazione separata, con l’applicazione dell’aliquota IRES del 24%, mentre i prelievi effettuati dall’imprenditore o dai soci concorrono a formare il reddito complessivo del percipiente e quindi vengono tassati ordinariamente. Per evitare una doppia imposizione, i prelievi generano una variazione in diminuzione nella dichiarazione dell’imprenditore o della società, riducendo conseguentemente il reddito d’impresa da assoggettare alla tassazione sostitutiva del 24%.

In considerazione del fatto che l’obiettivo del legislatore è quello di rendere omogenea la tassazione delle attività imprenditoriali di piccole o medie dimensioni, indipendentemente dalla forma giuridica prescelta, l’applicazione del regime di cui all’articolo 55-bis del TUIR è stata estesa anche alle Srl a ristretta base.

Nell’articolo 116 del TUIR, sin qui destinato esclusivamente all’adozione del regime di “piccola” trasparenza”, è stato introdotto un nuovo comma 2-bis che stabilisce che “In alternativa a quanto disposto dai commi 1 e 2, le società ivi previste possono esercitare l’opzione per l’applicazione del regime di cui all’articolo 55-bis …”.

L’incipit del comma 2-bis, così come la modifica della rubrica dell’articolo 116, divenuta “Opzioni per le società a ristretta base proprietaria”, ci indica chiaramente che il regime IRI è alternativo a quello di trasparenza: l’inserimento nell’articolo 116 è funzionale soltanto all’individuazione dell’ambito soggettivo, rappresentato dalle società a responsabilità limitata il cui volume di ricavi non supera le soglie previste per l’applicazione degli studi di settore e con una compagine sociale composta esclusivamente da persone fisiche in numero non superiore a 10 (o a 20 nel caso di società cooperative).

La disposizione prosegue affermando che “… Gli utili di esercizio e le riserve di utili derivanti dalle partecipazioni nelle società che esercitano l’opzione di cui all’articolo 55-bis si considerano equiparati alle somme di cui al comma 3 dello stesso articolo”: quindi gli importi ricevuti dai soci attraverso l’attribuzione degli utili vengono qualificati come redditi d’impresa e concorrono a formare integralmente il loro reddito complessivo (non venendo quindi tassati come redditi di capitale) e rappresentano per la società variazioni in diminuzione da operare in dichiarazione dei redditi.

La questione che si pone è quella di comprendere quali siano le regole che la Srl deve seguire nella determinazione del reddito d’impresa: quelle “naturali” della Sezione I del Capo II del Titolo II del TUIR (ossia per intenderci gli articoli da 81 a 116) o quelle dei soggetti IRPEF del Capo VI del Titolo I del TUIR (articoli da 55 a 66).

Il fatto che il comma 2-bis dell’articolo 116 faccia riferimento all’esercizio per l’opzione per l’applicazione del regime di cui all’articolo 55-bis, e questo indichi che il reddito d’impresa è “determinato ai sensi del presente capo”, indurrebbe a ritenere che la Srl determini il reddito d’impresa con le regole dei soggetti IRPEF (conclusione che sarebbe coerente con la volontà di assoggettare a tassazione in modo omogeneo le attività imprenditoriali entro determinati limiti quantitativi).

La differenza principale sarebbe rappresentata dal regime di deducibilità degli interessi passivi: se la tesi fosse corretta, la Srl che adotta l’IRI non applicherebbe l’articolo 96 del TUIR, con le criticità legate all’eventuale mancanza di capienza nel plafond del 30% del ROL, quanto l’articolo 61 del TUIR, che prevede che gli interessi passivi inerenti all’esercizio d’impresa sono deducibili sulla base del pro-rata che tiene conto di eventuali componenti esclusi da imposizione.

Non ci resta che attendere di conoscere quale sarà la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate sulla questione.

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