13 Febbraio 2018

Transfer pricing e valutazioni in dogana: esclusa la connessione

di Gian Luca Nieddu
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Il 20 dicembre 2017, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha reso nota la propria decisione (preliminary ruling) in merito al caso Hamamatsu (C-529/16): in breve, il caso sottoposto al vaglio della CGUE riguarda la possibilità di utilizzare ai fini della rideterminazione del valore in dogana (per il metodo “Transaction Value“) gli aggiustamenti di fine anno in relazione al transfer pricing con effetto retroattivo sulle transazioni infragruppo effettuate nei mesi precedenti.

La Corte ha stabilito che le disposizioni dell’Unione Europea in materia doganale non consentono di recepire,  ai fini di una correzione dei valori doganali dichiarati in precedenza al momento delle importazioni, gli aggiustamenti di prezzo (effettuati successivamente alla chiusura dell’esercizio) con valore retroattivo a partire dall’inizio del medesimo periodo di imposta, in quanto tali modifiche (indipendentemente dal fatto che abbiano segno positivo o negativo) non erano state quantificate ex-ante, ovvero al momento della effettuazione originaria delle operazioni.

Il caso

La causa prende avvio dalla domanda di rimborso dei dazi doganali presentata al competente ufficio tedesco dalla società Hamamatsu Photonics Deutschland GmbH (Hamamatsu Germania), filiale locale dell’omonimo gruppo giapponese Hamamatsu Photonics (Hamamatsu Japan).

Si rappresenta come Hamamatsu avesse sottoscritto un accordo preventivo (Advance Pricing Agreement – APA) sui prezzi di trasferimento con l’amministrazione finanziaria tedesca adottando il Residual Profit Split quale metodologia per la fissazione dei prezzi infragruppo.

In particolare, la transfer pricing policy convenuta, e riguardante la vendita di prodotti finiti dalla controllante nipponica alla controllata tedesca, prevedeva un meccanismo di aggiustamento prezzi (c.d. year-end adjustment) qualora al termine del periodo di imposta i prezzi di trasferimento applicati avessero determinato – per la filiale europea – una marginalità al di fuori (inferiore o superiore) di un intervallo di valori (c.d. range) risultante da una apposita analisi di benchmark.

Similmente, le medesime modalità di determinazione “provvisoria” dei prezzi di trasferimento (in corso d’anno, prima dunque del calcolo dell’aggiustamento) venivano altresì utilizzate per la individuazione del valore delle merci cedute all’atto della importazione.

Alla fine del 2010, il gruppo Hamamatsu si rese conto che il margine operativo della filiale tedesca era inferiore rispetto al range convenuto in sede di APA, rendendosi pertanto necessaria una rettifica in diminuzione dei prezzi di trasferimento adottati nel corso dei mesi precedenti al fine di riportare la marginalità di Hamamatsu Germania, per tale periodo imposta, all’interno del range di profittabilità di mercato individuato attraverso l’analisi di benchmark.

A seguito dell’aggiustamento, nel corso del 2012 la filiale tedesca del gruppo decideva quindi di presentare apposita richiesta di rimborso dei dazi doganali che – sulla base dei conteggi effettuati ai fini delle imposte sui redditi in relazione al transfer pricing – risultavano essere stati pagati in eccesso.

Le autorità doganali tedesche respingevano tuttavia tale richiesta, argomentando che l’aggiustamento prezzi era rappresentato da un importo complessivo, senza che fossa stata effettuata alcuna specifica attribuzione alle singole transazioni infragruppo occorse in precedenza nel corso dell’anno.

Hamamatsu impugnava così la decisione delle autorità doganali innanzi alla competente commissione tributaria di Monaco di Baviera, la quale – vista la complessità del caso e la mancanza di specifiche disposizioni normative per il caso in esame – sospendeva il procedimento, sottoponendo alla CGUE quesiti in merito

  • alla possibilità di utilizzare i prezzi di trasferimento per determinare il valore in dogana delle merci qualora detti prezzi siano poi soggetti ad eventuali aggiustamenti successivi dopo il termine del periodo di imposta e
  • in caso affermativo, se rettifiche successive (alla effettuazione delle operazioni) di prezzo possano essere fatte valore anche ai fini di una rideterminazione del valore in dogana.

La CGUE – richiamando le disposizioni del Codice Doganale degli articoli 29-33 e 78 – ha colto l’occasione per sottolineare come il metodo del Transaction Value basato sul valore attribuito alle merci all’atto di importazione non è praticabile se il valore delle stesse merci non può essere individuato con certezza sin dal momento in cui esse vengono immesse in libera circolazione. In tali casi, si dovrebbero infatti utilizzare metodi alternativi.

Ancora, la CGUE ha affermato che il metodo del Transaction Value dovrebbe tenere conto di tutti gli elementi caratterizzanti tali beni e che sono passibili di una valorizzazione economica (ad esempio, commissioni di vendita, costi di trasporto, royalties).

Una volta che le merci sono state così immesse in circolazione, le valorizzazioni ottenute con l’applicazione del metodo del Transaction Value sono passibili di rettifica solo al ricorrere di talune specifiche circostanze quali – ad esempio – un aggiustamento in relazione a carenze in termini di qualità (quality defects) o difetti di lavorazione (faulty workmanship) scoperti dopo l’immissione in commercio di tali beni.

Pertanto, il parere della CGUE è che non può essere utilizzata – per la determinazione del valore di importazione dei beni ai fini dogali – una metodologia che comporti la fatturazione di un valore iniziale successivamente modificato per effetto di un aggiustamento complessivo (flat-rate) operato dopo la chiusura dell’esercizio sociale.

Considerazioni preliminari

La sentenza della CGUE, che rappresenta un caso unico fino a questo momento, è breve e sintetica e non fornisce alcun approfondimento di analisi quanto ad una eventuale convergenza delle metodologie applicabili per la determinazione dei prezzi di trasferimento (ai fini della imposizione diretta) e delle valutazioni ai fini doganali.

Tuttavia, essa – quantomeno nell’ambito del caso di specie – sembra escludere (o, quantomeno, pare non contemplare) una connessione tra le valutazioni effettuate ai fini doganali e le metodologie applicate ai fini transfer pricing per soddisfare il principio di libera concorrenza (arm’s length principle).

La decisione della CGUE sul caso Hamamatsu merita sicuramente ulteriori approfondimenti sia sotto il profilo della disciplina doganale europea, sia alla luce dell’intenso lavoro condotto negli ultimi anni da parte della Organizzazione mondiale delle dogane (World Custom Organization) proprio in tema di un auspicabile maggiore allineamento tra le linee guida sui prezzi di trasferimento e le valutazioni in dogana.

Senza dubbio, i gruppi multinazionali che hanno rilevanti flussi di operazioni di import-export tra società affiliate dovranno tenere monitorati gli sviluppi futuri che la sentenza in commento potrà sortire a livello di amministrazioni finanziarie statali per valutarne i possibili impatti non solo economico-finanziari bensì anche la possibilità (i.e., necessità) di una più strutturale revisione dei flussi infragruppo e delle relative politiche di transfer pricing.

Laboratorio professionale sul Transfer Pricing